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Siamo nel 2017 quando Joss Whedon porta al cinema Justice League, rivedendo ampiamente il lavoro condotto da Zack Snyder fino alle sfortunate circostanze personali che lo hanno portato ad abbandonare la post produzione del film.
Il film è un disperato tentativo di recuperare terreno sull’operazione Marvel Studios portata avanti attraverso un lungo percorso e vicina alla sublimazione con l’uscita di Avengers: Infinity War, che avverrà nel 2018, e successivamente compiuta con Avengers: Endgame.
Il tasso di disperazione e la totale mancanza di una produzione unita da una visione di larghi intenti fa naufragare il progetto di fronte allo sguardo impotente del pubblico, che si divide tra masticatori di travelgum che cercano di evitare di rimettere prima del finale e fan in fuga psicogena, intrappolati dal proprio cervello traumatizzato in una versione della realtà totalmente fittizia e nella quale Justice League riesce ad avere senso compiuto, decenti VFX e reshoot coerenti con il girato di Zack Snyder.
L’idea di affidarsi a Joss Whedon, tacciato ingiustamente di aver sfigurato il lavoro di Snyder, è una tardiva e maldestra corsa ai ripari e il pubblico chiede a gran voce il rilascio dello Snyder Cut, fantomatica versione non finita che il regista avrebbe invece presentato inizialmente ai vertici Warner Bros.
Da quel momento si è accesa una telenovela produttiva infinita, il cui risultato è questo enorme cut di quasi quattro ore costato 70 milioni, composto di piccoli reshoot e una montagna di post produzione da completare.
La diatriba tra la visione di un regista e gli studios non è certo un fenomeno estraneo al Cinema, soprattutto quando si discute riguardo minutaggi importanti a sostegno di epici intenti, ma lo è l’idea che sia poi stata distribuita con un così importante investimento economico e la partecipazione attiva del pubblico.
Oggi siamo finalmente dinanzi all’opera e quindi, senza ulteriori indugi, eccovi la recensione della Zack Snyder’s Justice League.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Una cosa che non troverete in questa recensione è quella che possiamo chiamare “la trappola del meno peggio”.
Uno degli errori, terrificanti, che si potrebbe compiere parlando della Zack Snyder’s Justice League, sarebbe valutarlo non in quanto opera a sé stante, ma in quanto reazione alla versione rilasciata nei cinema, instaurando un teatrino degno di un qualsiasi salotto televisivo tra la versione di Whedon e quella di Snyder.
Non ha alcun senso poiché contribuirebbe a dare il via libera a vizi di forma nutriti dal confronto tra un abito tagliato da due sarti diversi, commissionato da un cliente eccentrico e senza idee di stile e un completo interamente disegnato e cucito da un unico sarto, commissionato da un cliente la cui fiducia è totalmente riposta nelle mani dell’artigiano.
Uno è indubbiamente migliore poiché ha una ragione d’essere ma questa ragione, rispetto a un mostro troppo brutto anche per gli incubi lovecraftiani, non deve essere motivo di esaltazione, inficiando la valutazione dell’opera.
La ragione è la base, non la cima della montagna.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Una delle grandi discussioni che ha contraddistinto il cut di Zack Snyder ha riguardato la sua durata e i piani di fruizione.
Per mesi si è parlato di sei parti, di suddivisione episodica e infine si è appreso, proprio da Snyder, che il film sarebbe stato tale e quindi non suddiviso in parti.
Mi sono chiesto per lungo tempo da dove derivasse la confusione, soprattutto quando si parla di voci fatte trapelare da insider che sentono o vedono cose senza averne pieno contesto, ma oggi ne ho avuto spiegazione.
Snyder ha diviso il suo film in sei parti a scandire l’incedere del film: una decisione frutto della golosità di Zack Snyder per l’idea, malriposta, d’imponenza delle storie.
Perché?
