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Remake, sequel, reboot, film tratti dai fumetti, dai videogiochi, addirittura dalle app: cosa sta succedendo alla Settima Arte?
Il Cinema si avvia a compiere 124 anni di Storia il prossimo 28 dicembre, e in questo secolo e un quarto ha vissuto innumerevoli trasformazioni e rivoluzioni riuscendo sempre a stupire, emozionare, affascinare e spaventare il pubblico che entrava nella sala buia per vivere un sogno.
Nel Cinema hollywoodiano ci sono state correnti e tendenze che ne hanno caratterizzato i vari periodi storici: il comico, il western, il mélo, il cinema impegnato politicamente, il cinema d’azione… ma se dovessimo descrivere il periodo in cui stiamo vivendo credo che non ci sarebbe altra definizione se non quella di “cinema riciclato“.
L’idea del remake non è certo una novità e appartiene al cinema da sempre, basti pensare che il primo remake della Storia del Cinema risale all'anno successivo rispetto alla nascita del Cinema stesso: il "colpevole" fu Georges Méliès, che nel 1896 rifece un corto dei fratelli Lumière intitolato La Partita a Carte.
Finora sono stati realizzati quasi 900 remake, tra i quali possiamo ricordare film che sono diventati veri e propri cult come 13 Assassini o La Mosca, altri dove il successo del remake è stato tale da offuscare il film originario come La Fabbrica di Cioccolato o Ocean’s Eleven ed altri ancora che hanno fatto addirittura dimenticare i film precedenti come The Departed o Scarface.
E quest'anno abbiamo visto il successo ottenuto da A Star is Born, di Bradley Cooper con Lady Gaga: il film è in poche parole il remake di un remake di... un remake, dato che il primo A Star is Born è datato 1937, il primo remake arrivò nel 1954 - protagonista Judy Garland per la regia di George Cukor - e il secondo remake nel 1976 con Barbra Streisand.
Il remake in sé non è quindi quel mostro cattivo che si deve combattere a tutti i costi, anzi.
E non lo è nemmeno il sequel, sebbene ormai si sia sorpassato il migliaio.
Se i “numeri 2” (o 3, 4, 5…) ci regalano a volte opere come Il Padrino parte II, L’Impero Colpisce Ancora, Aliens, Terminator 2 o più recentemente Il Cavaliere Oscuro, Mad Max: Fury Road e Blade Runner 2049 - senza scomodare la trilogia de Il Signore degli Anelli dove a detta di chiunque i due sequel sono anche meglio del già ottimo primo film - allora ci rendiamo conto che non è il sequel in sé a dover preoccupare, ma la politica economica che c'è alla base della sua produzione.
Il problema nasce infatti nel momento in cui remake e sequel - e reboot, la nuova corrente del “cinema riciclato” degli anni ’10 - sembra essere l’unica forma di intrattenimento cinematografico che Hollywood è in grado di offrire.
Parlo di Hollywood perché è la fabbrica dei sogni per antonomasia ed è il cinema che anche in Italia incassa di più: nella stagione 2017/18 ai primi 20 posti del botteghino italiano troviamo ben 17 film di Hollywood e solo 3 film italiani: all'undicesimo posto Come un Gatto in Tangenziale, al dodicesimo A casa tutti bene e al sedicesimo Benedetta follia.
La stagione 2018/19 non dice molto di diverso, anzi: 16 film di Hollywood ai primi 20 posti del box office, con un film britannico al secondo posto - Bohemian Rhapsody - e tre film italiani che però sono un po' più in basso: il più alto in classifica è Amici come prima al sedicesimo posto e poi chiudono alle ultime due posizioni La befana vien di notte e 10 giorni senza mamma.
Se torniamo on topic e allarghiamo il discorso al botteghino mondiale le cose si fanno più chiare e risulta evidente che ci sia qualcosa di cui parlare: negli ultimi 10 anni la palma di Film più Visto al Mondo è andata per ben 9 volte ad un film facente parte di un franchise.
Vediamo la lista:
2019 - Avengers: Endgame
2018 - Avengers: Infinity War
2017 - Star Wars VIII - Gli Ultimi Jedi
2016 - Captain America: Civil War
2015 - Star Wars VII - Il Risveglio della Forza
2014 - Transformers 4 - L'era dell'estinzione
2013 - Frozen
2012 - The Avengers
2011 - Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2
2010 - Toy Story 3
Tutti e 10 i film hanno incassato più di un miliardo di dollari, in 3 casi hanno sorpassato anche i 2 miliardi.
Certo: il 2019 è ancora in corso, ma non penso che ci sia qualcuno convinto che Avengers: Endgame possa essere battuto da qui al 31 dicembre.
