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La prima domanda che bisognerebbe porsi per capire la storia dei blockbuster riguarda sicuramente la nascita del termine. Il termine ''blockbuster'' era già diffuso nei paesi anglofoni durante i due conflitti mondiali.
Ai tempi indicava una bomba talmente potente da causare danni a un intero isolato. In inglese, infatti, il termine comune per indicare l’isolato è proprio ''block'', mentre ''bust'' indica un’azione simile alla rottura.
Questa parola è stata capace di sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale, entrando lentamente nel gergo comune non soltanto anglofono, ma mondiale.
In modo analogo al significato bellico, “blockbuster” viene oggi usato per identificare quella tipologia di film capace di soddisfare la domanda di un’ampia fetta di pubblico, fino a quel momento non intercettata da nessun altro prodotto.
Guardando i film statunitensi, si può notare come i casi in cui sia consono utilizzare il termine blockbuster siano molti in tutto il Novecento.
Un primo film che a posteriori si può identificare in questo modo è Via col Vento, leggendaria pellicola di Victor Fleming risalente al 1939, che ebbe un successo come nessun altro film prima.
Diversi decenni dopo si può trovare un altro esempio che calza a pennello con Tutti insieme appassionatamente (Robert Wise, 1964), altro film che riuscì a intercettare un’ampia fetta di pubblico.
Questi due lavori, logicamente insieme ad altri, crearono dei precedenti commerciali che fecero partire delle discussioni critiche sia sul Cinema che sulla società, riguardanti il perché alcuni film fossero in grado di riscuotere un così grande successo.
È con queste discussioni che una Hollywood ampiamente in crisi doveva confrontarsi.
[Via col Vento (Victor Fleming, 1939)]
Sulla fine degli anni ’60 la modernità e il cinema indipendente erano ormai dei fenomeni e delle realtà con cui le major dovevano confrontarsi, soprattutto quando queste tendenze sbarcarono anche negli Stati Uniti con pellicole come Il Laureato (Mike Nichols, 1967) o Easy Rider (Dennis Hopper, 1969), facendo nascere la cosiddetta New Hollywood.
Sono questi gli anni che segnano il definitivo tramonto della Hollywood classica, ma non per questo la sua morte.
Per contrastare la crisi, nuove figure di registi e sceneggiatori cercarono di dettare le basi per un nuovo cinema pop che potesse essere in grado di intercettare le masse.
Tutto ciò fu coadiuvato da nuove tecniche di produzione e distribuzione, le quali rifiutavano di finanziare un numero spropositatamente alto di film come avveniva fino a qualche decennio prima, in favore di meno pellicole ad alto budget.
Il primo blockbuster contemporaneo è senza dubbio Il padrino.
Probabilmente coloro che disdegnano i film commerciali, professando assoluta fedeltà nei confronti di un certo tipo di cinema d’autore, rabbrividiranno leggendo questa definizione per il capolavoro di Francis Ford Coppola datato 1972, ma la realtà è questa.
La logica produttiva de Il padrino è senza dubbio quella industriale moderna: una trama che parte da uno scenario ormai conosciuto tra il pubblico e in qualche modo capace di farlo sognare, come quello dei gangster movie, e il coinvolgimento di grandi star affermate e amate in tutto il mondo.
Sono queste due le regole più importanti a cui un blockbuster deve sottostare e fu proprio Il padrino, con l’immenso impatto culturale che ebbe in tutto il mondo occidentale, a metterle nero su bianco.
[Il Padrino (Francis Ford Coppola, 1972)]
Il film che però sancì il successo dei blockbuster, costituendone il perfetto prototipo, uscì qualche anno più tardi, nel 1975.
Si sta parlando de Lo Squalo, per la regia di Steven Spielberg.
Oltre alle caratteristiche precedentemente esposte, l’incredibile successo de Lo Squalo fu sancito anche dinamiche di distribuzione e di pubblicità per l’epoca incredibilmente rivoluzionarie.
Un primo punto fu l’uscita in contemporanea del romanzo di Peter Benchley, che ottenne un buon successo e da cui è tratto il soggetto per il film.
In seconda battuta, essenziale fu la distribuzione non su larga, ma su larghissima scala: il film uscì nel solo weekend di lancio in più di 400 sale, capitalizzando al massimo gli introiti nei primi giorni di distribuzione, oltre che ad aumentare sensibilmente il passaparola tra il pubblico, sempre più curioso di andare a vedere il film.
Infine, un ruolo centrale lo ebbe anche la campagna pubblicitaria: Lo Squalo fu il primo film a sperimentare la pubblicità in televisione, entrando di fatto nelle case di milioni e milioni di americani.
Queste tecniche, oggi ampiamente utilizzate, segnarono una rottura con tutte le precedenti logiche produttive e distributive nell’industria cinematografica dell’epoca, motivo per il quale ad oggi l’uscita di questo film è valutata dagli esperti come un punto centrale della Storia del Cinema.
Lo Squalo divenne il film con i maggiori incassi di sempre, superato solamente qualche anno dopo da un altro lavoro che rivoluzionò ancora una volta l’industria cinematografica: Guerre Stellari (George Lucas, 1977).
[Guerre Stellari (George Lucas, 1977)]
In conclusione, è lecito affermare che Lo Squalo ebbe successo in quanto fu costruito per avere successo, un unicum nella storia del cinema fino a quel momento.
Ciò fu determinante per l'affermazione del blockbuster come una delle forme espressive di maggior importanza nell’industria cinematografica post-moderna e contemporanea.
Ovviamente l’aderenza a certe logiche produttive industriali non vuole e non può togliere il valore artistico che certi prodotti oggettivamente possiedono, primi tra tutti proprio Il padrino e Lo Squalo.
L’estetica dei blockbuster è stata ampiamente studiata negli ultimi decenni.
Cercando di riassumere per quanto possibile nozioni anche complicate, si può affermare che l’estetica del blockbuster si costruisce essenzialmente su un perfetto equilibro tra momenti di narrazione e momenti di puro spettacolo, in grado di sospendere la narrazione per mettere in risalto delle vere e proprie attrazioni, capaci di lasciare lo spettatore a bocca aperta (effetti speciali, scontri fisici, battaglie, …).
Altro equilibrio importante è quello tra plot semplici e sottotesti narrativi e/o visivi più impegnativi, equilibrio capace da una parte di segnare il successo sul grande pubblico, dall’altra di dare dignità artistica alla pellicola.
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1 commento
Ettore Rocchi
4 anni fa
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