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Alex Garland ci ha ormai abituati alle sue riflessioni sulla condizione umana: lo sceneggiatore di Sunshine, 28 giorni dopo ed Ex Machina, di quest’ultimo anche regista, con Annientamento aggiunge un’altra tessera al suo puzzle sul tema dell’identità e della trasformazione.
Il risultato è un film di fantascienza originale, elegante, ipnotico, dove la biologia, le cellule e l’evoluzione sono protagoniste.
Ci sono secondo me qualche caduta di tono e un paio di ingenuità, ma il film è assolutamente da consigliare a chi cerca qualcosa che affascini la vista e faccia riflettere durante i titoli di coda.
Il montaggio sceglie di mostrare gli eventi in un ordine cronologico che costringe lo spettatore a fare uno sforzo di comprensIone in più rispetto al solito e la fotografia è sempre curata, senza inquadrature fatte a caso: si nota che dietro ogni quadro c’è una scelta precisa.
È una fantascienza che aspira ad essere avvicinata a quella di Andreij Tarkovskij, più cerebrale, dove l’incontro con “l’alieno” è un incontro con noi stessi e le domande alla fine della visione sono molte più delle risposte, ma è quello secondo me il bello del Cinema: creare domande, far nascere riflessioni.
Se è vero che siamo tutti “figli delle stelle” e che la vita sul pianeta terra deriva da qualche microorganismo arrivato dallo spazio grazie ai meteoriti… cosa avrebbe di tanto diverso da noi questo “visitatore” che trasforma tutto ciò che ingloba?
Un gradino oltre l’evoluzionismo, mutazioni velocissime che mescolano il DNA vegetale con quello umano con quello animale, creazioni che imparano da ciò con cui vengono a contatto, cambiando, provando a migliorare se stesse e, come sempre, sbagliando per poi ricominciare e provare ancora: in quel “bagliore” c’è la culla di una nuova esistenza, diversa, non per forza malvagia o distruttiva, semplicemente diversa.
Siamo noi a vederla come un annientamento (appunto) perché il suo stesso essere mette in pericolo il nostro, ma quanto davvero abbiamo diritto a vivere su questa terra senza lasciare spazio a qualcos’altro?
La natura in Annientamento subisce una trasformazione a livello cellulare, quelle cellule che il personaggio di Natalie Portman - che regge praticamente tutto il film su di sé grazie a un personaggio interessante e una prova splendida - all’inizio del film racconta essere
“Tutto ciò che c’è alla base di ciò che è vita, e di ciò che è morte”.
È un tentativo, una prova, non è un’invasione.
È la visione dell’uomo che le addita come cellule tumorali in grado di far venire il cancro ad una pianta, ma ciò che ne nasce è solo una maniera differente di crescere, che non per forza è sbagliata: è un’ "altra" cosa, punto.
Ma ovviamente il pensiero antropocentrico dell’uomo moderno e tecnologico vede tutto ciò come una minaccia, salvo poi accorgersi che la minaccia non esiste se non dal punto di vista fisico ma non da quello evolutivo dato che, come dicevano altrove, il tutto
“Finisce solo una volta, e tutto il resto è progresso”.
Il racconto si dipana in maniera ambigua e gioca con le nostre aspettative di spettatori cinematografici, che il più delle volte sappiamo cosa ci aspetta e quando, e proprio per questo spesso Annientamento stupisce perché va in direzione contraria.
Non sempre, però: capita che le protagoniste decidano di viaggiare tranquillamente su delle barchette di fortuna navigando un fiume subito dopo aver subito l’attacco di un coccodrillo mutato, feroce e gigantesco… il cui habitat era esattamente il fiume in cui viaggiano.
Protagoniste che per 4/5 sono solo abbozzate fino ad essere quasi dei semplici cliché: l’omosessuale mascolina e rabbiosa, la studiosa con la testa tra le nuvole, la donna che non ha niente da perdere e la responsabile molto poco responsabile.
I dialoghi tra i loro personaggi a volte rallentano il corso delle cose e sembrano più che altro degli spiegoni sul loro passato che però non fanno altro che appiattirle ancora di più.
Ma il film punta altissimo e quando punti altissimo, se proprio non ci arrivi, stai sicuro che farai comunque parecchia strada.
È un peccato che qui in Europa sia distribuito solo sulla piattaforma Netflix perché un’opera simile avrebbe meritato la visione in sala, per la qualità delle immagini, per una maggiore immersività nel racconto.
Un dramma psicologico vestito da fantascienza orrifica, con un terzo atto che ci costringe a pensare a ciò che siamo e che potremmo essere, con un “alieno” che non fa altro che imitare ciò che facciamo noi e che diventa una minaccia solo perché lo percepiamo noi in quel modo, perché nella significativa scena di Lena che viene schiacciata contro la porta c’è racchiuso secondo me il senso principale del film: siamo noi stessi che ci costruiamo delle barriere intorno, tutto ciò che ci circonda ci impedisce di essere ciò che vogliamo essere solo perché è il nostro comportamento ad influenzarlo.
Possiamo imparare da chi è diverso da noi, ma scegliamo di distruggerlo e di distruggerci.
E il tema dell'autodistruzione, dell'annientamento del sé, diventa palese nel momento in cui Kane (Oscar Isaac) prima e Lena (Natalie Portman) poi scelgono di eliminare un essere biologico identico a loro.
L'autodistruzione si compie quindi nel modo più evidente e illustrato possibile e accade senza un rimorso, senza un pensiero se non quello dell'autoconservazione: per salvare me stesso devo distruggere me stesso.
Annientamento è un fulgido esempio di come là fuori ci siano ancora persone in grado di raccontare storie originali in modo originale, senza bisogno di concessioni al basso profilo, senza la necessità di riprendere storie già viste, senza supereroi, senza buoni sentimenti a tutti i costi, senza scendere a vili compromessi con il mercato.
Tranne quegli ultimissimi due stacchi sugli sguardi dei protagonisti, forse troppo didascalici, forse non necessari e forse, questi sì, figli dell’esigenza di chiarire il chiaribile per non disorientare eccessivamente lo spettatore distratto.
Il film non è perfetto, ma ha tanta voglia di esserlo e ci prova.
E personalmente penso che il Cinema oggi abbia un disperato bisogno di film simili e di autori come Garland che, opera dopo opera, si sta imponendo come uno dei più interessanti sul panorama sci-fi contemporaneo.
...però toglietegli dalle mani il poro Oscar Isaac dato che è la seconda volta che gli riserva un destino infame: c'è il rischio che al prossimo film insieme l’attore diventi una sorta di spoiler con le gambe.
18 commenti
Gabri.G
6 anni fa
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Nicola Cozza
6 anni fa
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Nicola Cozza
6 anni fa
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Gaia Marchetti
6 anni fa
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Antonino Gandolfo
6 anni fa
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Numa Frik
6 anni fa
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Grazia173
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Charlie Shield
6 anni fa
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Samuel De Checchi
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Pfepfer
6 anni fa
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Pfepfer
6 anni fa
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Giacomo Covella
6 anni fa
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Lorenzo Piazza
6 anni fa
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Miriam Ricciardi
6 anni fa
E' sabato sera, non avevo nessuna uscita in programma e... ho trovato come impiegare il mio tempo.
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Teo Youssoufian
6 anni fa
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Teo Youssoufian
6 anni fa
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Teo Youssoufian
6 anni fa
così sai dove ce ne sono e dove non ce ne sono 😉
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