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Un'occhiata al fulminante (mezzo) esordio alla regia di Greta Gerwig, già attrice e sceneggiatrice attiva nel circuito mumblecore, che col suo Lady Bird ha raccolto il plauso della critica anglofona, più entusiasta di quella nostrana e del pubblico tutto.
A conferma di ciò, un'indicazione di massima può essere ricavata dall'aggregatore Rotten Tomatoes: il film, per qualche mese, ha addirittura detenuto il record per "il più alto numero di recensioni completamente positive" e ad oggi si registrano 389 valutazioni positive (con una media voto di 8,80 su 10) a fronte di sole 4 negative.
Forbice che, in termini relativi, aumenta andando a considerare la critica qualificata come più autorevole, che non ha prodotto alcun giudizio sfavorevole e ha innalzato la media voto fino ad uno stratosferico 9,10: più alta, per intenderci, di quella attribuita a 2001: Odissea nello spazio o ad Apocalypse Now.
Il giudizio degli spettatori, invece, è stato buono ma non eccellente: 79% di pareri positivi sempre su RT, con una media voto di 3,92 su 5, che scende a 3,7 (o 7,4 su 10) se passiamo a IMDb, che raccoglie un campione di votanti più che decuplicato (236mila contro 22mila).
La critica italiana si è mossa tra la sufficienza e il buono, tra il 3 e il 4, con rare stroncature e altrettanto rare lodi.
Personalmente, seppur con minore enfasi, sposo la visione maggioritaria anglofona, che comunque ha trovato qualche riscontro anche in Italia, tanto in testate autorevolissime quanto in altre più generaliste.
[Trailer internazionale di Lady Bird]
La chiave di volta della questione, al netto di altre osservazioni certamente non secondarie, risiede nel genere della pellicola, con gli stereotipi che l'accompagnano, e nella conseguente problematica relativa all'adesione (o meno) ai suoi codici distintivi.
Si tratta del coming-of-age, capace nelle sue varie declinazioni di raccogliere sotto il suo tetto un'interminabile sequela di prodotti infimi, tra i quali si nasconde però qualche gemma.
Penso, riferendomi a quest'inizio di secolo, a opere come Juno ed Eight Grade, che in maniera molto simile a Lady Bird hanno raccolto il favore quasi unanime della critica mondiale e un gradimento leggermente minore da parte del pubblico, più nel caso dell’opera di Bo Burnham che in quella di Jason Reitman (che probabilmente ha beneficiato del suo approccio più fuori dalle righe).
Lady Bird percorre molte delle tappe tipiche del genere, affronta molte tematiche classiche, alcune inevitabili, ma sfugge efficacemente dai cliché e rivela la sua forza proprio in questi scarti, talvolta minimi, di cui comunque non può sempre rivendicare la paternità assoluta.
Non si tratta quindi di una pellicola di rottura, come del resto non lo è il movimento a cui fa (parzialmente) riferimento, quello del mumblecore qui ben tratteggiato da Fabrizio Cassandro.
Greta Gerwig - moglie di Noah Baumbach, il maggior esponente di tale tendenza - ripropone però poco lo sguardo spesso tagliente del marito che, viste le radici autobiografiche della vicenda, è mitigato da una sensibilità più dolce e anche da un po' di malinconia.
Questa dolcezza non è però mai stucchevole, o melò, ma riesce a trattare con umanità e la giusta leggerezza ogni personaggio.
Le dinamiche adolescenziali non vengono né svuotate per renderle comiche né appesantite per drammatizzarle: Lady Bird si colloca a metà strada, e questa tonalità intermedia e delicata pare evidenziata anche dalla fotografia di Sam Levy, che agisce ammorbidendo i colori e servendosi molto della luce naturale, e dalla regia piuttosto semplice.
L'unica possibile sbavatura derivante da questa matrice indie può forse annidarsi nell'anticonformismo della protagonista, che potrebbe risultare forzato specie considerando certe opere di Baumbach e compagnia.
È però anche vero che Greta Gerwig ci mostra in maniera quasi ridicola un personaggio come quello di Kyle, alla fin fine estremamente conformista nelle sue declamate devianze, così come è utile ricordare la natura parzialmente autobiografica del film.
