#articoli
Visto l’interesse suscitato dalla Top 8 sulle sceneggiature mai portate sul grande schermo e, in particolare, su quella che avrebbe visto il nostro Federico Fellini alla regia, ho deciso di spendere qualche parola in più su quel burrascoso e buffo progetto che - sfortunatamente - finì per essere abortito dopo un tragicomico travaglio.
Il prospetto cinematografico - mai realizzato - relativo a Il viaggio di G. Mastorna è il frutto di un intricato groviglio che coinvolge un racconto giovanile dello scrittore/giornalista Dino Buzzati, sceneggiature abbandonate e faide personali fra registi e produttori. Per cercare di fare chiarezza in questa matassa di situazioni ingarbugliate non resta che procedere con ordine e ricostruire lo “storico” degli avvenimenti.
Per cominciare la ricostruzione è voglio utilizzare come incipit un articolo del grande Tullio Kezich, figura cardine del cinema italiano, estimatore e collega di Buzzati, nonché amico intimo - e biografo - di Fellini.
"Primavera 1965: in casa di Buzzati arriva una telefonata di Fellini, che è di passaggio a Milano e vorrebbe incontrarlo.
Di persona i due non si sono mai conosciuti, ma si ammirano a distanza: tanto che combinano subito di cenare insieme.
A tavola, in un ristorante famoso per il pesce, Federico conferma di essere un vecchio lettore di Dino e si sofferma sull'enorme impressione che gli fece un suo romanzo breve, Lo strano viaggio di Domenico Molo, letto nel '38 su «Omnibus» ai tempi del liceo.
Almerina, la giovanissima moglie di Buzzati, ricorda l'ospite singolarmente animato nel rievocare la trama del romanzetto.
Domenico è un ragazzino dodicenne ossessionato dall'idea di aver commesso sacrilegio con una confessione reticente: colto da malore, muore e finisce nel regno dell'attesa, dei processi e delle condanne.
Assolto alla fine di un lungo travaglio, il protagonista dovrebbe andare in paradiso; e invece torna sulla terra avendo compreso il segreto e assaporato il dolore della vita.
"Ho sempre pensato che da questo spunto si potrebbe ricavare un film" conclude il regista."
Alla proposta di Fellini lo scrittore veneto rispose con entusiasmo, accettando di buon grado l’opportunità di trasformare in film uno dei suoi racconti più sentiti ed emblematici: il tema del viaggio ultraterreno in regni metafisici dominati dal rimpianto, cupi paesaggi e personaggi ambigui e misteriosi sono le portate principali della storia.
La dimostrazione - concreta - del fatto che Buzzati avesse particolarmente a cuore questo racconto, sta nel fatto che lo stesso autore si premurò di trasformarlo in immagini (fra le altre cose, Buzzati si dilettava anche nel disegno), nel famoso Poema a fumetti del 1969, una volta che il progetto di Fellini sulla medesima storia era già quasi totalmente naufragato.
[Un passaggio da Poema a fumetti iil volume illustrato e scritto da Dino Buzzati]
Fellini, dunque, manifestò direttamente il suo interesse a Buzzati per l’idea di una trasposizione del racconto; non solo: gli propose di “rimodellare” la trama (senza neppure doversi preoccupare di stendere una sceneggiatura vera e propria) prendendo spunto da alcune sue idee.
Ne nacque una collaborazione estenuante, lunga e a tratti anche difficile.
Buzzati arrivò persino a fare la conoscenza di maghi, indovini ed esperti di occultismo per poter avere una “visione d’insieme” più ampia possibile mentre scriveva le vicende di G. Mastorna.
L'affettuosa simbiosi artistica fra Dino e Federico dura un anno o poco più, con telefonate pressoché quotidiane (l'abitudine del regista di chiamare alle sette del mattino sconvolge la vita della coppia Buzzati, abituata a far tardi la notte), incontri a Milano e a Fregene, un viaggio a Torino per far visita al mago Rol.
Molti maghi e stregoni vengono intervistati da Buzzati su indicazione dell'amico cineasta, espertissimo in materia, anche in vista dei servizi corrieristici sul tema dell'occultismo e la magia, raccolti in seguito nel volume I misteri d'Italia.
La lavorazione della sceneggiatura giunse finalmente al termine.
Il risultato finale è la storia di Giuseppe Mastorna (in certe tarde correzioni a mano sul copione diventa Guido: probabilmente un richiamo voluto dal regista al protagonista del suo 8½), clown violinista e violoncellista che si ritrova a viaggiare inconsapevolmente – suo malgrado – verso la morte.
Il protagonista della vicenda sembra quasi “autoinfliggersi” la punizione infernale che è il suo viaggio nell’oltretomba: l’ennesimo tradimento alla moglie Luisa, infatti, lo porta a perdere il treno che lo doveva riportare a Firenze da Amburgo e lo costringe a imbarcarsi sul “volo della catastrofe”.
