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Insidious - La porta rossa - Recensione: il finale di saga da brividi che tutti aspettavamo

Con Insidious - La porta rossa James Wan e Leigh Whannell scrivono la parola "fine" alla saga che nel 2010 ha spaventato e conquistato il pubblico internazionale, mettendo un punto memorabile a un racconto che ancora oggi resta fedele alla sua essenza primaria e confermando la regalità assoluta di Wan e Jason Blum come protagonisti principali del panorama horror cinematografico contemporaneo

Insidious - La porta rossa è convincente... da far paura! 

 

Ci siamo un po' affezionati al cast, ci siamo perdutamente innamorati di James Wan e adoriamo che Jason Blum metta la firma su produzioni che diventano cult in un batter d'occhio: il quinto capitolo della saga più weird del Cinema horror odierno, Insidious, segna la fine di un racconto che ha affascinato gli spettatori di tutto il mondo fin da subito e - contrariamente a quanto spesso accade - non è mai scaduto e non si è mai perso per strada, anzi, ha sempre dimostrato di saper raccontare la propria storia e di farlo nel modo più originale e intenso possibile.  

 

[Il trailer internazionale di Insidious - La porta rossa]

 

 

Quello che sembra dover essere l'ultimo film dedicato al mondo demoniaco dell'Altrove e alla famiglia Lambert si presenta come un degno successore delle precedenti pellicole, ne raccoglie l'eredità e dimostra di esserne perfettamente all'altezza.          

 

La trama di Insidious - La porta rossa si incentra soprattutto sul rapporto padre-figlio tra Josh (Patrick Wilson) e Dalton (Ty Simpkins): ormai al college, quest'ultimo non riesce a lasciarsi alle spalle il fatto di essere cresciuto con un padre assente e ricucire i rapporti sembra qualcosa di veramente impossibile.

 

Eppure i ricordi più oscuri del passato di Dalton lo avvicinano più che mai a Josh: l'Altrove non dorme mai e nemmeno i nostri protagonisti potranno dormire sonni tranquilli, a meno che non scendano all'inferno e affrontino i propri mostri.

 

 

 

 

Il perfetto balance tra horror "alla vecchia maniera" e nuove tendenze psico-sociali: Insidious - La porta rossa è più attuale che mai 

 

Non spaventatevi del fatto che James Wan non abbia firmato la regia di questo quinto capitolo: la sua impronta e quella del veterano collega Leigh Whannell sono più che mai presenti in Insidious - La porta rossa e contribuiscono, senza ombra di dubbio, a valorizzare questa produzione Blumhouse. 

 

A dirigere questa nuova avventura in salsa horror è lo stesso attore protagonista (esordiente alla regia), il carismatico e talentuoso Patrick Wilson, un volto simbolo del terrificante universo di Wan.

Qui a mio avviso tutto funziona bene, anzi, benissimo: la sceneggiatura di Scott Teems si fa portatrice di una storia che intrattiene piacevolmente e appassiona i fan della saga, scavando più a fondo nel background intimo e personale dei suoi personaggi, ma senza mai perdere di vista l'obiettivo primario, quello di regalare allo spettatore un po' di sano e gustoso jumpscare, che nello stile di Insidious però non è mai scadente, mai banale, mai stereotipato.

O almeno, non del tutto.  

 

In un momento in cui l'horror psicologico va per la maggiore e ha decisamente surclassato nelle preferenze del pubblico le storie di paura "come quelle di una volta", Insidious - La porta rossa mostra di sapersi vestire dei nuovi trend, conservando tuttavia il fascino originario, in un cocktail in cui tutti gli ingredienti si incontrano e si mescolano fino a creare un elisir estatico. Parlare di tecnica è quasi irrilevante: il franchise di Insidious è ormai una macchina che va avanti da anni i cui ingranaggi sono così ben oliati che smettere di funzionare sembra quasi impossibile.

Dalla fotografia ai VFX, anche il quinto episodio della saga si riconferma dunque confezionato alla perfezione. 

 

Le atmosfere di Insidious - La porta rossa, tra l’altro, non possono che evocare - oltre ai grandi classici mai rinnegati dallo stesso James Wan - quelle di una delle serie TV più amate degli ultimi anni, la Stranger Things di Netflix che con il suo Sottosopra sforna mostri come fossero biscotti in una fabbrica di produzione industriale.

 

C’è la volontà di intrecciare l’horror al dramma familiare, ma a mio avviso non in maniera invadente: la dinamica interpersonale tra Josh e Dalton in Insidious - La porta rossa è indagata ed esplorata senza togliere spazio alle scene più terrificanti, che sono dosate con il misurino e mai abusate. Tuttavia, tra le mura del college e quelle della casa dei Lambert, location principali della storia, il film si arricchisce di dialoghi e di un plot secondario - quello più intimo e familiare - che è altrettanto interessante da osservare.  

 

In attesa del sequel di The Nun, in arrivo il prossimo settembre, non possiamo che assaporare con gusto questo delizioso mix di jumpscare e orrori del reale, quelli più quotidiani, in cui la saga di Insidious dimostra ancora una volta di saper rimanere fedele a se stessa con tutti quegli elementi che ce l’hanno fatta amare negli anni.

 

In Insidious - La porta rossa ritroverete la tensione costruita a puntino, la rivisitazione dei tropi più classici del genere e la freschezza dello stile registico che si mostra sempre dinamico, tra piani sequenza e movimenti di macchina che sfruttano al 100% ogni angolo a propria disposizione per creare quella suspense che ci tiene, ancora una volta, con gli occhi incollati allo schermo - e le mani ancorate alla poltrona.

 

Pronti per il prossimo brivido.

 

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