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L'attesissimo ''remake'' di Suspiria, diretto da Luca Guadagnino e in concorso alla 75ª Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, è entrato nelle nostre sale sfondando la porta a calci.
Un fiume di parole, di temi, di citazioni, danze sono defluiti con prepotenza lasciando tramortiti gli spettatori.
Seppur oggi sia difficile ragionare sull'impatto di questo film per i posteri, ciò che è certo è che questo è un'opera fortemente autoriale e questo, nell'era dei remake shot for shot e degli impacchettamenti di film già di successo per il pubblico americano, non può che rappresentare una nota di merito.
Questo Suspiria trasuda Luca Guadagnino da ogni poro.
La mitologia di Dario Argento, regista del Suspiria del 1977 scritto con Daria Nicolodi e fotografato da Luciano Tovoli, è rispettata ma il film viaggia su binari differenti, levigato secondo il gusto e la sensibilità dello spettatore moderno che è assuefatto dalle storie d'orrore fine a se stesse.
Avevamo già visto questo approccio moderno e autoriale all'horror con The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, un altro nano sulle spalle del gigante di Dario Argento, con la sua volontà di stratificare e arricchire quella che, a detta dello stesso Refn, è una storia di stregoneria.
[Trailer internazionale di Suspiria]
Il film inizia, come il suo predecessore, con Patricia (Chloë Grace Moretz) in fuga questa volta non nella Selva Nera ma nello studio di uno psicoterapeuta di nome Josef Klemperer (Tilda Swinton, in questo film all'apice del suo trasformismo).
Siamo a Berlino, e non a Friburgo, piovosa metropoli ancora profondamente lacerata dallo spettro del nazismo, divisa dal muro, e nella quale si affaccia un'altra minaccia dai riscontri oscuri: il terrorismo.
È il 1977, l'anno di uscita del film di Dario Argento.
Patricia è l'esempio di quanto sia importante per Guadagnino il filo sottile, ma non troppo, che lega la storia di magia con il contesto storico; la ragazza infatti desidera utilizzare i suoi poteri a scopi politici, ma la pericolosità e l'impatto dell'ignoto è troppo grande per una semplice ballerina con degli ideali.
Quando entra in scena la protagonista Susie Bannion (Dakota Johnson) pare di vedere una riproposizione della Christiane F. di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino più che la quasi omonima Susy Benner dell'opera originale, con il suo viso pallido incorniciato da lunghi capelli rossi divisi dalla riga al centro.
Susie non è figlia d'arte come la Susy dell'originale ma è una reietta, la pecora nera di una comunità amish, fondamentalista e tradizionalista fino al midollo.
È una volontà di ferro a spingere Susie fino a Berlino, in una società in divenire che permette la crescita dal basso.
Non è timida, bensì è consapevole del suo talento.
La prestigiosa compagnia di ballo Markos Tanz Company non si occupa più di danza classica ma contemporanea, l'edificio è austero nel bel mezzo della città, il Male non è il pericolo nei boschi o nei luoghi remoti in cui ci è sconsigliato di recarci soli fin da bambini.
Il Male è, come si suol dire, l'elefante nella stanza.
Suspiria è un film sul sonno della ragione che genera mostri:
Susie diventa la strega che la sua comunità amish l'ha sempre accusata di essere, così come le sacrosante rivendicazioni proletarie sfociano nella violenza, la danza come forma di riappropriazione del proprio corpo diventa l'esposizione viscerale di istinti arcani che non hanno nulla a che vedere con l'armonia, la proporzione e l'etica nell'arte.
Suspiria Suspiria Suspiria
Suspiria è anche un film sulla colpa: la colpa degli uomini nei confronti delle donne, del mascolino razionale che ha sempre mirato a zittire il femminino "magico", da sempre considerata una forza ancestrale tanto incomprensibile in un mondo in cui le regole vengono scritte da maschi.
Femmina è la terra che feconda e che distrugge, il principio entropico per cui nascita e morte sono inarrestabili, in contrapposizione alle divinità dogmatiche, che rappresentano una visione maschile di ordine e sicurezza.