Un film vive di una grammatica invisibile che ne scandisce l’incedere e che può essere poi completata o sovvertita dal montaggio, uno strumento potentissimo e in grado di salvare una scrittura maldestra oppure di darle ulteriore corda per contribuire alla propria condanna a morte.
Sta di fatto che il primo passo viene fatto in sceneggiatura: in sede di scrittura si muovono i meccanismi fondamentali per dipingere il panorama narrativo del film, creando l’invisibile suddivisione in atti che dà ritmo alla storia.
Atti che cambiano a seconda del film e dell’archetipo narrativo proposto dal tipo di Cinema che si va a realizzare.
Guardando al Cinema orientale possiamo notare come questo tenda spesso a spezzare la classica struttura in tre atti e, per darvi un riferimento molto comune, Parasite è il tipo di film che quando sembrerebbe finire si apre improvvisamente ad altre situazioni, suggerendo come la storia e le sue morali non si siano esaurite.
Per noi invece è un po’ più comune la struttura in tre atti.
Alcuni autori, influenzati anche da altro Cinema come ad esempio Quentin Tarantino, decidono scentemente di rompere le maglie di questo stilema e inseguendo altre strutture decidono di dividere il loro film in capitoli, sottolineando la scelta con il montaggio, palesando la grammatica al fine di aiutare il proprio pubblico, molto ampio e disabituato a tale linguaggio al Cinema, dando anche un certo sapore alla propria opera.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Esattamente come avviene in un libro, un mezzo di narrativa che racconta una storia che, pur essendo un'unica opera, si divide in capitoli al fine di scandire, a suo modo e con una sua grammatica, il ritmo della narrazione data in pasto al lettore.
Tarantino nell’utilizzare i capitoli non applica soltanto una scelta di pura estetica, bensì attua una vera suddivisione tra i momenti del film, che resta coeso nella sua narrativa indipendentemente dall’utilizzo di tale suddivisione.
La divisione è però utile a suggerire allo spettatore un cambio di umore, creando una sorta di aspettativa rispetto a quanto sta per accadere sullo schermo, aprendogli la porta d’ingresso verso un nuovo momento del film e contestualmente evitando che questo si disorienti guardando un film dalla struttura a lui poco comune.
Quando invece si parla di parti si intende una suddivisione episodica, suggerendo allo spettatore come tra un momento e l’altro della storia ci sarà uno stacco, una pausa; per tale ragione si utilizza anche una grammatica diversa, utile a tenere il pubblico avvinto al racconto e desideroso di vedere la parte successiva.
È la base della serialità televisiva, del fumetto da edicola ed è la base di ciò che ha dato linfa ai film MCU portando quel linguaggio dal comic al Cinema.
Guardando Zack Snyder’s Justice League risulta piuttosto chiaro come il regista, come spesso capita, abbia invece ideato questa suddivisione per puro gusto, per un suo senso estetico del racconto, cercando una poetica epica e di tensione che in nessun modo appartiene a questo film.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
A mio avviso Snyder avrebbe dovuto spezzare il racconto in capitoli, piuttosto che in parti, proprio per via di una diversa grammatica da applicare, parlando del racconto per immagini come di altri media, visto che si parla di un unico film e non di un contenuto seriale.
Sia chiaro, poiché ho già intravisto delle ridicole difese in merito: la serialità non appartiene al linguaggio di Zack Snyder’s Justice League, non è proprio nei suoi intenti, e guardandolo a episodi sareste ancora più spaesati di quanto lo sareste in una sola seduta.
Tornando infatti a Quentin Tarantino, il suo Kill Bill è diviso in volumi proprio perché vi è la volontà di suggerire che non si stia guardando due film distinti, uno prequel e l’altro un sequel che innesca una nuova trama, ma una sola gigantesca storia.
Forse, parlando di Zack Snyder’s Justice League, questo avrebbe avuto più senso nell’economia della cosa, ovviamente creando due appuntamenti e non un unico film di quasi quattro ore, ma ci sarebbe dovuto essere un pensiero a monte.
