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Inside Out 2 - Recensione: c'è una nuova speranza?

Inside Out 2 è davvero il sequel che tutti stavano aspettando?

Inside Out 2 è già Storia a livello di incassi: il suo debutto segna il miglior esordio in sala del periodo post-pandemia, con 154 milioni di dollari nel primo weekend. 

 

Le redini di questo attesissimo sequel sono tenute da Kesley Mann alla sua prima regia, mentre Pete Docter - regista del primo capitolo - si limita al ruolo di produttore esecutivo. Inside Out 2 riprende la storia di Riley (Kengsington Tallman), ormai non più bambina, che si approccia agli anni della pubertà.

 

[Il trailer di Inside Out 2]

 

 

Negli ultimi anni a San Francisco Riley ne ha passate tante: ha stretto amicizie importanti, giocato tante partite a hockey, le sono spuntati i primi brufoli e, compiuti 13 anni, è pronta per il liceo.

 

Le sue emozioni Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto (rispettivamente doppiate da Amy Poehler, Phyllis Smith, Lewis Black, Tony Hale e Liza Lapira) non vedono l’ora di affrontare nuove sfide con la bambina soprattutto adesso che il suo “Senso di Sé”, un luogo della mente in cui sono custoditi i ricordi e i sentimenti di Riley, è ricolmo di ricordi positivi selezionati appositamente da Gioia e le altre emozioni. 

Tutto sembra procedere per il meglio, ma i guai non tardano ad arrivare: l’”Allarme Pubertà” sconvolge il quartier generale, demolito e aggiornato, mentre si fanno strada le nuove emozioni Ansia, Invidia, Imbarazzo e Ennui (rispettivamente doppiate da Maya Hawke, Ayo Edebiri, Paul Walter Hauser e Adèle Exarchopoulos), scombussolando l’equilibrio stabilito da Gioia. 

 

Inside Out, a differenza di tanti altri film dei Pixar Animation Studios, partiva con delle solide premesse lasciando spazio di manovra a possibili sequel, come per l’appunto Inside Out 2 e la serie TV sempre basata sul mondo di Inside Out appena finita di girare e prossimamente in uscita.  

Questa premessa evidenzia immediatamente la coerenza narrativa presentata nella pellicola, complice il fatto che la sceneggiatura è stata affidata nuovamente a Meg LeFauve, già presente in questa veste per il capitolo precedente. 

 

Il mondo creato, dunque, si amplia incastrando tutti i tasselli perfettamente con degli sviluppi interessanti e mai banali, mettendo in risalto sia le nuove emozioni presentate sia i nuovi luoghi della mente di Riley. 

 

 

[L'ansia secondo Inside Out 2]

 

Quello della crescita è un tema caro in Pixar e qui viene affrontato in maniera diversa da altre pellicole poiché, proprio come nel primo film, gli eventi sono narrati attraverso le emozioni piuttosto che da Riley in prima persona, anche se rispetto al primo film si lascia molto più spazio per raccontare in modo diretto di quest’ultima. 

 

Le emozioni sono protagoniste indiscusse di Inside Out 2 e ci narrano qualcosa in più della mente e del suo funzionamento, su come ci si può approcciare all’esistenza nelle varie fasi della vita; fasi tutt’altro che simili tra loro con lassi temporali ben scanditi, così come, di conseguenza, sono ben definite le emozioni a cui essi sono associati. 

Fondamentale nella pubertà di Riley più di tutte le altre emozioni è Ansia che, nel suo modo goffo e impulsivo di imporre il controllo, dà un quadro esaustivo su cosa comporti concentrarsi così tanto sulle aspettative altrui e sul concetto di perfezione, tanto da annullarsi in un bisogno compulsivo di emulare gli altri fino a perdere sé stessi e i propri ideali.

Non a caso, le emozioni che più apprezzano Ansia sono proprio Paura e Invidia. 

 

In Inside Out 2 le situazioni drammatiche vengono spesso affiancate da momenti comici puntuali, a volte molto intelligenti, altre volte inaspettati e particolarmente degni di nota, anche molto specifici in riferimento al mondo Disney. 

Non si può parlare di Pixar Animation Studios senza spendere due parole sull’immancabile freschezza che lo studio porta dal punto di vista dell’animazione: un miglioramento costante, dinamico e preciso.

 

Un risultato indescrivibile e una gioia per gli occhi che rende possibile emozionarsi pensando sia ai più infimi dettagli, come ad esempio i pelucchi del maglioncino di Tristezza, sia alla complessità del design delle emozioni nella sua totalità. 

 

 

[Il matto personaggio Bloofy di Inside Out 2 è animato in 2D!]

 

 

L’unica cosa di cui a mio avviso purtroppo Inside Out 2 soffre è la stessa di cui ha sofferto ormai tantissimi anni prima Toy Story 2: la dipendenza dal capitolo precedente.

 

Questa dipendenza non è legata al fatto di conoscere già in parte il mondo affrontato, quanto alla sensazione che alcune dinamiche siano già viste proprio perché incredibilmente simili al capitolo precedente, rendendo Inside Out 2 un ottimo sequel ma solo, purtroppo, un buon film che non fa quel passo in più.

L’esempio più palese è l’arco narrativo di Gioia, che è identico a quello di Inside Out, ma queste somiglianze sono costanti in tutta la pellicola.

 

Sia chiaro che quest’ultimo commento non è volto a sminuire un film che funziona, ma solo a sperare in meglio, magari con un terzo capitolo rivoluzionario - come fu Toy Story 3 - che vedrà ancora una volta protagonista la non-più-giovane Riley.

 

Inside Out 2, dunque, si conferma un titolo interessante che amplia brillantemente gli orizzonti del precedente, pur non superandosi pienamente ma rendendoci comunque curiosi osservatori della complessità della mente umana.

 

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