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Priscilla è il racconto del periodo che inizia con l'incontro decisivo tra Priscilla (Cailee Spaeny) e il re del rock (Jacob Elordi), passa attraverso il loro matrimonio che si è protratto dal 1967 al 1973 e si conclude nel momento in cui la giovane donna decide di abbandonare Graceland, dimora di Elvis Presley a Memphis, nel Tennessee.
Non è la prima volta che Sofia Coppola decide di trasporre su schermo delle storie di esperienza femminile, basti pensare a film come L'inganno, Bling Ring o a Marie Antoinette, perciò non stupisce che la regista sia tornata sul grande schermo scegliendo di raccontare la storia di Priscilla Presley, compagna e moglie del noto Elvis.
[Il trailer di Priscilla]
La premessa che rende Priscilla interessante e diverso da tutte le altre storie di donne trasposte su schermo negli ultimi anni è il fatto che, solitamente, le donne di cui viene narrata una storia sono figure femminili protagoniste in toto della propria narrazione, donne emblematiche e precedute da una fama che le rende riconoscibili in quanto icone a sé stanti e indipendenti.
In Priscilla tutto questo non sussiste, dal momento che la protagonista del film è una donna ricordata dal mondo come "la moglie di", una donna che si trova a vivere nell'ombra di un uomo che è preceduto da una fama mondiale.
[Cailee Spaeny è Priscilla Presley nell'omonimo film]
Per molte persone questo potrebbe sembrare un dettaglio narrativo di poco conto, ma a mio avviso non è così.
Raccontare una storia universalmente nota come quella di Elvis non più dal punto di vista della rockstar - narrazione peraltro già esplorata con il recente Elvis del 2022 - ma dal punto di vista di chi ha avuto la possibilità di affiancarlo a 360° per diversi anni permette di dare vita a un film in cui Elvis viene completamente spogliato dei suoi panni di mito incontrastato e mostrato invece come un qualunque uomo del suo tempo: figlio di una società basata su norme sociali, imposizioni e trattamenti riservati alle donne che negli anni '60 erano ampiamente normalizzati e accettati.
Priscilla è una ragazzina di appena quattordici anni che vive in un contesto sociale nel quale è perfettamente accettabile l'idea di essere sedotta e avvicinata da un uomo di dieci anni più grande come era Elvis all'epoca: un uomo che la giovane ragazza, proprio in quanto donna, avrà il dovere di accudire e compiacere diventando la custode del focolare domestico, la sostenitrice delle sue volontà senza lamentarsi e senza esprimere opinioni discordanti e infine, come ci si aspettava da una donna dell'epoca, la procreatrice di un suo erede.
Proprio sulla base di questo contesto sociale, inevitabilmente, la figura di Elvis tende a sopraffare quella di Priscilla, relegandola costantemente in secondo piano ma dandole al contempo la possibilità di razionalizzare un sentimento di frustrazione inizialmente tiepido, che mano a mano però diventa sempre più crescente fino ad arrivare a trasformarsi in una solida presa di coscienza della propria situazione.
In Priscilla viene quindi raccontata la storia di una relazione d'amore profondamente contraddittoria e a tratti controversa, il cui fulcro centrale è una giovane donna che si trova ad affrontare una realtà che va oltre alle sue capacità e fa nascere sentimenti che vorrebbero emergere, ma rimangono invece soffocati a causa dell'eccessiva esposizione mediatica a cui la coppia era sottoposta.
[Cailee Spaeny e Jacob Elordi nei panni di Priscilla ed Elvis Presley]
Uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato durante la visione di Priscilla è il fatto che il film sia effettivamente il racconto della vita di questa donna: Elvis rimane sempre un flebile e timido contorno.
Il mio timore era infatti quello di ritrovarmi a guardare un'opera in cui l'interpretazione del cantante prendeva il sopravvento monopolizzando inevitabilmente la scena, rendendo così l'intero film un grande intento non compiuto.
Con mia gioia, però, non è stato così: nel film Jacob Elordi non porta sullo schermo una perfetta imitazione di Elvis (sebbene la sua interpretazione sia comunque stata convincente e credibile) e questo perché, semplicemente, non era necessario.
Non è Elvis il fulcro della narrazione, come non lo è la sua carriera, la sua fama e la sua musica.
In Priscilla non è stata utilizzata nemmeno una canzone originale di Elvis Presley e, seppur la scelta sia dovuta alla famiglia del cantante che non ne ha autorizzato l'utilizzo, l'esclusione dell'uomo dalla colona sonora del film risulta essere una scelta piuttosto coerente e funzionale.
Il film è di Priscilla, non di Elvis.
Priscilla non era una grande donna nascosta dall'ombra di un grande uomo, ma una donna protagonista della sua storia.
Una storia che merita di essere raccontata attraverso i suoi occhi e il suo cuore.
[Un frame da Priscilla]
Un plauso speciale va al modo in cui Sofia Coppola ha saputo lavorare con i suoi attori protagonisti andando a integrare in maniera efficace i corpi degli attori nello spazio scenico.
Cailee Spaeny e la sua esile figura sono infatti costantemente in ombra rispetto alla massiccia corporatura di Jacob Elordi e al vasto contrasto con gli spazi ampi delle sontuose stanze di Graceland, scelte che riescono a enfatizzare e amplificare l'immagine di Priscilla come una giovane smarrita, spaesata in un ambiente che non le appartiene e che si rende presto conto non essere il posto adatto a lei.
Priscilla è un film che sa muoversi sapientemente tra momenti di delicatezza e di asprezza, nel quale Sofia Coppola è riuscita in maniera abile e sapiente a coinvolgere il pubblico nel punto di vista della protagonista, portando persino lo spettatore a rimanere ammaliato e "intrappolato" con lei nel vortice di charme del King del Rock and Roll.
È un film che merita di essere visto e apprezzato non soltanto per la storia che racconta e per le prestazioni attoriali che regala, ma anche e soprattutto per la capacità della regista di continuare a distinguersi nel narrare le molteplici sfaccettature dell'universo femminile anche in tempi moderni.
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