A ulteriore “prova” di tale grammatica, sponda Marvel, i primi rumor su Infinity War lo vedevano titolato Infinity War - Part I e quello che oggi conosciamo come Endgame, avrebbe dovuto essere la Part II.
Allo stesso modo David Lynch, sviluppando Twin Peaks: Il Ritorno, ha immaginato un unico Twin Peaks di 18 ore, ma a fruizione seriale, decidendo di intitolare gli episodi come parti poiché porzioni di un unico grande racconto, cadenzate dal ritmo televisivo e da quel tipo di fruizione, implementando una sua grammatica basata sulla televisione.
Nelle "parti" di Zack Snyder’s Justice League non vi è mai davvero un cambio di umore o un tema portante che sostenga quella porzione di racconto rispetto al totale, sottolineando ulteriormente come Zack Snyder abbia attuato l’operazione per puro gusto, senza davvero aver ideato in sceneggiatura un racconto epico così ambizioso e grande da richiedere tale suddivisione - o minutaggio.
Snyder dimostra, ancora una volta, di utilizzare strumenti del linguaggio per immagini e dello storytelling più per posa che per logica, dando la sensazione che in realtà non ne capisca l’utilità, riproducendo a suo sentire qualcosa che sicuramente ama, ma del quale non comprende a fondo le meccaniche.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Il difetto della narrazione di Zack Snyder’s Justice League secondo me non risiede solamente nell’inconsistente divisione in parti, quanto anche nell’incapacità della sceneggiatura di Chris Terrio e della poetica di Zack Snyder di riuscire a dare una chiara quadratura agli eventi.
La trama di Justice League, su carta, è piuttosto semplice ed elementare, eppure il film si perde nella continua e stressante costruzione di momenti che vanno a frammentare il tessuto narrativo, incapaci però di avere un vero impatto sul’incedere della storia, come nel costruire l’epica dei protagonisti e dell’impresa che stanno compiendo.
La brutale verità è che queste quattro ore di kolossal supereroistico sono annacquate da una sequela di momenti ad appannaggio della ricerca del gusto estetico di Snyder, ma privi di ogni significato rispetto all’eroe che ne è protagonista: il regista dimentica di raccontare i personaggi, le loro pulsioni, paure e la loro potenza, dando in pasto allo spettatore pose plastiche a distrarlo dal plot, dato per disperso tra le bordate dei VFX enfatici.
Zack Snyder ha innegabilmente una propria poetica visiva che può attirare dei sostenitori - io in primis amo la presenza scenica di Batfleck tanto quanto quella di Henry Cavill nei panni di Superman - eppure il regista rimane un sarto dell’istantanea, un fotografo di momenti senza davvero un cuore e totalmente avulsi da tutto il resto del racconto e da qualsiasi sentimento umano, creati per nascere e morire in quella scena, ignari di qualsiasi sistema di causa ed effetto nel contesto del film.
Se non fosse per i dialoghi che costantemente ci suggeriscono il dilemma morale di Bruce Wayne, non avremmo strumenti per capire cosa stia succedendo dentro di lui; allo stesso modo nessuno degli eroi ha davvero un peso scenico e iconografico nel racconto, ma si limitano a muoversi per lo scenario compiendo azioni "fighe" e recitando frasi ad effetto, sempre al fine di creare un momento, non una scena parte di un costrutto più grande e organico.
Zack Snyder’s Justice League si prende cura decentemente di Cyborg e in minor parte di Flash, compiendo i loro archi narrativi e presentandoli al pubblico, ma attraverso un lasso di tempo troppo importante e che fallisce nel raccontare con fluidità il semplice plot alla base del film.
L’idea che Zack Snyder abbia avuto bisogno di quattro ore per raccontare quello che Avengers (2012) ha raccontato esaustivamente in due ore e venti minuti - lavoro che compie in un tempo identico anche Avengers: Age of Ultron - poiché il canovaccio è sostanzialmente molto simile, è già testimonianza dell’incapacità del regista.
