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Anora, o meglio Ani o, ancora, Mikey Madison: qualsiasi sia la vostra scelta, rimangono nomi che non dimenticherete facilmente.
L'ottavo film di Sean Baker arriva finalmente nelle nostre sale dopo aver stregato la giuria del 77° Festival di Cannes, che ha premiato con la Palma d'oro l'opera fin qui più ambiziosa (produttivamente e artisticamente) di uno dei filmmaker più influenti e innovativi del Cinema indipendente contemporaneo.
Un autore che con Anora continua ad ampliare i confini del proprio Cinema rimanendo fedele alla sua poetica e ai temi e personaggi che gli sono più cari: gli umili eroi rimasti all'ombra dell'American Dream.
[Il trailer ufficiale di Anora, nelle sale italiane grazie a Universal]
Anora (ma, appunto, lei preferisce Ani) è una giovane ragazza di origini russe di New York che si esibisce come spogliarellista al night club Headquarter di Brooklyn: intelligente, spigliata e combattiva, è tra le ragazze più richieste tra i facoltosi avventori del locale.
Proprio in virtù della sua conoscenza del russo, il manager dell'Headquarter getta Ani tra le braccia di Vanya (o Ivan, come preferisce farsi chiamare), giovane rampollo dell'impero economico di un magnate moscovita.
L'irresponsabile e ricchissimo Ivan si prende un'infatuazione per Ani e la ingaggia come sua personale escort, con la ragazza che accetta volentieri, attratta dalle disponibilità illimitate del ragazzo; tra i due però nasce presto un rapporto più profondo e Ivan, che non vuole tornare in Russia per lavorare nelle aziende del padre, chiede ad Ani di sposarlo per ottenere la Green Card e la possibilità di rimanere negli Stati Uniti.
Per la ragazza sembra l'inizio di un amore da favola, ma i due piccioncini non hanno fatto i conti con la famiglia di Ivan e i suoi scagnozzi, decisi ad annullare il matrimonio a ogni costo: i lieto fine esisteranno anche nella realtà?
[Mikey Madison è la straordinaria protagonista di Anora di Sean Baker]
In Anora Sean Baker torna a esplorare la vacuità e la dura realtà celata dietro alla patina di lustrini del sogno americano, concentrandosi nuovamente su temi come quello dell'instabilità finanziaria, il contrasto tra povertà e ricchezza e le difficili condizioni di vita degli ultimi, in questo caso raccontando la storia di una sex worker, come già in Tangerine e in Red Rocket, sua opera precedente.
Come nelle opere precedenti, anche in Anora Baker mette in scena la dignità, i fallimenti e i difetti dei suoi personaggi con grande empatia e senza giudizio, offrendo uno sguardo realistico e umano sulle loro vite e condendolo con dosi massicce di umorismo e trovate originali.
La poetica di Baker, infatti, si distingue per l'abilità di raccontare vicende di ispirazione neorealista, caratterizzate da una leggerezza che attenua il dramma senza mai sminuirne il senso di urgenza, adottando situazioni e soluzioni tipiche del Cinema di genere, rendendole proprie attraverso uno stile unico e inconfondibile.
Mikey Madison nel ruolo di Anora è l'indiscusso centro di gravità del film: le scene in cui non è presente si contano sulle dita di una mano e la macchina da presa di Drew Daniels la segue ovunque.
Di notte, al lavoro, appare bellissima e seducente, circondata da clienti ammaliati e colleghe gelose; di giorno, stanca e in abiti comodi, affronta problemi quotidiani come dimenticarsi di comprare il latte.
Nel ruolo titolare Mikey Madison regala una performance memorabile: vitale, feroce e senza paura, il suo ritratto di Anora fa venire alla mente la prova tanto vituperata di Elizabeth Berkley in Showgirls di Paul Verhoeven, ma qui con il plauso e il timbro del palcoscenico d’autore.
