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Il Seeyousound International Music Film Festival, giunto alla sua XI edizione e in scena a Torino proprio in questi giorni (21-28 febbraio), dedica la rassegna fuori concorso Rising Sound a figure di spicco della scena musicale che si sono distinte per autenticità e originalità e la cui attività musicale rappresenta una forma di resistenza.
Tra queste figure spicca quella di Garland Jeffreys, intorno a cui ruota il documentario The King of In Between, diretto dalla moglie Claire Jeffreys.
[Il trailer del documentario Garland Jeffreys: The King of In Between, presentato in anteprima all'11° Seeyousound International Music Film Festival]
The King of In Between ricostruisce la carriera del cantautore statunitense, che nelle sue canzoni parla di disuguaglianza e che ha pagato la propria originalità con l’indifferenza dell’industria discografica.
È lo stesso Jeffreys a definirsi "The King of In Between" nell’omonimo album del 2011: il re di un crocevia di culture, di una zona di mezzo che non appartiene a nessuno.
Cresciuto in un quartiere multiculturale di Brooklyn abitato principalmente da ebrei, italiani e cinesi, nelle vene di Jeffreys scorre sangue portoricano, afroamericano e nativo americano.
Jeffreys incarna il multiculturalismo tipico della cultura nordamericana nella propria musica: dal sound blues del suo primo album solista Garland Jeffreys, di cui assaporiamo la graffiante Calcutta Monsoon e il reggae di Bound to Get Ahead Someday, attraverso le feroci note rock di Wild in the Streets (divenuta un autentico inno punk nella cover dei Circle Jerks) e Don't Call Me Buckwheat, che portano sulla scena la sua personale protesta contro le disuguaglianze, fino alla hit di successo Matador.
La musica di Garland Jeffreys non si ripete mai, spazia da un genere all’altro, sfuggendo alle classificazioni di un’industria discografica che ha bisogno di etichettare i fenomeni musicali per poterli vendere.
Garland Jeffreys è un artista travagliato ma libero: così libero che scrive solo quando ha davvero qualcosa da dire, tanto da far passare anni tra un album e l’altro; così libero che non ha paura di ritirarsi dalle scene pubbliche per dedicarsi alla figlia appena nata.
In The King of In Between, la ricostruzione della carriera di Garland Jeffreys passa attraverso la testimonianza di autorevoli musicisti che lo hanno stimato, come Laurie Anderson, Alejandro Escovedo e Bruce Springsteen, che nel film definisce Jeffreys uno dei più grandi performer viventi e che l’ha voluto sul palco con sé a cantare New York Skyline in un concerto del 2001, l'anno degli attentati al World Trade Center.
In The King of In Between, filmati d’archivio di Jeffreys sono alternati a immagini del cantautore oggi, mentre è con la famiglia, nel suo appartamento di New York, o mentre racconta aneddoti sulla sua vita di musicista.
Questo ci permette di conoscere il lato più intimo di Jeffreys, l’autenticità che ha dettato le sue scelte, ma anche la sofferenza provata nel non vedersi mai adeguatamente riconosciuto.
[Una foto di Garland Jeffreys tratta dal documentario The King of In Between, presentato in anteprima all'11° Seeyousound International Music Film Festival]
Se gli Stati Uniti sono stati una "matrigna" per Garland Jeffreys, che non si è mai sentito del tutto accolto in patria, sono stati però anche il rifugio di un’altra artista, anch’essa rifiutata dal suo paese d’origine.
"Tutti gli esseri umani sono portatori di una forza anche se non ne sono consapevoli": questa la citazione che apre il documentario Googoosh: Made of Fire, diretto da Niloufar Taghizadeh (ospite del Seeyousound il 24 febbraio). Il film racconta la commovente storia di Googoosh, diva del cinema e della musica iraniana, divenuta poi simbolo della lotta per la libertà.
[Il trailer del documentario Googoosh: Made of Fire, presentato in anteprima all'11° Seeyousound International Music Film Festival]
Googoosh: Made of Fire si articola attraverso due linee narrative.
La prima si apre all’indomani dell’uccisione di Mahsa Amini nel settembre del 2022 e racconta l’attiva partecipazione di Googoosh alle protesta delle giovani iraniane.
Seguiamo così la musicista nel progetto musicale Dobareh, che la porta a scrivere una canzone in collaborazione con il regista e poeta Raha Etemadi e il musicista Babak Sacedi per dare voce, dall'esilio, alla speranza di altre artiste iraniane.
La seconda e più corposa linea narrativa di Googoosh: Made of Fire consiste in una lunga intervista all’artista nella sua casa di Los Angeles, dove attualmente vive, alternata a foto e filmati d’archivio.
Googoosh racconta la sua vita a partire dalla nascita in una Teheran molto diversa da quella attuale, parla del suo strano nome (non iraniano ma armeno, e per giunta maschile) e di un’infanzia trascorsa sempre in tour con il padre, che l’ha portata a esibirsi anche davanti allo scià Mohammad Reza Pahlavi.
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In Googoosh: Made of Fire, l'artista racconta di come si sentisse viva solo sul palcoscenico: Googoosh parla dei propri matrimoni infelici e del successo che l’ha consacrata come prima grande artista pop iraniana, fino alla rivoluzione islamica del 1979, che ha imposto una brusca battuta d'arresto alla sua carriera.
Da quel momento, un lungo e opprimente silenzio, a cui Googoosh è stata costretta per 21 anni da un regime che non ammette la musica e l’arte.
La sua voce aveva però ancora molto da dire, così l'artista ha lasciato l'Iran riuscendo a fuggire negli Stati Uniti.
[Googoosh si esibisce dal vivo in una scena tratta dal documentario Googoosh: Made of Fire, presentato in anteprima all'11° Seeyousound International Music Film Festival]
"Ho bevuto tutta l’acqua che avevo in casa, non so perché l’ho fatto, avevo come il pensiero che quell’acqua, il sapore della mia acqua non l’avrei mai più sentito", racconta Googoosh con la voce rotta dalla commozione, descrivendo il giorno della sua partenza dall’Iran, certa che non sarebbe mai più tornata.
In due momenti del documentario, la regista inserisce un omaggio alle vittime del regime: nel primo, elenca alcuni famosi artisti costretti all’esilio o al silenzio, con la confisca dei loro beni; nel secondo, al termine del documentario, sono menzionati alcuni dei giovani, ai giorni nostri, che hanno pagato con la propria vita le proteste.
Googoosh: Made of Fire è un inno di amore all’Iran da parte di una sua figlia e un canto di speranza nel suo futuro ancora da scrivere.
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