La recensione di questo film per me comincia dall’analisi dello stesso titolo.
“Stanlio e Ollio” è il nome della coppia comica che (insieme a Chaplin, Keaton, i fratelli Marx ecc.) ha...
La recensione di questo film per me comincia dall’analisi dello stesso titolo.
“Stanlio e Ollio” è il nome della coppia comica che (insieme a Chaplin, Keaton, i fratelli Marx ecc.) ha scritto parte di storia del cinema, divenendo un pilastro fondamentale del genere “slapstick”.
Stanlio e Ollio è anche il nome attribuito alla pellicola, titolo che però può risultare fuorviante: il film non si prefigge lo scopo di narrare l’ascesa o il declino dei personaggi, quanto piuttosto sviscerare il rapporto di amore/odio che si è evoluto negli anni tra Stan Laurel ed Oliver Hardy. “Stan e Ollie” qui non sono personaggi, “diventano persone”.
E questa intenzione è chiara fin dalle prime battute: il film apre il sipario con un lungo piano sequenza che riprende i due attori, impegnati a discutere non solo di lavoro, ma anche di vita privata. La scelta di non staccare la telecamera dalla coppia, di mostrare già nei primi minuti di narrazione l’intimità presente tra i due protagonisti, fa capire che dietro lo schermo è presente un rapporto di amicizia e di stima reciproca, che non si limita ad interpretare due ruoli dentro un set.
La narrazione fa poi un salto di 15-20 anni: si è ormai lontani dal cinema muto, e l’avvento del sonoro porta con sé un inevitabile cambiamento, anche nel genere comico. Lo slapstick comincia a decadere, la narrazione diviene l’elemento chiave del “nuovo cinema”, e così molti dei grandi attori comici dell’epoca iniziano a vivere un periodo di crisi. Stanlio e Ollio non fanno eccezione: nel corso degli anni, il loro rapporto si è trasformato ed ha trasformato la coppia stessa; ma il film resta comunque fedele a sé stesso, continua ad analizzare, nel corso della sua narrazione, il legame presente tra i due attori.
Cosa li spinge a restare insieme? Non si stancano mai l’uno dell’altro? Restano uniti solo per la speranza di non subire un declino?
Ognuna di queste domande, che sorgono spontanee durante la visione, ha per me trovato risposta.
E la nota di merito va anche a Steve Coogan e John C. Reilly, perché, grazie alle loro interpretazioni impeccabili, riescono a coinvolgere lo spettatore, anche quello potenzialmente poco informato (come me) sui due personaggi: Stanlio ed Ollio personalmente li conosco poco, ma è proprio così che me li immaginavo.
Il film funziona anche sulla costruzione di alcuni dei personaggi secondari, che nonostante non rivestano mai un ruolo chiave nella scena, riescono a trascinare per i loro tratti caratteristici. Ma non intendo dilungarmi nel recensirli, perché come il film si concentra su Laurel ed Hardy (è bello notare come ricordo a mala pena un paio di scene che non veda almeno uno dei due inquadrato), così intendono fare queste parole.
Il finale della pellicola (da qui in poi ci sono “parziali” SPOILER sul finale), è per me la degna conclusione della narrazione: in netta contrapposizione alla scena di apertura, nelle ultime battute Stanlio e Ollio tornano ad essere personaggi. Se il film inizia mostrando la coppia che si cela dietro la camera, allo stesso modo si conclude mostrando che in fondo loro non possono che essere quella coppia di comici, che non riescono a fare a meno di intrepretare quei loro ruoli (talvolta anche nella vita reale), che non sono in grado di starsi alla larga. Così, in contrasto al piano sequenza iniziale, la scena finale inquadra Stanlio e Ollio inchinati sul palco, per mostrare come i loro personaggi siano diventati immortali.
Film consigliato a chi è curioso di conoscere la comicità dello slapstick ma, soprattutto, a chi vuole approfondire il rapporto tra Stan Laurel ed Oliver Hardy.
Contiene spoiler