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Quarto potere: un film di Orson Welles... e di Gregg Toland

In uno dei film più grandi di sempre enorme merito va dato al suo direttore della fotografia

Il mondo cinefilo si divide in due categorie: chi ama Quarto potere e chi... non ha ancora visto Quarto potere.

 

Il film, sempre presente nelle varie classifiche dei "Film Migliori di Sempre", divenne famoso anche per il particolare contratto ottenuto ai tempi da Orson Welles, che gli garantiva praticamente potere assoluto sull'opera: una cosa mai successa prima e mai più ripetuta in seguito. 

 

 

 

Ma l'apporto del direttore della fotografia Gregg Toland fu per il film fondamentale.

 

Lo fu al punto che lo stesso Orson Welles volle mettere il suo nome nei titoli sulla sua stessa "pagina". 

 

I due furono al centro di una vera rivoluzione fotografica nel cinema: il decennio precedente a Quarto potere vide i primi esperimenti di illuminazione diversa da quella "tradizionale", che prevedeva come standard l’utilizzo di tre fonti di luce: una principale, detta key light, una di riempimento, detta fill light e una proveniente da dietro il soggetto, detta back light

 

 


 

L'illuminazione classica, quindi, eliminava le ombre e staccava il soggetto dallo sfondo, facendolo risaltare e permettendo di mantenerlo bene a fuoco.

 

Negli anni '30 i direttori della fotografia cominciarono a togliere una delle tre fonti di luce standard per creare quel chiaroscuro che diventerà poi il marchio di fabbrica dei film noir anni ’40, ma i risultati non furono da subito ottimali anche perché la messa a fuoco risultava a quel punto complicata. 

 

Orson WellesGregg Toland riuscirono per primi con Quarto potere a ottenere un'espressività nuova affiancata a una messa a fuoco perfetta.

Come?

 

 


 

Grazie all'estro dell'uno - Gregg Toland era già un DoP affermato che aveva lavorato con John Ford, King Vidor e William Wyler - e all'inventiva dell'altro.

 

Orson Welles era al suo primo lungometraggio e proveniva dal teatro: molte delle sue invenzioni si devono praticamente alla sua incoscienza - pensava che al cinema si usassero le luci come a teatro - ma ciò gli permise di innovare incredibilmente il modo di illuminare una scena. 

 

Quarto Potere fu girato con una quantità incredibile di novità, a partire dalla nuovla Eastman Kodak Super XX, una pellicola molto più sensibile di quelle precedenti, fino ai proiettori a lente di Fresnel - che garantivano un wattaggio maggiore - e agli obiettivi grandangolari a corta focale, che permettevano non solo di avere immagini estremamente a fuoco (il famoso "sfondo wellesiano"), ma allargavano parecchio il quadro visibile inglobando parti della messa in scena che prima non venivano inquadrate, come ad esempio i soffitti. 

 

 



La macchina da presa quindi si avvicinò sempre più all’occhio umano, la porzione scenica e la profondità di campo aumentarono: lo standard hollywoodiano che esigeva che i soggetti importanti per la trama fossero in risalto, cambiava completamente.

 

In Quarto potere qualunque oggetto e soggetto in scena ha la medesima importanza, i piani visibili contemporaneamente sono più di uno e sta allo spettatore decifrarli e decidere di volta in volta quale debba catturare la sua attenzione: la centralità prospettica era ormai il passato, l'immagine filmica era più vicina alla realtà. 

 

 



Paradossalmente, Quarto potere racconta una storia presa a piene mani dalla realtà - il personaggio di Charles Foster Kane è senza dubbio William Randolph Hearst, l'allora miliardario imprenditore ed editore che infatti tentò in ogni modo di boicottare il film.

 

Ma allo stesso tempo con la geniale idea di Rosebud la realtà si allontana e diventa ricordo, illusione, un inganno postoci davanti agli occhi fin da subito, ma che non riusciamo a vedere se non alla fine.

 

Forse la realtà che viviamo tutti i giorni è esattamente così. 

 

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