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Conclave è il nuovo film di Edward Berger con Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini, scritto da Peter Straughan e distribuito in Italia da Eagle Pictures.
Conclave è un film che mostra, a mio avviso, tutti i limiti del regista austriaco.
Seppur aiutato dal materiale di partenza - l’omonimo romanzo di Richard Harris - l’impianto narrativo di Conclave appare esile e più interessato a intercettare i timori dell'ascesa dell’ombra conservatrice europea che a uno sviluppo di una sceneggiatura tenuta in piedi esclusivamente dai ripetuti colpi di scena.
[Il trailer di Conclave]
A risaltare è invece la capacità di Berger di scegliere progetti in grado di mostrare le ansie del mondo occidentale per il futuro che verrà, come quando adattò nel 2022 il romanzo di Erich Maria Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale nel mezzo dello scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia.
Conclave abbandona il muscolarismo estetico del film vincitore del Premio Oscar 2022 come Miglior Film Internazionale - che tradiva la natura pacifista del romanzo - per abbracciare invece un’idea di Cinema più ancorata a un canonico thriller morale, dove è il dialogo a esser protagonista.
Bisbigli e sotterfugi vestono gli abiti talari dei cardinali chiamati a riunirsi dopo la morte del Papa; il trono è vacante e il potere per dare una direzione politica alla curia ha due pretendenti: da una parte l’ala conservatrice che vorrebbe riportare la chiesa a un’idea ultra tradizionalista della religione, dall’altra un segmento più liberale che guarda al progresso, avvelenato però dalla necessità di prevaricare l’altra fazione ad ogni costo.
[Il personaggio di Isabella Rossellini, seppur con un ridotto screen time, risulta tra i migliori del film]
A gestire le elezioni del nuovo papa c’è il cardinale Lawrence (Ralph Fiennes), che guida lo spettatore in un'indagine volta a smascherare i vari segreti in cui i pretendenti al trono sono coinvolti.
Se dunque la base per alimentare un discorso sulla società contemporanea e, perciò, sulla politica era promettente, Edward Berger sceglie di limitare l’andamento di Conclave verso lidi rassicuranti.
Nel film non c’è mai una scelta narrativa o estetica in grado di mettere in difficoltà le convinzioni del cardinale Lawrence - e, di riflesso, dello spettatore - perché ogni personaggio è colpevole di qualche peccato non rivelato tra le mura anguste del confessionale.
Il risultato che ne deriva è una ripetizione continua delle stesse formule narrative fino a un finale che, per quanto interessante nell’idea, non è incisivo nella sua ambizione politica. Le ombre scurissime che si fondono con il nero degli abiti dei cardinali hanno dunque il sapore di una programmaticità algoritmica calibrata a misura di intrattenimento.
Così facendo Conclave si rivela, a mio avviso, un mezzo passo falso proprio perché nella sua urgenza contemporanea non ha il respiro necessario per affondare concretamente nelle problematiche che sceglie di affrontare solo di facciata.
[Sergio Castellitto in Conclave interpreta il cardinale Tedesco]
A trainare perciò il film sono gli interpreti principali, tutti in stato di grazia, su cui spicca un Sergio Castellitto volutamente sopra le righe e irresistibile nella sua meschinità.
La mano registica di Berger però, oltre alla buona direzione attoriale, scompare tra le mura Vaticane.
L’omelia di Conclave ha l’eco del già visto e sentito, finendo nel marasma di thriller utili a passare una serata senza pretese.
Morto un Papa se ne fa un altro.
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