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Trasporre uno dei romanzi più complessi del ‘900, ma anche meno conosciuti al grande pubblico seppur diventato un cult, poteva essere un’impresa ardua per chiunque: Valeria Golino ha accolto la sfida e ha realizzato uno dei suoi lavori più personali con L'Arte della Gioia, tratto dall’omonimo libro di Goliarda Sapienza.
L'Arte della Gioia è una serie Sky, uscita al cinema in due parti, che seziona il romanzo per farne un affresco realistico e riuscito su una figura femminile che raramente abbiamo visto nel nostro Paese.
[Il trailer de L'Arte della Gioia]
Modesta è una donna siciliana nata nel 1900, cresce in campagna insieme alla madre e a una sorella disabile tra gli stenti: quando il padre da tempo assente ricompare, per Modesta inizia una fuga verso un futuro migliore che deve obbligatoriamente passare per la cancellazione del suo passato.
Modesta scapperà e dopo essere passata per un convento per figlie dell'aristocrazia, dopo una serie di “avventure” finirà nella casa di una ricca principessa; mi fermo qui per non spoilerare troppo.
[Un frame da L'Arte della Gioia]
L'Arte della Gioia è una vicenda di innamoramenti sia della protagonista e della sua vita tumultuosa che della sua regista per la materia trattata, una serie che diventa l’emblema di un modo di vivere: la borghesia di inizi ‘900 che, come ancora oggi, è pronta a masticare chi è meno fortunato, la condizione della donna che sia nella povertà che nella ricchezza è destinata a fare ciò che le viene imposto, la soluzione più “semplice” dello scegliere la vita clericale per nasconder(si)e le proprie malefatte.
Golino riesce a catturare l’essenza del personaggio di Modesta con una regia attenta ai dettagli e alle sfumature emotive.
Non cela nulla allo spettatore e non si vergogna di mostrare che anche una donna ha voglia di affermarsi senza per forza dover “comportarsi da uomo”, ma seguendo le proprie pulsioni, anche quelle genuinamente sessuali.
Modesta ha voglia di esistere, di rivendicare un posto nel mondo, di provare piacere, di pretendere un destino diverso da quello che ipoteticamente le è stato assegnato.
Alcuni hanno visto ne L'Arte della Gioia un’estetica fin troppo manieristica, a mio parere invece la fotografia impeccabile e le ambientazioni restituiscono una messinscena autentica che solo chi conosce le bellezze, ma anche le brutture, della Sicilia può riconoscere.
[Jasmine Trinca ne L'Arte della Gioia]
Non un manifesto femminista, dunque, ma una storia di libertà.
Dramma, romanzo di formazione a tinte noir, commedia, una convivenza di generi che esprime la conflittualità della protagonista, mossa da una strategia predeterminata ma al tempo stesso incapace di abbandonare le proprie pulsioni.
Efficace e in parte il cast, su tutti la protagonista incarnata dalla rivelazione Tecla Insolia, Jasmine Trinca in un ruolo sempre in bilico tra sensualità e oscurità e la svanita ma determinata Gaia di Valeria Bruni Tedeschi.
Attrici che si “danno” a Valeria Golino e la aiutano a non scadere nella mera ideologia, anzi la spronano a realizzare un lavoro originale e che dopo la visione rimane impresso per molto tempo nella mente dello spettatore.
Al cinema funziona in modo impeccabile, in TV forse perderà qualcosa nella frammentazione della serialità, ma resta comunque a mio avviso una delle più interessanti produzioni italiane degli ultimi anni.
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