Snyder è il perfetto regista dell’epoca Instagram, dove le immagini degli influencer rimandano a interpretazioni vacue di sogni demenziali e ad una realtà così posata e forzatamente impostata da sorreggersi giusto il tempo di uno scatto, per poi crollare miseramente.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Quando si realizza un film sui supereroi, forma evoluta del racconto eroico classico, è fondamentale riuscire a creare il dramma utile a dare risalto alla catarsi dell’eroe e alla sua epica.
Stan Lee era perfettamente conscio di queste dinamiche e con il suo Spider-Man, contrariamente agli eroi belli, vincenti e infallibili, ha portato uno strumento narrativo utile a comunicare con il suo pubblico, umanizzando il supereroe ma rendendolo al contempo forte, potente, iconico.
Più le difficoltà sono ardue, più il nemico sembra inarrestabile, più l’umanità dell’eroe, tanto vicina alla nostra, viene messa alla prova scatenando le sue qualità migliori. Una cosa che ispirerà il pubblico, che un giorno racconterà di come abbia passato ore e ore in una sala cinematografica per dare una fuggevole occhiata a colui che gli ha insegnato a tenere duro un attimo di più - [semicit.]
I supereroi forgiano morali impermeabili al tempo, simboli alla portata di tutti che spingono giovani uomini e donne a stringere i denti quando le cose attorno a loro si sbriciolano.
Sono paladini dei diversi, degli emarginati, degli ultimi e abbracciano tutti noi, senza lasciare fuori nessuno, veicolando insegnamenti di coraggio e nobiltà d'animo.
Per chi vi parla l’epica di Batman, uomo senza superpoteri e sublimazione delle capacità dell’uomo quando mosse da una volontà ferrea, è forse una delle più affascinanti e va ben oltre la superficie di un bruto vestito da pipistrello con tante armi, tanti soldi e una voce spaventosa.
Allo stesso modo Superman è un dio orfano del suo olimpo, l'incarnazione delle parti migliori dell'essere umano e la sua forza iconografica risiede nell'essere "Only a man in a silly red sheet digging for kryptonite"*, cresciuto da uomini come salvatore degli uomini, figlio di due padri e due madri e due mondi, eternamente solo, cercando di farci capire come "Even heroes have the right to bleed"**.
Zack Snyder’s Justice League ha il terrificante problema di non riuscire a dare il giusto risalto a nessuno dei suoi protagonisti, incupendo ogni eroe con l’illusione di essere adulto e di rottura, trasformandoli in ombre delle mitologie dalle quali derivano, per poi seguire la Marvel Way mettendo loro in bocca battute e linee comiche estranee all’umore del film, che risuonano come schiaffi a mano aperta sul volto dello spettatore - ti sei preso così sul serio fino a questo punto, perché questa battuta?!
Come in Batman v Superman, Superman esalta l’incapacità di Zack Snyder di leggere questi eroi e di capire l’archetipo al quale aderiscono, impedendogli quindi di raccontarli propriamente.
Snyder è legato alle immagini e sembra analfabeta rispetto alla funzione che queste hanno e alla valenza che assumono rispetto alla creazione del mito degli eroi che ne sono protagonisti.
*Solo un uomo in uno stupido mantello rosso alla ricerca di Kryptonite
**Anche gli eroi hanno il diritto di sanguinare
Five for Fighting - Superman (It's not easy)
[In Batman v Superman i riferimenti a Frank Miller sono chiari, ma Snyder li riproduce solo superficialmente: risulta chiaro non abbia compreso nulla dello scontro ideologico e del carattere che Miller dona ai personaggi rispetto alla sua interpretazione]
Riesce quindi a riprodurre le immagini dell’eroe dal mantello rosso, il ragazzo di Smallville speranza dell’umanità, salvo poi incrinare quella visione palesando la sua totale ignoranza rispetto a cosa ci sia oltre la superficie delle pose, dando al personaggio una piatta interpretazione avulsa dal concetto al cuore di quanto raccontato poco prima.