Nella psicologia di Carl Gustav Jung la Grande Madre è un archetipo creatore e distruttore.
Viene inoltre esplicitamente detto che la scuola di danza durante la Seconda Guerra Mondiale è stata una comfort zone per tutte quelle donne che desideravano continuare a essere loro stesse piuttosto che uteri pronti a sfornare figli da mandare in guerra per onor di patria.
Sono accennati i rapporti nella congrega, la rivalità tra Markòs e Blanc (di nuovo Tilda Swinton) per il comando, le baruffe amministrative, le cene condivise.
Le streghe sono figure troppo gentili e divertenti per non essere grottesche, tanto da ricordarmi a primo acchito i viziosi e inquietantissimi spiriti de L'ora del lupo di Ingmar Bergman.
Blanc è diversa, riesce a instaurare un rapporto con le ballerine oltre la semplice convenienza.
Forse è proprio la sensibilità che si esplica non solo tramite le sue coreografie ma anche tramite una forma, per quanto deviata e deviante, di affetto e preoccupazione a permettere a Mater Suspiriorum di prendere coscienza di se stessa.
Blanc accompagna Susie nel suo percorso, come la madre con una figlia, affinché Susie a sua volta sia pronta a diventare madre, in un'ottica di miglioramento di generazione in generazione.
La Madre è orrore, ma anche amore, ed è questo che le streghe dimenticano troppo impegnate nelle loro meschinità spicciole giornaliere.
Suspiria Suspiria Suspiria
La colpa è anche quella di Josef Klemperer che non è riuscito a salvare l'amatissima moglie dalla deportazione nei campi di concentramento e che vivrà tutta la vita il peso di questo dolore.
Josef rappresenta il senso di colpa collettivo del popolo tedesco nei confronti dell'Olocausto e dell'uomo psicoterapeuta e razionale nei confronti della donna, i cui timori e desideri vengono fin troppo spesso sottovalutati e spacciati per isteria.
Eppure Josef è una figura positiva, la sua colpa merita redenzione: nel finale si riconcilia con Susie ormai conscia dei suoi poteri, che gli concede una tregua definitiva dal dolore.
È una forma di riconciliazione non solo tra uomo e donna, ma fra anziano e giovane, fra razionalità e inconscio.
Suspiria Suspiria Suspiria
La fotografia di Luciano Tovoli che ha reso celebre il film di Argento, così come l'ambientazione estrosa e coloratissima teatro delle vicende nel film originale, lasciano spazio a una scenografia più claustrofobica e a un maggiore grigiore, contrapposto al rosso vivo del sangue.
Sangue che, nonostante le velleità intellettuali abbiano soppiantato le radici thriller del Suspiria originale, scorre abbondantemente insieme a urina, sudore, ossa rotte, vomito.
Non soltanto nel sabbah, in cui il film torna improvvisamente sui binari del cinema di genere più canonico, ma nel corso di tutto il film.
Le coreografie sono ispirate, non a caso, a quelle di Pina Bausch, che fu tra i fondatori del Tanztheatre, cioè del teatro-danza d'avanguardia negli anni '70.
Berlino non è solo colpa e rivolte, ma anche un luogo in cui la creatività e la modernità è pronta ad esplodere, culla dell'arte contemporanea, arricchita dall'inquietudine del presente e dagli spettri del passato.
La vera magia della danza sta nell'influenzare gli altri, senza la necessità della parola scritta o orale.
La danza e la musica sono bypass per l'inconscio, senza intermediari. Ed è questo collegamento essenziale ma arcano a far più paura.
Guadagnino ce ne parla usando l'horror come un potente mezzo e non solo come fine.
La colonna sonore è sibillina e languida, non esplode mai come quella dei Goblin nell'originale e Thom Yorke, frontman dei Radiohead nella sua prima impresa cinematografica, è riuscito a suggerire la tristezza oltre l'orrore che il film ci comunica in più frangenti.
