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Il Bene Mio - Recensione: dietro ogni scemo c’è un villaggio

Il Bene Mio, di Pippo Mezzapesa: una riflessione sull'importanza della memoria, al confine tra fiaba e realtà

Con Il Bene Mio il regista Pippo Mezzapesa ci fa riflettere sull’importanza della memoria, su quanto questa possa essere allo stesso tempo tortura crudele e nettare necessario alla sopravvivenza.

 

Siamo in Italia, irradiati da una calda luce tipicamente meridionale, nell’ormai abbandonato paesino - fittizio - di Provvidenza: distrutto da un terremoto avvenuto anni prima, gli abitanti superstiti si sono tutti trasferiti ripopolando una Nuova Provvidenza, più a valle.

 

Tutti tranne uno.

 

[Trailer ufficiale de Il Bene Mio]

 

 

Elia - un brillante Sergio Rubini, completamente a suo agio nei panni di un personaggio che sembra essergli stato cucito addosso – non vuole saperne di abbandonare quel posto che per lui, in passato, ha significato amore e spensieratezza.

 

Un pezzo di vita che gli è stato strappato in maniera improvvisa e violenta a cui lui, imperterrito, prova a rimanere aggrappato con le unghie, ma da cui sembra che tutti gli altri vogliano prenderne le distanze.

 

Non vogliono soltanto non sentir più parlare di quel luogo che tutti li accomuna: gli ex abitanti di Provvidenza sono uniti anche nel non vedere di buon occhio Elia per il semplice motivo che lui è l’unico a non volersi dimenticare quello sperduto angolo di mondo.

 

C'è chi pensa sia completamente impazzito, chi lo tratta con disprezzo, chi addirittura lo umilia compiendo veri e propri atti vandalici.

 

 

[Sergio Rubini in una scena de Il Bene Mio]

 

Rita (Teresa Saponangelo) e Gesualdo (Dino Abbrescia) sono gli unici amici che gli sono rimasti e che, nonostante la sua vita da eremita, continuano a stargli vicino.

 

Fino a quando, per l’evolversi degli eventi, anche loro iniziano a dubitare della sua sanità mentale.

 

Ma noi che agiamo in direzione delle dinamiche di massa, che seguiamo il flusso e non creiamo nemmeno un’increspatura nel mare degli eventi, siamo così certi che modi di fare, di pensare diversi, di agire secondo logiche opposte alle nostre ma che, allo stesso tempo, non ledono la nostra libertà, siano da condannare, da additare come follie?

 

 

[A sinistra Dino Abbrescia nei panni di Gesualdo, a destra Sergio Rubini interpreta il personaggio di Elia]

 

 

Come mai le cose a cui nella mia vita do più importanza sono senz’altro superiori a quelle a cui tiene uno che si comporta diversamente da me?

 

Ognuno di noi vive avendo come riferimento una scala di priorità il cui ordine è fondamentale, imprescindibile per l'ideatore stesso di quella precisa scala, ma è evidente che non esiste un modo per mettere a paragone scale diverse - nate da valutazioni soggettive - di individui diversi.

 

 

 

 

Il personaggio di Elia ne Il Bene Mio è il perfetto esempio di scemo o matto del villaggio a cui, però, non interessa essere per forza accettato dalla comunità, non vuole compiacere qualcuno per sentirsi accolto, a lui basterebbe essere compreso e lasciato in pace, nella pace di Provvidenza, tra i ricordi che affollano ogni suo silenzioso angolo deserto.

 

Capire le ragioni per cui un individuo si propone un obiettivo piuttosto che un altro, abbandonando la presunzione per cui si crede che le proprie scelte siano senza dubbio le migliori, è una maniera sempre efficace per comprendere meglio il mondo che ci circonda, una chiave che ci dà accesso a tanto altro che ancora non conosciamo.

 

 

 

 

Stare per un attimo zitti, accostare l’orecchio e accogliere le spiegazioni dello “strano", potrebbe farci cambiare punto di vista, aprirci gli occhi, farci rivalutare ciò che per noi ha valore: il Bene Mio diventa Bene nostro.

 

O magari non succede nulla e non rivalutiamo un bel niente ma, almeno, da quel momento sapremo di più sul perché di alcuni gesti altrui da noi reputati bizzarri.

 

Tramite una narrazione ricca di elementi fiabeschi, Il Bene Mio ci porta in un luogo senza tempo in cui, anzi, il tempo sembra essersi fermato.

Ma è solo apparenza: Elia, custode di Provvidenza e della sua memoria, è egli stesso la fiamma che tiene vivo il presente del paesino.

 

La memoria di Provvidenza, il ricordo: è questo il Bene di Elia, tanto profondo quanto incomprensibile agli altri.

 

 

 

 

Il Bene Mio potrebbe essere un affetto, una città, una casa, un profumo o una melodia, una chitarra o un disegno acquerellato, una lettera o un vecchio giradischi.

 

Il Bene Mio, non potrai mai possederlo ma, se ci tieni a me, puoi sforzarti di conoscerlo. 

Il Bene Mio, il valore che gli ho assegnato, è qualcosa che, se ti mostri comprensivo, posso provare a condividere con te, ma che nessuno all’infuori di me potrà mai capire a pieno perché è inciso nella mia memoria e cicatrizzato nel mio cuore.

 

Perché mai dovrebbe essere meno importante del tuo? 

 

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