Gli eroi che conosciamo qui sono quasi del tutto assenti ed esistono piuttosto come action figure con le quali Snyder gioca, senza dare risalto al loro carattere, alle loro motivazioni, ai difetti utili a creare conflitto, ma anche alle peculiarità a renderli indispensabili nella logica della Justice League.
La stessa Justice League è assente, poiché non vi è nulla che suggerisca al pubblico l’idea di assistere alla formazione del supergruppo a difesa della Terra: non vi è urgenza, pericolo, non vi è ricerca di speranza e bisogno di questi eroi.
Il lato infantile, utile a sostenere la sospensione dell’incredulità di un film di tale portata, muore proprio perché assente nello stesso Zack Snyder, tremendamente concentrato e legato a stilemi che lui stesso non sa decifrare, risultando a chi conosce e ama quei personaggi come il figlio del cummenda con la BMW che parla di personaggi pop per sentirsi come tutti gli altri, ma che invece li tratta come fossero i crudeli doppelgänger stendardo della sua idea reazionaria e viziata del mondo.
Zack Snyder non ha capito che avrebbe bisogno di creare dei suoi eroi e un suo universo, poiché nella storia di questi personaggi le sue interpretazioni rappresentano le più erronee e vuote che si siano mai viste, mettendo sul piatto nulla se non una serie di idee visive interessanti, ma senza un vero significato poetico.
L’idea del cavaliere oscuro, il detective, il crociato di Gotham, del velocista scarlatto, dell’uomo d’acciaio, del figlio di Krypton o della principessa delle Amazzoni, il senso infantile e romantico di quei nomi di battaglia a riportare a una forte epica, non è pervenuta.
Sostituita invece da una vuota posa emo-punk di un ragazzetto viziato impermeabile ai forti temi umani che questi eroi, con la loro epica pop, portano allo spettatore.
Snyder, come già detto, è indubbiamente votato a una ricerca visiva che può risultare interessante o meno e francamente, così come difendo visivamente le sue intuizioni su Batman e Superman, sostengo anche la parentesi creata dagli incubi di Batman, salvo poi trovarci una scrittura ignobile, il cui senso rispetto al totale del racconto si intuisce ma è maldestramente espresso.
Non possiamo premiare unicamente l’estetica e l’intento.
Di questi eroi sappiamo che Flash è la linea comica e ha un papà per amico, che Alfred fa molto bene il tè e la linea comica, che Wonder Woman e il suo status di principessa delle Amazzoni mette soggezione al britannico aplomb di Alfred e potrebbe rappresentare il sogno d’amore per Bruce Wayne.
Sappiamo che Aquaman ha un regno da reclamare, beve molto e ogni volta che si butta in mare dobbiamo assistere a uno spot della Badedas, che Cyborg è depresso perché il padre non andava mai alle sue partite, in barba al destino del mondo, e che il complesso di Fantasma dell’opera passa appena scopre di poter stampare soldi sconfiggendo la povertà.
Quantomeno ha il buon gusto di non annunciarlo da un balcone.
[In questo frame Snyder omaggia Ronaldo e la Pirelli]
Nell’arco di quattro ore di Zack Snyder's Justice League non abbiamo davvero occasione di costruire alcun rapporto empatico con Batman, Superman, Aquaman, Wonder Woman o Flash, che non sia basato su quanto sono enfatiche alcune costruzioni visive.
Batman che guarda Gordon dall’alto di un gargoyle mentre sopra di lui un cielo nero si squarcia con fulmini blu è molto d’impatto, e alcuni, visto la sua imponenza, lo assoceranno con molte forzature ad alcune tavole di Frank Miller, ma ti porta a chiederti come mai nell’universo di Snyder sia sempre scuro, plumbeo e piovoso, indipendentemente dalla città.
La risposta, come suggerito sopra, è che Snyder crea momenti in barba alla credibilità della totalità del racconto e che si rende capace di infrangere il sogno di ogni direttore della fotografia e regista di girare una bella scena sfruttando la meravigliosa luce della golden hour, montando invece un orribile green screen.