Concludendo, il Suspiria di Luca Guadagnino potrebbe essere tacciato di pretenziositá, di intellettualismo forzato, di una durata inutilmente eccessiva, ma vale a mio avviso la visione: non solo per il coraggio nel paragonarsi a un mostro sacro dell'horror nostrano e mondiale, ma anche per vedere interpretazioni davvero ottime da parte di attrici di cui ritenevamo impossibile averne una, come Dakota Johnson e Chloë Grace Moretz.
Moretz, come Josef, ha avuto la sua redenzione dopo aver interpretato Carrie in uno dei remake... più "diversamente meritevoli" della Storia del Cinema.
E anche questo non è poco.
Quante volte sei caduto in trappola per colpa di un titolo clickbait che poi ti ha portato a un articolo che non diceva nulla? Da noi non succederà mai.
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21 commenti
Davide Sciacca
5 anni fa
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Claudio Bertelle
5 anni fa
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Davide Sciacca
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Davide Sciacca
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Claudio Serena
5 anni fa
Poi, come è giusto che sia, restiamo su pareri opposti 😁
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
Il concetto di Male non è astratto, non sono le entità il Male, ma il fondamentalismo, l'indifferenza, la meschinità. Le streghe sono malvagie (o buone) nella misura in cui lo è la società. Poi d'altra parte nessuna mi sembra un tripudio di bontá. Agiscono tutte secondo le proprie convinzioni piuttosto che secondo la morale.
A me è piaciuta la figura del terapeuta perché è l'occhio esterno alla vicenda. Appartiene al territorio e alla storia. Personalmente l'ho trovato azzeccato.
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Claudio Serena
5 anni fa
La mia domanda è sul "perché" abbia fatto queste scelte.
Perché voler rappresentare le streghe come entità anche positive? Perché questa scelta così contraria sia al credo comune che a ciò che viene raccontato nel film di Argento? Ha voluto porre una questione sui pregiudizi? Sul fatto di giudicare le persone in base a preconcetti, o al comportamento della maggior parte della comunità a cui appartiene?
Invece sulla scelta di dedicare così tanto tempo, e tutto il finale, sulla figura dello psichiatra il mio "perché?" è più di stampo "non capisco questa scelta che non condivido", quindi me ne chiedo la ragione.
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Lorenza Guerra
5 anni fa
Sulle streghe anche penso di essermi più o meno spiegata, Blanc è una strega moderna, abbraccia ciò che nel concetto di Madre è anche amore oltre che distruzione. E' lei l'unica mentore di Mater Suspiriorum, infatti le altre mantengono un certo distacco dalle ragazze.
Almeno a me è sembrato così ecco
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Fabio Mazzola
5 anni fa
Penso che volesse farci intendere che sono i ricordi a definire una persona.
Quindi in realtà ciò che fa mater Suspiriorum alla fine è qualcosa di tremendamente terribile, distrugge l'umanità del professore.
Ma quella inquadratura finale, non so...ha un qualcosa di romantico, come se volesse dirci che nonostante la cancellazione della memoria quella relazione è esistita e nessuno potrà dire di no.
Oppure boh, era un riferimento all'Olocausto.
Oppure ciò che ha fatto Susie è come dici tu, un atto molto "umano".
Comunque riguardo alla idea della strega che vuole dare secondo me è come dice l'analisi sopra, non sono né buone né cattive.
In particolare modo mater sospiriorum che è un essere al di sopra della morale.
Spero di non averti confuso più di prima 😂😂
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Davide Sciacca
5 anni fa
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Fabio Mazzola
5 anni fa
Spero di leggere la recensione di Ralph spaccainternet, poiché ci ho visto, tra le righe, parecchio materiale su cui discutere.
Film, da quel punto di vista, eccezionale!
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Lorenza Guerra
5 anni fa
Comunque grazie mille :3
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Federico Rossato
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
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Lorenza Guerra
5 anni fa
Secondo me nel film ci sono un sacco di simboli e citazioni che non ho compreso. Ho provato solo a dare un ordine a quello che ho capito
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