Se pensate che la malattia del sequel miliardario sia una cosa nuova basta andare ancora più indietro e vedere quali sono i film che hanno incassato di più al mondo nei dieci anni precedenti:
2009 - Avatar
2008 - Il Cavaliere Oscuro
2007 - Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo
2006 - Pirati dei Caraibi - La Maledizione del forziere fantasma
2005 - Harry Potter e il Calice di Fuoco
2004 - Shrek 2
2003 - Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re
2002 - Il Signore degli Anelli - Le Due Torri
2001 - Harry Potter e la Pietra Filosofale
2000 - Mission: Impossible 2
Notate qualcosa?
Negli ultimi vent'anni solo 2 film su 20 non erano parte di un franchise o di una saga: fuori dal novero ci sono solo Frozen e Avatar che però - e fa ridere a dirsi - hanno entrambi almeno un sequel in arrivo.
Come loro ne stanno per arrivare un altro centinaio circa.
Sequel già noti e in programma come quelli del Marvel Cinematic Universe o della saga dei personaggi DC, oppure remake di film che ben conosciamo: dai titoli più assurdi come La Pallottola Spuntata con Ed Helms, il dentista di Una Notte da Leoni che prende il posto di Leslie Nielsen, Splash! Una Sirena a Manhattan con Channing Tatum che sostituisce Daryl Hannah e fa il sirenetto (giuro) o ancora remake di film relativamente recenti come Sister Act, Stargate e Starship Troopers…
I remake live action dei Classici Disney in arrivo li conosciamo ormai quasi tutti, ma sono in preparazione anche i remake di Ace Ventura e dei Gremlins, di Navigator e di Flash Gordon fino ad arrivare a titoli che fanno spuntare un enorme punto interrogativo sulla testa di chiunque ami il Cinema come il remake di Memento, il remake de I Guerrieri della Notte, un nuovo remake di Scarface, e il remake de Gli Uccelli del Maestro Alfred Hitchcock che però diventerà... una serie televisiva per la BBC.
Se siete già tristi così mi sembra giusto rattristarvi ancora di più, e faccio un saltino indietro di qualche anno.
Il 1993 vide la nascita del primo film tratto da un videogioco: era Super Mario Bros, tratto da un mitologico gioco della Nintendo dal successo planetario.
Se noi italiani veniamo apostrofati all’estero con “Mamma mia!” sappiate che lo dobbiamo proprio a quell’ometto baffuto.
Il film con Bob Hoskins e John Leguizamo nei panni dei fratelli idraulici dalle italiche origini incassò meno della metà di quanto era costato, ma questo non frenò gli entusiasmi dei produttori statunitensi: fino alla fine del millennio scorso vennero prodotti altri 5 film tratti dai videogiochi.
E fin qui, niente di che.
Ma poi nel 2001 a qualche genio venne in mente di portare sul grande schermo la popputa Lara Croft di Tomb Raider, impersonata da Angelina Jolie: il film fece il botto, negli Stati Uniti rimase per un mese tra i dieci film più visti e ancora oggi è secondo nella classifica degli incassi USA dei film tratti da un videogioco (tra poco vi dirò qual è il primo).
Le bombe di Lara Croft - non fraintendete: intendo quelle che esplodono - funzionarono a tal punto che i film-tratti-da-videogames proliferarono e nel decennio successivo diventarono 20.
Nel decennio attuale, tra quelli già prodotti e quelli in preparazione, ce ne sono già almeno un’altra ventina; la cosa non accenna a diminuire, ma il dato eclatante non è tanto quello degli incassi, bensì quello della qualità.
Dal 1993 al 2019, da Super Mario Bros a Pokémon Detective Pikachu - che è il film che ha battuto gli incassi di Tomb Raider dopo 18 anni - la media voto più alta secondo l’aggregatore Rottentomatoes è un 68% proprio per il film doppiato da Ryan Reynolds - con una media voto del 6 - idem per Metacritic dove il film ha preso un 53 su 100.
Ed è l'unica e sola sufficienza, presa poche settimane fa.
Tutti gli altri film-tratti-da-videogames hanno medie voto improbabili fino ad arrivare all’imbarazzante 1% su Rotten e 9/100 (sì: nove su 100) su Metacritic ottenuto da Alone in the Dark, diretto da quel fenomeno in negativo di Uwe Boll, personaggio definibile anche solo con la risposta che la Blizzard Entertainment gli diede quando fece sapere di essere interessato a dirigere Warcraft:
“Non venderemo i diritti del film, non a te… anzi: soprattutto non a te.“
Ma il citato Warcraft, pur con la critica sfavorevole, ha portato in cassa quasi mezzo miliardo di dollari e il film precedente al campione del box office Pikachu è andato comunque bene: Rampage con Dwayne 'The Rock' Johnson ha incassato nel mondo 428 milioni di dollari, costandone 120.