Zack Snyder’s Justice League ha, a conti fatti, la stessa poetica e la stessa esecuzione svuotata da un senso rispetto alle funzioni del racconto per immagini, di The Lady, ma con in tasca il budget di un blockbuster.
Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League Zack Snyder’s Justice League
Sotto il punto di vista della gestione del tempo, del ritmo e della definizione dei luoghi, Zack Snyder’s Justice League è atroce.
Il racconto si sposta da Gotham a Metropolis senza mai dare allo spettatore degli scorci visivi, o le classiche didascalie di luogo tipiche dei film di spionaggio, usate anche in Avengers o in Star Wars per introdurci a pianeti sconosciuti, per farci comprendere dove si stia spostando il racconto.
Per chi conosce il fumetto sorge anche il dubbio se a un certo punto Bruce Wayne si sia recato a Central City, città dove vive Barry Allen, o se coincidentemente il ragazzo si trovi a Metropolis o ovunque la storia stia avendo luogo.
Lascio a morire in un angolo come sia stata introdotta Iris West.
In questo frangente si sta parlando della grammatica base del racconto per immagini e, che vi piaccia o no, come per la divisioni in parti o l’insostenibile struttura di storytelling del film, Zack Snyder la ignora totalmente: ciò non è solo un male rispetto al mezzo, come per chi guarda, ma anche per la costruzione dell’epica di questi eroi, poiché raccontarli ed evocarne la loro poetica significa anche rappresentare tutti quegli elementi che li caratterizzano.
Non è ovviamente necessario che appaia sullo schermo la scritta “Metropolis”, ma uno stacco in campo lungo sullo skyline della città dove spunta il Daily Planet, o una breve transizione con qualche elemento, come la prima pagina di un giornale o qualsiasi altra informazione utile a comunicarci il dove e il quando, non è solo necessaria a orientare il pubblico e a dare un ritmo, ma anche a creare tutto quel meccanismo di narrazione indiretta, di lore, di easter egg, a veicolare l’idea di trovarsi in questo universo condiviso, donando forza e sostanza al mito.
La narrazione è incredibilmente dispersiva non solo per via della totale mancanza di questi elementi, ma altresì per l’amore di Snyder verso le arie crepuscolari.
La quasi totalità del film è ambientata di notte, suggerendo implicitamente la voglia di nascondere uno sviluppo non proprio magistrale dei VFX.
[Questa scena, brutale nei colpi e veloce nella dinamica, non è solo ben costruita e coreografata, ma è uno dei più bei combattimenti di Batman visti al cinema ed è funzionale rispetto a quello che racconta il film]
Zack Snyder’s Justice League risulta anche difficile da fruire proprio per questa perenne oscurità che lo avvolge, insistendo per tutto il film su una palette di colori che suggerisce ulteriormente l’appiattimento di tutto il tessuto del racconto.
Siamo in un mondo di supereroi dove non c’è luce, colore, amore, sensualità, passione, odio, violenza, follia, ma soltanto il dominio incontrastato dell’incessante incedere dei temi degli eroi e dei loro ralenti a sottolineare azioni appena coreografate.
Un'altra nota molto dolente di Zack Snyder’s Justice League è l’assenza del gusto per le scene d’azione.
Dimenticate quindi il dinamismo e il gusto coreografico dell’ormai famoso scontro di Batman con i rapitori di Martha Kent, poiché in questo film non vi è una sola azione ben costruita.
Lo stesso Flash, quando si muove nel tempo della sua super velocità, non è mai sorprendente, considerando come tutto il resto del film viaggi sostanzialmente al medesimo passo, portandoci a domandarci per quale motivo dovremmo mostrarci tanto sorpresi.
Nonostante si sia parlato dell'estetica di Snyder è altrettanto vero come il film non utilizzi mai davvero virtuosismi di regia per creare tensione, enfasi, paura: la regia si traduce sempre in quel concetto di momenti e la lingua del framing, della messa in scena, di come si possa sfruttare la grammatica tra primi piani, campi lunghi, dettagli, di come la macchina a mano, un carrello o una scena in piano sequenza possano dare un senso alla scena... è cestinata.