[Greta Gerwig con il marito Noah Baumbach] Lady Bird
Vediamo ora di delinearne sommariamente la trama.
Lady Bird racconta un anno di vita di Christine McPherson, a cui presta il volto Saoirse Ronan, studentessa diciassettenne che frequenta il liceo cattolico Sacro Cuore a Sacramento, in California, nel 2002.
Il cuore pulsante del racconto è il rapporto con la madre Marion, impersonata da Laurie Metcalf, e non il difficoltoso passaggio al college o le avventure sentimentali della protagonista.
Due senza dubbio sono le linee di scontro, su tale versante: la classica volontà di autodeterminazione adolescenziale, esemplificata dal cambio di nome, e la difficile situazione finanziaria della famiglia.
Linee che, spessissimo, si intrecciano, e che forse, considerando l'opera nel complesso, possono essere persino accorpate.
Chiara Borroni, a tal proposito, si è intelligentemente soffermata sulla valenza linguistica dell'espressione "pay attention", che compare in uno degli scambi dialogici più importanti del film, riferito alla città di Sacramento, e che presenta una doppia natura astratta ed economica (in senso lato).
Anche l'ambientazione provinciale, la cui importanza è ribadita dalla citazione della scrittrice Joan Didion che compare a inizio pellicola, si lega parecchio al tema economico, specie quand'essa è individuabile come termine di una dialettica ideale con New York, agognato simbolo di emancipazione sociale, finanziaria e scolastica.
Tale dialettica, sul finale, si risolverà in maniera per nulla scontata, sancendo l'amore per la terra d'origine prima odiata (che "uccide l'anima"), in chiave comunque non passatista o reazionaria.
[Saoirse Ronan è Christine "Lady Bird" McPherson]
Si tratta pur sempre di una ragazza pro-choice che usa il termine "repubblicana" come un insulto e che inorridisce alla vista di un poster di Ronald Reagan, sicuramente una delle cause dell'infelice situazione della propria famiglia (e della Middle Class americana dei primi anni 2000 in toto).
Una famiglia che vive "dalla parte sbagliata dei binari", una famiglia le cui relazioni interpersonali e parabole individuali soffrono per lo stesso motivo.
Nel narrare una situazione così complessa e così potenzialmente drammatica senza mai esagerare, la Gerwig dimostra la propria abilità di sceneggiatrice, che, sommata alla sobrietà stilistica generale, rimanda a quel Furore di John Steinbeck che madre e figlia ascoltavano in apertura.
Mamma, umile infermiera, e papà, neo-disoccupato affetto da depressione, esprimono in maniera diversa la propria infelicità, con la prima che spesso si sfoga sulla figlia.
Per lo spettatore è però difficile non empatizzare anche con lei: quando Marion e Lady Bird si scontrano, a prescindere dalle ragioni, risulta difficile considerare la genitrice come una sorta di antagonista, pur essendo (fortunatamente) bloccata alla fonte qualsiasi forma pietismo.
La costruzione così meticolosa di questa interazione madre-figlia, o genitore-figlio in modo generico, è quindi il principale scarto che allontana quest'opera dalla maggior parte dei coming-of-age.
Ma non è certamente l'unico, e sarà bene segnalarne altri, con situazioni che spesso si toccano e si influenzano vicendevolmente.
[Tracy Letts e Laurie Metcalf sono i genitori di Lady Bird]
In prima battuta merita attenzione la caratterizzazione del liceo Sacro Cuore e del suo ecosistema iper-religioso.
La Gerwig decide di non ricreare il classico topos dell'ambiente oppressivo e tradizionalista, spesso in attrito con lo spirito anarchico di un giovane protagonista.
Una delle scene di inizio film, specie se considerata a posteriori, risulta piuttosto esplicativa: i riti, scolastici e religiosi, della scuola sono infatti svecchiati da un montaggio dal ritmo sostenuto e da una colonna sonora poco compatibile con quel mondo.
Ciò è certamente connesso alla soggettività della protagonista, ma il non evidenziare certi tratti negativi è un aspetto da considerare, specialmente in virtù di alcuni passaggi successivi, senza menzionare il finale.