Metto un ultimo carico sul già pesante fardello, e vi dico che è in pre-produzione il film su Fruit Ninja: il popolare giochino dove devi tagliare della frutta volante affettandola con le dita sul touchscreen dei dispositivi mobili.
Si accettano scommesse sulla trama.
Guardando i dati è facile capire perché i grandi studios non abbiano più voglia di rischiare: affidandosi ad un brand già noto - che sia questo un libro, un fumetto, un gioco o un film già fatto in passato - non c’è bisogno di ulteriore promozione perché il pubblico esiste già.
Se produco un film da un videogioco di successo, ho la certezza che almeno tutti i videogiocatori andranno a vederlo e che saranno loro a fare promozione via internet, alimentando l’hype sui social network mesi prima dell’uscita del film senza che debba spendere cifre enormi in pubblicità.
Senza contare gli enormi introiti derivanti dall'ovvio mercandising legato al film.
Se produco un sequel o un prequel di un film di successo non ho bisogno di farti innamorare del personaggio prima che tu veda il film, non mi serve convincerti che sia qualcuno di cui valga la pena seguire le avventure, perché il personaggio tu lo conosci già e sei curioso di vedere le sue nuove gesta, o di conoscere il suo passato.
Una frase agghiacciante è stata pronunciata qualche anno fa da Jay Rasulo, direttore finanziario della Disney - che non è solo la casa di Topolino, ma è attualmente il più grosso studio cinematografico che oggi ha in mano la Pixar, la Marvel, la Lucasfilm e la Fox: robetta, insomma, ma lo vedremo nel dettaglio tra poco - ed era la seguente
“Unless it’s a franchise, Disney isn’t all that interested in pursuing big live-action films“, ovvero
“Non siamo interessati ad avviare grosse produzioni a meno che non si tratti di film che possano diventare un franchise“.
Quindi sequel su sequel, altrimenti ciccia: non metto un dollaro.
E se la Disney pensa una cosa del genere, state pur sicuri che gli altri pesci più piccoli, dalla Universal in giù, non si azzarderanno a fare mosse tanto più lontane di quella.
Economicamente parlando l’operazione ha un senso: in un sistema capitalistico non si possono certo condannare le aziende perché vogliono fare profitto, ma la domanda secondo me che ci si dovrebbe porre è
Quali film non vengono prodotti al posto dell’ennesimo remake/sequel/reboot?
Se dopo l’incredibile successo del primo film Steven Spielberg fosse stato costretto a girare immediatamente un sequel de Lo Squalo avremmo forse avuto Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo?
E se dopo il primo Alien avessero imposto a Ridley Scott di girarne il seguito avremmo avuto Blade Runner?
Non lo sappiamo, come non sappiamo cosa ci stiamo perdendo in questi anni, aggrediti come siamo da prodotti sempre più uguali a loro stessi in un Cinema che sembra rincorrere a tutti i costi la serialità televisiva e quell’affezione verso il personaggio che il pubblico è ormai in grado di provare solo davanti ad una serie.
O ad una saga cinematografica.
Ma in fin dei conti siamo proprio noi, il pubblico, che sta decretando il successo di questi film.
Dati alla mano, quando esce un numero 2, 3, 4 o addirittura 8 come nel caso di Fast & Furious corriamo in massa ad affollare le sale.
Con 1 miliardo e 200 milioni di dollari, Fast & Furious 8 ha incassato poco meno del suo predecessore che con 1 miliardo e mezzo si trova oggi al 9° posto dei film più remunerativi di sempre: in 8 film la saga ha incassato 5 miliardi e mezzo, e non è ancora finita dato che quest'anno è uscito lo spin off Hobbs & Shaw che pare avrà - indovinate? - il suo bel sequel.
I remake live action Disney vengono spesso criticati, eppure tra gli ultimi 6 che sono usciti solo il remake di Dumbo by Tim Burton non ha soddisfatto le aspettative: Cenerentola, Il Libro della Giungla, La Bella e la Bestia, Aladdin e Il Re Leone hanno portato nelle casse di Burbank quasi 5 miliardi di dollari.
Siamo noi che alimentiamo la bestia, dunque.
Ma siamo sempre noi che possiamo metterla a dieta.
Il reboot di Ghostbusters del 2016, nonostante un incasso globale di 229 milioni di dollari, per Sony è stato un flop e ha decretato lo stop alla produzione del già annunciato sequel.
Il reboot al femminile Ocean's 8 è stato il peggiore incasso dei quattro film della serie "Ocean", il cui primo film tra l'altro... era un remake.
Quindi, insomma: è vero che corriamo in sala a vedere i remake, i sequel e i reboot, ma è anche vero che non ci beviamo proprio qualsiasi cosa.