Snyder non riesce a sfruttare nulla dei suoi personaggi nella messa in scena e lo spettatore non ha quindi alcun elemento per caratterizzare la loro importanza, i luoghi e il quando, trovandosi sperduto lungo un racconto di un narratore campione di salto di palo in frasca.
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Zack Snyder’s Justice League, in soldoni, è il compimento di un autore che ha dimostrato ampiamente di non saper raccontare una storia per immagini e che dovrebbe accettare l’idea di essere solo un mestierante con un proprio stile, incapace di esprimere compiutamente una storia sullo schermo senza la supervisione di qualcuno.
La megalomania di Zack Snyder, fomentata dai fan, lo ha portato a credere che il suo sragionamento di quattro ore, per quanto di fondo contenga una storia che chiunque altro avrebbe espresso e portato a compimento nella metà del tempo, fosse Cinema di larghi intenti meritevole di una tela così grande.
Le intenzioni epiche non vanno a un tanto al chilo e non se ne misura certamente la riuscita con la loro durata.
Guardando Zack Snyder’s Justice League si nota come l'incompetenza e la presunzione del suo autore lo abbiano portato a rendere tedioso, vuoto e incapace di trasmettere qualsivoglia emozione un film di supereroi, ovvero l’intrattenimento pop di massa più fruibile che esista nel panorama.
Un’impresa da veri campioni, che si conclude con un paio di cliffhangher che sì, accennano sia ai piani del The Batman mollato da Ben Affleck sia a quelli che erano i piani per il sequel di Justice League, ma che sottolineano come la presenza di un personaggio sia totalmente insensata nel plot totale, inserita gratuitamente e senza alcun piano rispetto a quanto appena raccontato.
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Come detto nel corso del prologo, in recensione non avrei fatto un confronto tra lo Zack Snyder's Justice League e il Justice League distribuito in sala e questo epilogo è il grattare di un prurito per dare soddisfazione a tutti quelli che un po’, in fondo, ci hanno sperato.
Chiaramente il Justice League corretto da Whedon è inferiore, semplicemente perché bipolare, rotto e incongruente in troppe parti - pensate solo a Barman e Baffo Superman - ma guardando al cut di Snyder è piuttosto chiaro il motivo per il quale Whedon abbia quasi rigirato l’intero film cercando di rispettare una certa estetica e apportando tagli e cambi sostanziali a certe scene.
Ora ho compreso l'orribile cielo rosso del finale.
Snyder impiega, male, quattro ore per srotolare l’intero plot e presentare i propri personaggi, complicando inutilmente il pane di un canovaccio imbarazzante nella sua semplicità e il cui filo del discorso, lungo tutto il film, è anche piuttosto inconsistente.
Whedon ha disperatamente cercato di rendere fruibile un film compromesso in ogni sua parte, un investimento di risorse che non poteva essere semplicemente piallato e ricostruito da zero e, in tutta franchezza, viste le condizioni nelle quali è stato fatto, era praticamente impossibile potesse riuscire.
Per quanto io ami i personaggi dell’universo DC e per quanto abbia il desiderio di vedere il loro universo sullo schermo, non posso uccidere la realtà e difendere un’opera mal scritta, sbadatamente messa in scena e raccontata come Zack Snyder's Justice League.
Tutto ciò mi fa porre una domanda.
Quando un regista della levatura di James Gunn mostrerà a tutti il suo The Suicide Squad, film che apporta una riscrittura di quanto già visto e presentato da altri con dei retcon sul personaggio di Harley Quinn, e molti fan di Snyder si troveranno al cospetto di un film scritto e diretto con criterio, come guarderanno a quest’opera?
Si renderanno conto dell’abissale differenza tra un autore come Gunn e un venditore di fumo come Snyder?
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