Con questo film Drew Goddard ci conferma il suo feticismo nel voler osservare (e farci osservare) degli individui come se fossero delle bambole all'interno di misteriose scenografie piene di segreti....
Con questo film Drew Goddard ci conferma il suo feticismo nel voler osservare (e farci osservare) degli individui come se fossero delle bambole all'interno di misteriose scenografie piene di segreti. Negli specchi i personaggi riflettono su se stessi, si affrontano, ma allo stesso tempo vengono osservati, tenuti sotto controllo da figure a loro estranee (gli spettatori?).
Questa sua caratteristica è evidentissima in The Cabin in the Woods in cui giocava con il genere horror criticando più o meno apertamente il cinismo dello spettatore moderno e la sua insaziabile sete di sangue e violenza.
In Bad Times at the El Royale Drew Goddard continua ad inserirci al di là di un ipotetico specchio, questa volta mettendo in scena una narrazione in pieno stile Tarantino: personaggi sopra le righe, pieni di segreti e dalla dubbia moralità; un intreccio frammentato, con una continua riproposizione dello stesso evento da più punti di vista e tanti flashback rivelatori. Manca qualcosa? Ah sì, i dialoghi tipici alla Tarantino, quelli in cui il film si ferma per parecchi minuti per farci ascoltare dei discorsi apparentemente futili ma particolarmente coinvolgenti, quei discorsi che riescono a far appassionare lo spettatore ad un personaggio solo perché questi intavola una lunga dissertazione sul se sia giusto o meno dare la mancia ad una cameriera. Tarantino insomma ci fa innamorare dell'estrema lucidità di pensiero dei personaggi attraverso dialoghi completamente slegati dalla narrazione centrale del film.
Ecco, in Bad Times at the El Royale questi momenti sono totalmente assenti. O meglio, ci sono, ma non si avvicinano neanche lontanamente alla brillantezza e arguzia presente in uno qualsiasi dei film di Tarantino.
Drew Goddard fa parlare tanto i suoi personaggi, forse troppo e il problema è che ogni loro discorso ha uno scopo ben preciso, serve solo a rivelare parte del loro passato; parlando i personaggi si espongono, si mostrano. Ed emergono quindi i problemi, perché già dopo trenta secondi sarà chiaro il punto dove vorranno andare a parare. E se il discorso si protrae per più di due minuti senza davvero aggiungere nulla di interessante, allora il coinvolgimento comincia a scemare, non resta che attendere la fine di questo interminabile ciarlare per vedere il prossimo colpo di scena. Ma anche qui, un film non può reggersi tutto su dei colpi di scena, soprattutto se l'interesse per il destino dei personaggi coinvolti è pressoché inesistente.
Bad Times at the El Royale è un film con delle belle trovate registiche, un intreccio non originale, ma almeno interessante e coinvolgente, e degli ottimi attori. Il tutto è però annacquato da lunghi e a tratti interminabili dialoghi su rimorsi e sensi di colpa di dubbio interesse. Fosse durato una quarantina di minuti in meno sarebbe sicuramente risultato un film quantomeno divertente. Un tentativo poco riuscito di fare un film tarantiniano senza però avere la capacità di creare quelle situazioni tipiche dei film di Tarantino.
ZERO
5 anni fa
Anche a me è piaciuto molto! =)
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