#articoli
La Loggia 35mm torna per portavi la terza e quarta parte del viaggio attraverso la monografia di David Lynch: nel primo appuntamente con la Loggia 35mm il focus era dedicato alle origini di David Lynch, al suo essere un eccentrico, e per certi versi ordinario, ragazzo del Montana spinto verso altri lidi da un vento inesplicabile, da sensazioni che fanno parte della natura di un uomo e che non possono essere insegnate o impresse.
Lynch, partendo da umili origini, studiando, anche in modo anarchico, e soffrendo le pene di una sfera sociale come quella di Filadelfia, decadente e in ribelle, ha trovato la strada verso il cinema in un modo inusuale.
Non è stato lui a scegliere il Cinema, ma il Cinema a suggerirsi come espediente utile alle sue intuizioni e ai suoi umori, spingendolo ad attraversare le maglie di una vita complessa e tormentata, combattendo con situazioni economiche al limite della povertà e uscendone infine vincitore morale, sconfitto eppure trionfante, ufficialmente parte di un movimento di storyteller cinefili e non più uno strambo ragazzo contraddistinto da stravaganti visioni.
[David Lynch e Anthony Hopkins sul set di Elephant Man]
In questo secondo appuntamento, invece, esploriamo il Lynch che, ancora lontano dalla fama, raccoglie i frutti di un lavoro enorme quale Eraserhead, trovandosi però costretto ad accantonare le sue influenze spirituali in quel progetto chiamato Ronnie Rocket, entrando in diretto contatto con il sistema Hollywood, divenendo regista prodigio per Elephant Man e promessa stellare mancata per Dune.
Una porzione della carriera del regista utile a ricostruire cosa significa, per un regista, fare un bel film a Hollywood e quali sono i rospi da dover ingoiare se si decide di giocare a un gioco affascinante ma indecifrabile per gli stessi addetti ai lavori.
Buona visione.
Cliccando qui potrete vedere la prima parte.
Qui trovate la quarta e ultima parte.