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Wildlife - Recensione: gran debutto per Paul Dano in regia - Torino Film Festival 2018

Film d'esordio per il giovane attore che stupisce per qualità visiva e scrittura solida

Con le star Jake Gyllenhaall e Carey Mulligan, tratto da un racconto di Richard Ford, Incendi (Wildlife) è l'esordio da autore di Paul Dano, qui anche sceneggiatore in coppia con la compagna Zoe Kazan (che abbiamo visto di recente da attrice ne La ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen): una piacevolissima sorpresa in tipico stile indie americano. 

 

Il film è molto semplice e classico: il dramma familiare per eccellenza.

 

Negli anni '60 i coniugi Brinson, con il figlio quattrodicenne Joe, si trasferiscono in Montana, ma Jerry (Jake Gyllenhaal) perde subito il lavoro. Jeanette (Carey Mulligan) e il giovane studente dovranno allora tirarsi su le maniche per sopperire alla mancanza di impiego del padre, e alla sua voglia di cercarne un altro.

Inizialmente Jerry entra in un vortice di apatia dal quale uscirà proponendosi come pompiere volontario per domare il vicino incendio divampato ormai da molti giorni: un lavoro pericoloso e che lo terrà lontano da casa per settimane, finché non sopraggiungerà la neve a spegnere le fiamme.

 

Jeanette non è d'accordo e i due litigano duramente, ma lui persevera nella sua scelta. 

 

 

 


Sin dal giorno successivo alla partenza del marito la donna decide di costruirsi una nuova vita, come se il marito non avesse alcuna speranza di tornare.

 

Il tutto sotto gli occhi di un impotente Joe, obbligato a crescere prima del tempo e a sobbarcarsi l'onere di mantenere la bussola anche per la madre "tornata ventenne".

Jerry sopravviverà, rientrando a casa, ma sarà troppo tardi. 

In un turbinio di eventi - che anticipano la conclusione - perderà Jeanette, la quale tornerà sui suoi passi solo mesi dopo vedendo come, in qualche modo, ogni cosa si sia rimessa al proprio posto.

 

Dano sceglie il punto di vista di Joe e grazie a questa decisione avremo alcuni dei momenti migliori del film come, ad esempio, il licenziamento di Jerry che avverrà completamente fuori campo e a cui assisteremo solo attraverso gli occhi di un primo piano del giovane.


Come conseguenza di questa scelta di regia, ci troveremo spesso - proprio come potrebbe fare un ragazzo impaurito - a distogliere l'attenzione dagli avvenimenti principali, osservando invece i piccoli dettagli, a spostare lo sguardo dall'azione per passare ad un piccolo elemento fuori posto: un divano preparato per dormire, un prodotto in scatola in offerta, il rumore di uno sciacquone.

 

Il film si apre con un licenziamento ma, pur essendo ambientato negli anni '60, questo non è un caso e la scelta del giovane regista è chiaramente legata ad un discorso sulla società americana contemporanea, sui nuclei familiari distrutti dalla crisi e sulle giovani famiglie nate troppo presto e piene di rimpianti latenti. 

 

 



Rimpianti tenui come i toni con cui viene mostrata l'America di provincia, in tipico stile indipendente americano, con toni pastello (gialli dei campi, vestiti mai sgargianti, auto rosa), il tutto contrapposto agli eventi scatenanti: il rosso delle fiamme - sia dell'incendio sia del gesto estremo di Jerry - il verde in coppia con il marrone scurissimo del vestito di Jeanette e della casa del suo amante.

 

Entrambi i coniugi vivono cercando di colmare il vuoto delle esperienze non vissute, probabilmente a causa di un figlio nato troppo presto.

 

Lei riuscirà a farlo, inizialmente in una relazione con un altro uomo e poi, soprattutto, nel riprendere la sua vita in mano.
Lui troverà se stesso nelle fiamme dell'incendio, in un momento catartico come quello raccontato da Warren Miller: un brivido, qualcosa che dia senso a tutto, un momento di Wildlife.

 

Joe è allo stesso tempo al centro di tutto e mai protagonista: è suo il punto di vista che seguiamo, è suo il racconto di formazione che fa da ossatura al film ma è anche vero che, se tutti intorno a lui agiscono, lui resta sempre e solo un osservatore che cerca di riparare agli errori altrui. Una sorta di grillo parlante delle persone attorno a lui. 

 

Non basterà l'ultimo tentativo di far riconciliare i suoi genitori ed il finale leggermente aperto a cambiare la nostra opinione su di lui e probabilmente nemmeno a non lasciarci l'amarezza di un dramma.

 

Fino a qui potrebbe tutto suonarvi come un qualcosa di già visto, quindi non meritevole di una visione, ma la vera forza di questo film è il modo in cui Paul Dano riesce a unire una scrittura decisamente classica - seppur ben portata avanti - con un comparto visivo eccezionale e sempre curatissimo.
I paesaggi, i lunghi movimenti di macchina a scoprire lo sguardo di Joe, il tutto sempre nel momento giusto e perfettamente centrato sulla narrativa, rendono Wildlife un film preciso e puntuale in ogni sua scelta.

L'unico eccesso in cui è incappato Dano (in tipico stile da opera prima) è quello di risultare a tratti troppo didascalico.

 

Qualche esempio: spesso lo sguardo di Joe si ribalta mostrandoci ciò che già sapevamo, o ancora, l'importanza di un momento viene ingenuamente sottolineata da una lunga corsa per le vie del paese.
Ma essendo il primo lavoro dietro la macchina da presa del giovane newyorkese possiamo chiudere un occhio.

Il ragazzo si farà.

 

Un film ben riuscito, davvero una sorpresa, nonostante sia esattamente ciò che ci potevamo attendare da un fulgido talento come quello di Paul Dano.


Consigliatissimo.

 

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