[Mark Eidelstein e Mikey Madison in una scena di Anora]
Sean Baker ha scelto Madison perché folgorato dalla sua interpretazione in quella fucina di giovani star che è C'era una volta... a Hollywood di Quentin Tarantino e ha dichiarato di non avere avuto più dubbi sul suo casting dopo averla vista nel nuovo corso di Scream; Madison, dal canto suo, ripaga in pieno la fiducia del regista mettendo anima e corpo (letteralmente) in un ruolo che penso la consacrerà a star di livello mondiale.
A proposito di Showgirls: in Anora vi sono tracce del film di Verhoeven ovunque, dalla rappresentazione delle dinamiche del night club fino alle scene ambientate a Las Vegas; ma d'altronde basta seguire Baker sui social o ascoltare le sue interviste per capire che lo statunitense si ciba sia di di Cinema d'autore sia di opere che il canone bolla spesso come "diversamente meritevoli", come dimostra la dedica finale a un filmmaker "di serie Z" come Jess Franco.
L'eterogeneità delle ispirazioni di Baker si traduce in una profonda versatilità stilistica e narrativa, come dimostra la struttura in tre atti del film: se la prima parte è una rilettura contemporanea della rom-com, tra Cenerentola e Pretty Woman, la seconda parte è decisamente più frenetica, una one crazy night nel cuore di New York in sospeso tra Fuori Orario di Martin Scorsese e il cinema dei fratelli Safdie, mentre l'ultimo atto riporta lo spettatore bruscamente a terra dopo averlo prima fatto volare con la fantasia e poi portato su un ottovolante, regalando un finale tra i più struggenti visti al cinema negli ultimi anni, in cui Baker lega le molte anime del film insieme con incredibile controllo e maestria.
Ne emerge prepotentemente il tema principale di Anora e di tutto il Cinema di Baker, ovvero il contrasto tra il sogno di una vita migliore, di una scorciatoia per il paradiso e il brusco risveglio in una realtà fatta di ostacoli e sacrifici.
[Mark Eidelstein e Mikey Madison, freschi di matrimonio, in una scena di Anora]
Questo dualismo è ben espresso nella riluttanza dei due improbabili sposi nell'usare il loro nome di nascita.
Anora ripudia un nome che svela le proprie origini di migrante come una zavorra che la trascina nella mediocrità, preferendo il più solare Ani, mentre Vanya (Mark Eidelstein) rifiuta il suo nome in quanto scelto da dei genitori dalla quale influenza vuole liberarsi, scegliendo di farsi chiamare Ivan come a illudersi di avere un'identità che non sia legata a doppio filo a quel nido dorato in cui si richiude per far festa e giocare ai videogame.
L'unico personaggio a non vivere di questa ambiguità è il "gorilla" Igor (un fantastico Jurij Borisov, che aveva folgorato Baker in Scompartimento n. 6), dal nome semplice, che significa "guerriero", e che Ani trova invece orribile; la dinamica tra i due personaggi è tra le più interessanti del film e crea momenti di solidarietà tra i più potenti messi in scena da Baker.
Il casting di Anora è perfetto e i personaggi che ruotano attorno alla protagonista sono tutti vividi e ben caratterizzati: tra questi spicca una prova da show stealer del fedelissimo caratterista del Cinema di Baker Karren Karagulian, qui finalmente in una parte importante ed esilarante.
[Jurij Borisov è sorprendente nel ruolo di Igor, uno scagnozzo al soldo della ricca famiglia di Vanja, in Anora]
Come da tradizione nel Cinema di Sean Baker, la confezione è impeccabile: la fotografia in pellicola 35mm di Drew Daniels dona al film un look anni '70 mantenendo salde e realistiche anche le scene più spettacolari (come quella, splendida, dei festeggiamenti di Anora e Vanya dopo il matrimonio) e riesce a catturare ogni dettaglio del volto di Mikey Madison in primissimi piani inusuali per il formato panoramico, mentre lo stesso Baker cura il montaggio, dettando il ritmo di un film capace di correre a velocità sfrenata ma anche di prendersi i suoi tempi.
Esilarante, tenero, tragico, sboccato, vitale e undeniable: ogni aggettivo che si può usare per Anora è adatto anche a descrivere la sua protagonista, riaffermando l'unicità di un personaggio e di un'opera destinati a rimanere a lungo nel cuore degli spettatori.
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