Il mercato oggi è saldamente in mano a Disney: se riguardate la classifica relativa agli ultimi 10 anni noterete che 8 dei 10 film più visti sono distribuiti Buena Vista, gli unici due fuori da lì sono Harry Potter che è in mano a Warner e i Transformers che sono Paramount.
In quanto proprietaria delle IP legate a Marvel e Star Wars, e con in mano adesso tutte quelle Fox, Disney nel 2019 ha già più che raddoppiato la sua quota di mercato dal 2014: per quanto riguarda gli USA oggi ha in mano il 35,3% degli incassi totali, la seguono a distanza siderale Universal, Warner Bros e Sony, rispettivamente con il... 13,9%, 12,8% e 11,6%.
E questo risultato Disney lo ha ottenuto grazie a 10 film.
Per arrivare a meno della metà, Universal deve calcolare gli incassi di 19 film, Warner di ben 26 e Sony di 17.
Sempre la Casa del Topo ha fatto segnare due record impressionanti quest'estate: 5 dei suoi film hanno sorpassato il miliardo di incassi e ha raggiunto un totale di quasi 8 miliardi di dollari nel mondo.
Ad agosto.
Quando ancora deve uscire il prossimo film di Star Wars.
State pur certi che la strada è perciò prevedibile: i franchise domineranno il mercato ancora per un po', almeno fino a quando faranno esplodere i botteghini ad ogni nuova uscita.
Ma in mezzo a queste cifre esagerate esiste anche un altro tipo di Cinema.
Se è vero che i grandi Studios puntano su sequel e remake perché giocano sul velluto, esistono molte case di produzione e distribuzione più piccole che invece sperimentano, provano, tentano altre strade, scommettono su autori che altrove non avrebbero spazio.
Negli ultimi tempi, stando semplicemente su Hollywood, cito la A24 con i film di Robert Eggers, Ari Aster, Yorgos Lanthimos, il cui primo film prodotto e non solo distribuito è stato Moonlight, che ha poi vinto l'Oscar come Miglior Film a discapito di La La Land - in una serata che tutti ci ricordiamo.
O la Blumhouse, specializzata nell'horror ma che nel 2014 ha puntato su Damien Chazelle e il suo Whiplash assieme alla Bold Films, responsabile americana della produzione di Drive e The Neon Demon, entrambi film di Nicolas Winding Refn.
O ancora la Indian Paintbrush, dietro alla produzione di Quel fantastico peggior anno della mia vita e degli ultimi 5 film di Wes Anderson, compreso il prossimo The French Dispatch; oppure la FilmNation, che ha prodotto il giallo di Rian Johnson Knives Out e che in passato ha partecipato alla produzione di The Imitation Game, Room, Café Society, Arrival, The Founder...
Tutti film che non sono né remake, né sequel, né reboot.
Tutti film che presentano comunque nomi altisonanti in regia o nel cast e tutti apprezzati da critica e pubblico.
Non esistono solo le grandi major, il Cinema non è morto e non è nemmeno moribondo: semplicemente gli incassi miliardari si stanno concentrando su pochissimi prodotti anziché venire distribuiti su più titoli.
Ma i titoli altri ci sono eccome.
Sta a noi premiarli.
L’era del “cinema riciclato” può avere un termine o, almeno, ridimensionarsi.
Vedremo cosa succederà con i prossimi Marvel movies dopo la scorpacciata di supereroi che gli ultimi film ci hanno presentato, e vedremo come sarà accolto il nono capitolo di quelle Guerre Stellari che per il grande pubblico sembrano aver perso un po' dello smalto originale.
Ma in ogni caso, quando sentiremo la notizia di un ennesimo sequel, o remake, o reboot, o prequel, o remake del remake del remake... non lamentiamoci: abbiamo dalla nostra una meravigliosa opportunità chiamata "scelta".
Scegliamo di premiare in sala ciò che più ci piace e non ciò che "va visto per forza per parlarne con gli amici".
Andiamo a sostenere e supportare quel Cinema che abbiamo tanta paura possa scomparire, sovrastato dai superpoteri e dai supermiliardi.
E parafrasando un presidente degli Stati Uniti che era in qualche modo legato al mondo del Cinema tanto da ricevere gli auguri di compleanno da Marilyn Monroe, dovremmo chiederci non tanto cosa può fare Hollywood per noi, ma… cosa possiamo fare noi per Hollywood.
Perché nel periodo storico in cui sembra che non ci siano più idee ce ne sono invece a decine, ma sono semplicemente meno esposte: siamo noi, il pubblico, gli spettatori, gli appassionati, a doverle cercare e valorizzare.
E in questo modo avremo una piccolissima parte attiva in tutto il processo di produzione e distribuzione... non è bellissimo?
[articolo rielaborato, riveduto, corretto ed aggiornato da un mio articolo del 2016]
2 commenti
Giorgia Leonardi
5 anni fa
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Benito Sgarlato
5 anni fa
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