L’aeroplano durante il volo è costretto ad un atterraggio di emergenza di fronte al Duomo di Colonia: il risultato è un disastro aereo dove Mastorna e tutti i passeggeri finiscono col perdere la vita.
A questo punto inizia una sorta di “Divina Commedia alternativa”, dove il protagonista si trova a dover attraversare alcuni gironi infernali.
L’occasione di girare il film su Mastorna era legata a filo doppio a un impegno precedentemente preso da Fellini con il produttore Dino De Laurentiis che avrebbe portato il regista a realizzare una pellicola basata su un racconto di fantascienza – titolato What mad universe – scritto dall’americano Fredric Brown.
Questo impegno formale preso in precedenza dal regista romagnolo con De Laurentiis non venne rispettato, e il progetto del film abbandonato in favore del nascente soggetto scritto in collaborazione con Buzzati.
[Dino De Laurentiis e Federico Fellini in compagnia di Jerry Lewis alla cerimonia degli Oscar]
Il fatto, ovviamente, indispose parecchio il produttore che, quando ricevette dallo stesso Fellini il copione del Viaggio di G. Mastorna (con l’invito a stanziare un finanziamento per farlo diventare un film), non accolse troppo favorevolmente la proposta.
Tuttavia, su consiglio del fratello e socio Luigi – che riuscì a intravedere le potenzialità della sceneggiatura – accettò di produrre la trasposizione cinematografica del fu Viaggio di Domenico Molo.
Un dettaglio che il produttore non avvallò nella maniera più assoluta era relativo al titolo del film: infatti, Buzzati, era inizialmente orientato a omaggiare e richiamare uno dei più grandi successi felliniani, titolando la pellicola La dolce morte.
De Laurentiis – da grande scaramantico quale era – ovviamente non volle sentire ragioni: aveva già accettato di produrre un film che trattava di un tema “scalognato” come quello della morte e del viaggio ultraterreno, ma mai e poi mai avrebbe accettato di dargli un titolo del genere.
Neanche il tempo di finire di fare gli scongiuri e, il 14 settembre 1966, il produttore ricevette una formale lettera di rinuncia da parte del regista.
Fu un fulmine a ciel sereno.
Sfiduciato e demoralizzato dagli sviluppi della lavorazione del progetto (nonché da alcuni “cattivi presagi”), Fellini gettò la spugna.
De Laurentiis era furibondo: aveva speso già molto denaro (la ricostruzione del Duomo di Colonia era già stato realizzato a Dinocittà, la sede degli studios del produttore napoletano) per “seguire” un film che neanche avrebbe voluto finanziare e doveva per giunta subire l’affronto del bizzoso regista?
Neanche per sogno.
[Tre tavole da Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet, realizzato da Milo Manara nel 1992]
Livido di rabbia iniziò una serie di azioni legali per recuperare i fondi perduti (dopo appena undici giorni – il 25 settembre – mandò degli ufficiali giudiziari a operare un sequestro sui beni di Fellini nella sua villa di Fregene).
Fra i due, a questo punto iniziò una faida senza esclusione di colpi: Fellini cambiò idea e annunciò che il film si sarebbe fatto, ma prodotto da qualcun altro; De Laurentiis rivendicò con rabbia i diritti da lui acquistati. Il tutto si concluse con un’inaspettata pace fra i due, e la preparazione del film riprese – in apparenza – rasserenata.
A questo punto, giorno dopo giorno, con l’avvicinarsi del momento di inizio delle riprese, Fellini tentennava sempre più.
Anche lui, come il suo produttore, era un noto scaramantico e, dopo una serie di incubi e “cattivi presagi” relativi al film, arrivò persino ad avere un’allucinazione: la ricostruzione Duomo di Colonia che gli crollava addosso schiacciandolo sotto il peso dei mattoni.
La sera del 10 aprile 1967, il regista venne ricoverato d’urgenza: si parlava di una gravissima malattia.
De Laurentiis, insospettito dalle voci che suggerivano che il “Maestro” stesse fingendo la malattia per non dirigere il film, pretese addirittura la visita fiscale in ospedale!
Questa, idealmente, è la pietra tombale che si pone sul progetto di Il viaggio di G. Mastorna.
Fellini si riprese, ma poco dopo rinunciò al film, anche se, di quando in quando, paventò l’ipotesi di concludere il lavoro “in un secondo momento”.
Ovviamente questo non avvenne mai, e il Mastorna diventò per il cineasta la proverbiale “balena bianca” che inseguì e rifuggì, a fasi alterne, fino al giorno della sua morte.
Giù la testa
Ti è piaciuto questo articolo?
Sappi che hai appena visto il risultato di tanto impegno, profuso nel portarti contenuti verificati e approfonditi come meriti!
Se vuoi supportare il nostro lavoro perché non provi a far parte de Gli Amici di CineFacts.it?