È il caso dei "quindici centimetri per lo Spirito Santo" che devono frapporsi tra Lady Bird e Danny, il ragazzo a cui è interessata, o del personaggio di suor Sarah Joan, che sa reagire intelligentemente a uno scherzo subito e che è protagonista, non a caso, di uno degli snodi tematici più importanti nel film (quello del "pay attention").
Altro schema piuttosto classico è quello dell'allontanamento di Lady Bird dalla migliore amica Julie, contemporaneo all'avvicinamento al gruppetto più in vista, rappresentato nello specifico da Jenna, una borghesuccia che da madre manderebbe le figlie al Sacro Cuore.
Tale canovaccio è posto in secondo piano, ed è smorzato dall'interesse reciproco non eccessivo che mostrano sia Jenna, soprattutto, sia la protagonista, e si segnala inoltre la rilevanza della differenza socioeconomica tra le due.
La risoluzione non drammatica di questa linea narrativa andrà poi a riverberarsi su uno dei momenti più sacri dei teen movie, il ballo di fine anno, che vedrà Christine e Julie, riconciliatesi, danzare assieme.
[Lucas Hedges è Danny] Lady Bird Lady Bird
Per concludere, di notevole interesse è anche la tematica del sesso e/o delle vicissitudini romantiche di Lady Bird.
Innanzitutto in Lady Bird si parla liberamente di masturbazione (mangiando delle ostie) e si mostra come naturale, finalmente, l'interesse femminile verso essa e verso la sessualità tutta.
Emblematico è l'acquisto che Lady Bird compie il giorno del suo diciottesimo compleanno: Playgirl.
Presentano alcune particolarità anche le due (pseudo)relazioni amorose che la giovane protagonista instaura, quella col sopracitato Danny, interpretato da Lucas Hedges, e quella col tenebroso Kyle di Timothée Chalamet.
La prima è rimarchevole per due aspetti.
Il primo riguarda una scena stereotipata tanto dai teen movie quanto dalle rom-com, quelle in cui una coppia è sdraiata a osservar le stelle.
In Lady Bird viene attuata una variazione sul tema, con questo quadretto apparentemente idilliaco e melenso alterato dalle parole della protagonista, che d'un tratto se ne esce con un:
"Lo sai che puoi toccarmi le tette se vuoi, vero?".
Nel corso della pellicola il legame con Danny sembra poi fortificarsi, perlomeno fino a quando Lady Bird lo vede baciarsi con un altro ragazzo.
Dopo un comprensibile allontanamento iniziale e dopo una scena molto dolce e dolorosa in cui la ragazza consola l'ex, che si vergogna di essere omosessuale, il loro rapporto, ora d'amicizia, ne esce però quasi rafforzato.
La relazione con Kyle porta invece alla perdita della verginità di Lady Bird, in una sequenza girata con molto realismo, né evidenziata romanticamente né resa fredda.
Il tutto viene trattato con l'adeguata naturalezza, ma dopo l'amplesso scatta un alterco, con lei che dice che voleva "fosse speciale" e si sente rispondere:
"…farai un sacco di sesso non speciale nella tua vita".
[Timothée Chalamet è Kyle] Lady Bird Lady Bird
Questi, dunque, gli elementi salienti della pellicola, che davvero si merita un appellativo che molti le hanno attribuito, generazionale.
L'unica pecca, a mio avviso, è la gestione della colonna sonora, sfruttata in maniera abbastanza classica e talvolta leggermente invasiva, che comunque inficia minimamente un'opera capace di fare incetta di candidature (Oscar, BAFTA, SAG Awards) e premi (Golden Globe) come Lady Bird.
Qualcuno ha parlato di un film poco audace, ma francamente mi risulta difficile essere d'accordo.
Calcare la mano sulla forma avrebbe probabilmente minato quella leggerezza capitale nell'economia del racconto, mentre calcarla sulla trama, rendendola più stravagante (non considero nemmeno il caso opposto), avrebbe avvalorato le accuse di eccessivo anticonformismo e, banalmente, avrebbe privato la vicenda del suo valore universale.
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