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Con Nothing Compares, presentato come prima nazionale al Festival dei Popoli 2022, Kathryn Ferguson ci accompagna all’interno della vita dell'incompresa cantante Sinéad O'Connor, ripercorrendo gli abusi infantili, la fuga dal paese natìo, la costruzione della sua immagine e il difficile rapporto con la popolarità.
[Il trailer ufficiale di Nothing Compares]
Nothing Compares
Nell'ottobre del 1992 Sinéad O’Connor salì sul palco del Saturday Night Live per cantare "War" di Bob Marley: alla fine dell'esibizione strappò davanti alle telecamere una foto di Papa Giovanni Paolo II lanciando il grido di battaglia “Fight for the real enemy!” contro la pedofilia dilagante nella Chiesa cattolica.
Poco importa se metà degli Stati Uniti d’America la odiasse già a causa della scelta di non esibirsi in New Jersey prima dell’inno nazionale USA.
Pochi giorni dopo al Madison Square Garden, in occasione di un concerto dedicato a Bob Dylan, Sinéad venne zittita dai fischi indignati del pubblico e finì per esplodere, stavolta con rabbia e disperazione, sulle stesse parole di Hailé Selassié che ispirarono Marley.
In quel preciso istante, nel dolcissimo abbraccio con Kris Kristofferson, Sinéad si trovò a dover scegliere tra l’artista e l’attivista.
Una decisione che le costò molto: la sua notorietà sarebbe crollata di lì a poco, cancellando un’intera carriera esattamente all’apice di uno straordinario successo.
[Sinéad O' Connor immortalata al concerto dedicato a Bob Dylan]
Nothing Compares
Il documentario esplora la gestazione del primo album della cantautrice, The Lion and the Cobra, l’incontro con John Reynold, la nascita di loro figlio Jake e infine il raggiungimento della fama grazie al singolo Nothing Compares 2 U.
Da qui in poi, il buio: non perché Sinéad O’Connor avesse effettivamente deciso di abbandonare la musica per prendersi cura di sé o dedicarsi ad altro, piuttosto furono le numerose controversie che la riguardarono ad escluderla totalmente dal mondo dello spettacolo.
Ciò che si realizzò fu un vero e proprio movimento di odio spregevole, paragonabile ai fenomeni dell’hating o delle shitstorm che oggi dominano il dibattito da social network, in tutta la sua drammatica sterilità.
[L'iconica esibizione di Sinéad O'Connor ai Grammy Award 1989: la cantautrice si fece disegnare il simbolo dei Public Enemy sulla testa per esprimere il suo completo sostegno alle battaglie contro i mass media portate avanti dal celebre gruppo hip hop]
Nothing Compares
Il film si ferma al racconto di un processo di messa al rogo mediatica e non approfondisce le vicende che afferiscono alla vita di Sinéad O'Connor in tempi più recenti dopo il calo di popolarità e l’allontanamento forzato dalla scena.
Nothing Compares non parla dunque della musica che Sinéad ha prodotto dal quel momento fino ad oggi, mentre coltivava la sua relazione con la spiritualità (nel 2018 si è convertita all’Islam), cambiando nome in Shuhada' Davitt, subendo purtroppo le conseguenze psicologiche di un disturbo bipolare e iniziando a comunicare sempre più spesso sul web attraverso messaggi preoccupanti.
Si tratta piuttosto di una vera e propria celebrazione della cantautrice irlandese, condannata a un destino ingiusto e trattata dall’opinione pubblica come una violenta provocatrice.
Nothing Compares ha infatti il pregio di dare luogo a una serie di riflessioni circa la misoginia intrinseca, l’insensibilità e la mancanza di etica che caratterizzano la comunicazione mediatica, indecente - tanto quanto oggi - nella sua onestà intellettuale.
[In Nothing Compares viene mostrato il monologo di Joe Pesci al Saturday Night Live per spiegare le modalità di strumentalizzazione delle proteste di Sinéad O'Connor]
Purtroppo il documentario sembra cadere in una prevedibile trappola logica per cui Sinéad, che fin dall’adolescenza combatte contro le etichette, viene involontariamente - e paradossalmente - incasellata all’interno di categorie specifiche, soprattutto per quanto riguarda l’estetica, la testa rasata e l'abbigliamento.
In questo modo e senza alcuna necessità si pone l’accento su quelle che venivano percepite come stranezze - ma che invece stranezze non erano - mettendole forzatamente in relazione al tema dell’identità di genere.
Calcando così tanto la mano sulla questione, la regista perde forse di vista la costruzione di un ritratto più intimo e sconosciuto dell’artista in quanto essere umano, trasformandola involontariamente in una paladina della giustizia, martire di un sistema tossico e proibitivo.
[Sinéad O'Connor fotograta nel 1988]
Nothing Compares resta comunque un ottimo progetto, nobilitato dalla volontà di bloccare su pixel la storia di una grande artista come monito, ricordando anche i risultati raggiunti in tempi moderni grazie a lotte allora disprezzate dalla maggioranza.
Sinéad O’Connor ha certamente contribuito alla formazione di una coscienza utile per le battaglie portate avanti in futuro; è stata il motore di una rivoluzione tutt’oggi in marcia, aprendo il dibattito sui diritti civili e sulle ingiustizie sociali del nostro mondo.
Le sue contestazioni, insomma, hanno seminato germogli nel mondo, permettendoci di cogliere frutti da alberi che, ancora oggi e nonostante tutto, rischiano continuamente di venire abbattuti.
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