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Dopo Nuevo Order e Sundown, Michel Franco sembra essersi lasciato alle spalle la pornografia del dolore con Memory, la storia di Sylvia (Jessica Chastain), mamma di Anna, spaventata da tutto, dalla propria memoria, iperprotettiva, che chiude la porta di casa e inserisce immediatamente l’allarme.
Sylvia è un ex-alcolista, non vuole che sua figlia esca con i compagni di classe, non vuole che beva, però le compra un iPhone per farsi perdonare.
Una sera va alla réunion organizzata dai compagni del liceo e mentre torna a casa un uomo la segue fin sotto casa.
Si chiama Saul (Peter Sarsgaard) e non è come sembra: soffre di demenza, perdita di memoria e non sa perché l’ha seguita.
[Il trailer internazionale di Memory]
Ne La tentazione di esistere Emil M. Cioran si chiede come facciano due persone a conoscersi, credo che Michel Franco in Memory si domandi lo stesso.
All’inizio la risposta sembra abbia a che fare con il tema di Past Lives: Saul e Sylvia si sono conosciuti in una vita precedente, ecco perché lui la segue e perché gli sembra di conoscerla, ma Memory ci tiene a distinguere tra memoria, il luogo, e il ricordo, la funzione.
I primi sono chiusi, spesso a chiave.
La notte in cui Saul dorme sul marciapiede sotto casa sua, all’esterno, Sylvia lo spia dalla finestra, dall’interno.
Franco mette in scena un passo a due concentrico: Sylvia quando sta male va in camera e chiude la porta, gli scorci di New York sono stretti nei finestrini della metropolitana.
Il ricordo, parallelamente, è pura azione, porta al petto.
In Memory, infatti, a differenza di quanto accade per esempio nel recente Estranei, in cui Adam scava verticale nel suo passato, Sylvia si muove orizzontale verso Saul e viceversa; ciò determina un campo di forze in cui la dolcezza a tratti fa male: una notte, alzatosi per andare in bagno, Saul trova entrambe le porte delle camere da letto chiuse e non si ricorda in quale sia Sylvia, allora si siede, nudo, e aspetta.
Se Saul è senza passato, Sylvia, al contrario, ha solo passato.
Per questo quando parla per la prima volta con Saul lo accusa di essere anche lui responsabile degli abusi che ha subito da ragazza. Non concepisce, cioè, che un uomo le si avvicini se non per farle del male.
La sera in cui fanno l'amore per la prima volta si spogliano ognuno per conto proprio, si fissano quasi increduli di cosa stia succedendo, i loro corpi scattano, l’intensità è sotto controllo, ma esplode lo stupore: entrambi, in modo diverso, non ricordano bene come si faccia ciò che stanno facendo.
Sono tante le scene di Memory in cui Saul imita i movimenti di Sylvia, come camminare, dove guardare.
Il contrario avviene solo quando vanno sotto le coperte, in quel caso è Sylvia che sorprendentemente ha più memoria di Saul.
Quest'ultimo è impacciato, sbanda, non ha memoria motoria, come quando cade nella vasca per consolare Sylvia, l'istantanea della storia: lui vestito, lei nuda.
[Peter Sarsgaard e Jessica Chastain in una scena di Memory]
La relazione tra memoria e malattia - come in Memoria di Apichatpong Weerasethakul, uno dei film più belli dello scorso anno - veicola il sottotema dell’anosognosia: l’inconsapevolezza di essere, per esempio, demente.
Di più, in Memory, Franco la problematicizza: Saul sa di non ricordare, eppure si comporta come se non ne fosse cosciente, quasi pretendesse di non essere al corrente riguardo sé stesso - "Posso scrivere quello che mi hai detto così non me lo ricordo?" chiede a Sylvia.
Di che cosa sia un ricordo non sappiamo molto, anche e soprattutto dal punto di vista neuroscientifico.
Ciò di cui però la scienza è quasi certa, è che uno dei meccanismi chiave riguardo la memoria, sia il processo di consolidamento tra la cosiddetta memoria episodica e quella semantica, ossia, in termini molto generali, tra ciò che ci succede e ciò che a cui attribuiamo un significato.
In Memory i due protagonisti ricordano qualcosa quando sanno dire cosa significa: Saul, nel finale, non sa com’è arrivato a casa di Sylvia, ma sa perché lo ha fatto, a differenza della prima volta.
Memory racconta una storia in cui il ricordo, qualsiasi cosa sia, rimane sempre legato al contingente, dipende dal presente, "dall’interlocutore" (direbbe Riccardo Scamarcio in Euforia), come se fossimo consapevoli solo parzialmente del fatto che persino la nostra capacità di amare è dipendente da ciò che ricordiamo.
Non a caso, la più grande fragilità dei due protagonisti è quella di non sapersi collocare nel tempo, ma solo in spazi chiusi.
Quella di Franco, infatti, è una storia che cristallizza la necessità, per ogni essere umano, di un sistema di riferimento.
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