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Sick of Myself - Recensione: drogati di notorietà - TOHorror 2022

Recensione di Sick of Myself, di Kristoffer Borgli, dal 22° TOHorror Fantastic Film Fest

Come ogni anno, nel programma del TOHorror Fantastic Film Fest troviamo delle piccole perle - in anteprima italiana - che arrivano dalle grandi manifestazioni cinematografiche europee e che non sfigurerebbero nel programma di qualsiasi festival generalista nostrano.

 

Quest’anno è il caso di Sick of Myself di Kristoffer Borgli, uscito direttamente da Un Certain Regard dell’ultima edizione di Cannes e del quale potete trovare le impressioni di Adriano Meis sia nell'articolo sull'intera sezione sia nei vlog giornalieri dalla Croisette.

 

[Il trailer di Sick of Myself]

Sick of Myself

Sick of Myself

Il film scritto e diretto dal trentasettenne norvegese, al suo secondo lungometraggio dopo diverse esperienze tra cortometraggi e videoclip, non è un vero e proprio horror come lo immaginano i puristi del genere, bensì un’opera che si muove a cavallo tra diversi registri e suggestioni, cambiando costantemente e in profondità, come la carne della sua protagonista.

 

Sick of Myself è un viaggio nella follia che si riverbera nella mutazione fisica - come in parte accade nella seconda metà della carriera di David Cronenberg -, ma il vero faro dell’opera seconda di Borgli è senza dubbio Joachim Trier, come lascia intuire la presenza dello sceneggiatore di fiducia del regista di Thelma, Eskil Vogt, tra i consulenti alla scrittura.

 

 

[Il volto mostruoso e sfigurato di Signe in Sick of Myself, la brama di notorietà si insinua dentro di lei come mostra la sua pelle]

Sick of Myself

Sick of Myself

Il regista canadese si muove spesso in un contesto in cui la violenza e la lettura sociale tendono a crescere ed esasperarsi lungo tutto il film; in quest’opera l’autore norvegese segue un piano decisamente più intimo e introspettivo in cui la lettura di una donna, di una coppia e della sua malattia diventano una spirale di disagio sempre più profonda e arrovellata su se stessa, capaci di rappresentare le storture della società contemporanea nella loro frivolezza e banalità.

 

Se l’esagerazione di Trier in Thelma, in La persona peggiore del mondo, e in parte del suo Cinema precedente erano principalmente formali e registiche, qui Borgli sceglie invece di lavorare su un registro diverso da quello del connazionale: più grottesco, più carico e più volutamente autoesplicativo, riportandoci a tratti alla scrittura di Ruben Östlund o di tanto altro Cinema nordico.

 

 

[Uno dei momenti più interessanti sulla patologicità di coppia di Thomas e Signe in Sick of Myself, i due agiscono sempre in funzione degli sguardi attorno a loro]

 

In Sick of Myself viene raccontato il viaggio all’interno della patologica brama di attenzioni di Signe: fidanzata con un bizzarro artista, Thomas, la giovane donna dopo un piccolo assaggio di notorietà inizierà a essere pronta a tutto pur di averne sempre di più.

 

Una dipendenza, come traspare da queste poche parole, che si ripercuoterà anche sui modi coi quali persegue la fama: se dapprima le menzogne le sembreranno abbastanza, quando queste mostreranno le loro proverbiali gambe corte, la ragazza inizierà a dover agire realmente sul suo corpo per ottenere i riflettori.

 

E lo farà attraverso una droga russa illegale.

Questa sostanza scaverà poco a poco solchi nel suo viso che lei presenterà come figli di una malattia sconosciuta.  


Come se Borgli volesse rappresentare la stessa voglia di notorietà come una vera e propria patologia che prende sempre più spazio e si insinua nella carne della protagonista interpretata dalla bravissima Kristine Kujath Thorp.

 

 

[I protagonsiti di Sick of Myself, Thomas e Signe, mai in sintonia se non nella comune voglia di essere al centro dell'attenzione]

 

Accanto a lei Thomas (Eirik Sæther), artista in rampa di lancio, che si rivela non tanto diverso dalla fidanzata; seppur in lui la malattia non sia così visibile, il percorso è comunque similare e i due si autoalimentano costantemente in una gara di visibilità fatta di sgambetti reciproci, menzogne, piccoli crimini e sotterfugi.

 

Abbiamo quindi una coppia di personaggi meschini che, soprattutto nei momenti sociali, mostrano tutta la loro frivolezza e la loro mancanza di sintonia: due narcisisti, convinti sostenitori di un mondo in cui apparenza, loghi, magliette griffate e social media misurano il valore di una vita; cleptomani di attenzioni per cui l'importante non è chi ruba una bottiglia di vino da 2300 dollari per portarla a una festa tra amici, ma chi racconta agli stessi di averlo fatto.

 

Sick of Myself ci racconta un mondo di giovani borghesi annoiati che trovano come unico scopo nelle loro vite il perseguimento della notorietà, non tanto per ritorni economici o per brama di potere, ma solo per sentirsi vivi: come i vampiri di Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch, Signe e Thomas riempiono la loro ciondolante grezza insoddisfazione con il brivido del sentirsi ammirati, compatiti o osservati.

 

 

[Signe e la sua vacua frivolezza, veri protagonisti di Sick of Myself]

 

L'unica pecca è un'eccessiva stilizzazione dei due protagonisti, che prova talvolta ad aprirsi alla costruzione di un background e di una maggior caratterizzazione, ma che proprio in questo aspetto - centrale e vero punto di forza del Cinema trieriano - manca il paragone e risulta fin troppo semplice, chiaro e non abbastanza approfondito.

 

Borgli, pur posizionandosi in una lucida analisi della società contemporanea, in Sick of Myself porta avanti una continua ambiguità tra reale e fittizio; attraverso quest’ultima crea un divertente meccanismo, ben supportato dal tono grottesco del film, in cui spesso ci ritroviamo a non distinguere le menzogne di Signe, le sue aspirazioni e la realtà che sta cercando di nascondere.

 

Grazie anche a una messa in scena che unisce la vicinanza ai protagonisti, le loro vicende, la volontà di scandagliare i loro animi e un certo rigore geometrico tipicamente nordico, l'autore non cerca di svelarci questo sotterfugio, ma anzi spesso lo supporta ingannando lo spettatore: in un mondo fatto di apparenze e menzogne la realtà è qualcosa di secondario finchè non torna per portare il conto da pagare.

 

[Il promo del 22° TOHorror Fantastic Film Fest]

 

 

Sick of Myself è quindi un film estremamente interessante sia dal punto di vista contenutistico, sia per un’alchimia tra generi e registri che funziona perfettamente; pur non raggiungendo le - altissime - vette e la totale compiutezza de La persona peggiore del mondo, il lungometraggio di Borgli risulta infatti un piccolo ibrido giocattolo, in perfetta continuità con il Cinema nordeuropeo contemporaneo, assolutamente da non perdere.

 

Un'ottima scelta soprattutto in un contesto teoricamente orrorifico e fantastico come quello del 22° TOHorror Fantastic Film Fest che, proponendo un film così multiforme e difficilmente etichettabile, disvela un discorso che trascente i classici schemi dogmatici del Cinema irreale e di genere, per recuperare la mostruosità del quotidiano e il terrore della naturalissima realtà.

 

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