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Margini - Recensione: questa è la mia gabbia, ma non me ne voglio andare

La recensione di Margini, esordio alla regia di Niccolò Falsetti 

È uscito nelle nostre sale Margini, esordio alla regia di Niccolò Falsetti nonché unico film italiano in concorso alla Settimana Internazionale della Critica della Mostra del Cinema di Venezia, vincitore del premio del pubblico The Film Club.

 

L'autore grossetano poteva comunque già vantare un buon curriculum anche prima del suo debutto nel mondo del Cinema. 

 

[Il trailer ufficiale di Margini]

 

 

Oltre ad aver diretto alcuni videoclip di Il Muro del Canto, Afterhours e Levante, Falsetti ha lavorato come regista di seconda unità sulla trilogia di Diabolik dei Manetti bros., che figurano tra i produttori di Margini insieme a dispàrte e Rai Cinema.  

 

Nei titoli di testa tuttavia Margini ci viene introdotto come un film di Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti, co-sceneggiatore - insieme a Tommaso Renzoni - e attore nel film nel ruolo di Michele. 

Il film rappresenta il compimento di un percorso comune, iniziato dai due amici nati e cresciuti nella palude della Maremma grossetana e uniti dalla passione comune per la musica hardcore punk.  

 

Margini, di fatto, non è altro che una sentita trasposizione su schermo delle esperienze di vita dei due amici, membri della band hardcore PEGS, che con tenacia e passione hanno portato avanti un progetto negli anni - più per puro amore che per desiderio di "sfondare" - nonostante l'ostilità di un microcosmo chiuso e bigotto come quello della provincia italiana, "a due ore" da ogni metropoli.

 

A due ore dalla vita.  

 

 

[I Wait for Nothing che suonano La palude dei PEGS nella prima scena di Margini]

 

 

In Margini i PEGS si trasformano nei Wait for Nothing, band street punk composta dai tre amici Miche (Francesco Turbanti), Edo (Emanuele Linfatti) e Iac (Matteo Creatini).

 

Il gruppo ha la possibilità di portare a Grosseto una famosa band hardcore statunitense - i Defence, interpretati dal gruppo romano Payback - a patto che trovino in pochi giorni una location e delle attrezzature adatte: un compito a dir poco arduo per tre ragazzi dalle risorse economiche piuttosto esigue, in un paesino di provincia dove il punk non è considerato nemmeno musica.  

 

Margini è ambientato in un passato prossimo, alla fine dell'estate del 2008: quattordici anni che si avvertono non solo per l'utilizzo di dispositivi tecnologici datati, ma soprattutto per il ritratto di un diverso tipo di comunicazione, molto meno immediato di quello presente e che, inevitabilmente, condizionava anche il modo di vivere un'amicizia, quando non si era sempre e istantaneamente reperibili e poteva davvero capitare di non avere idea di dove qualcuno si trovasse.  

 

Un dettaglio non determinante, ma che contribuisce a immergerci nell'esperienza dei protagonisti e degli stessi Falsetti e Turbanti che - come dichiarato in un'intervista a Rolling Stone Italia - in quegli anni riuscirono davvero a portare a Grosseto una famosa band hardcore americana (i Madball).  

 

 

[Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti, autori di Margini e amici d'infanzia]

 

 

Margini però non è soltanto l'esatta riproduzione di un vissuto personale: il suo valore risiede nella maniera onesta, vivace, leggera e appassionata con cui riesce a ritrarre un malessere entro cui ogni giovane dallo spirito anticonformista e creativo si è trovato imprigionato almeno una volta nella vita.  

 

La frustrazione di chi si sente lontano dal luogo e dal gusto comune, ai margini, e avverte il bisogno di esprimersi in maniera diversa - in questo caso tramite la musica - senza però essere mai preso davvero sul serio.  

 

L'impostazione da commedia di Margini emerge soprattutto negli scambi con le persone simbolo della mentalità provinciale italiana, che guarda con diffidenza chiunque osi deviare anche di soli pochi metri dal percorso prefissato.  

 

Una forma mentis dilagante che non crede nel valore della cultura e dell'arte - in qualsiasi sua forma - e che non ha interesse a rischiare in nome di un intrattenimento che vada al di là dell'ennesima cover band dell'artista blasonato della musica popolare italiana o di canzoni estive - dai testi a sfondo pornografico - volte a far ballare anziani e bambini.  

 

 

[Edo, Miche e Iac in una scena di Margini]

 

 

È con questo tipo di figure che si creano le situazioni più paradossali e strettamente comiche del film, tuttavia è importante sottolineare che in Margini tali personaggi non siano mai rappresentati come veri e propri antagonisti.

 

Molti di loro, in realtà, mostrano anche una certa disponibilità nei confronti delle aspirazioni dei protagonisti.  

 

Quello che viene rimarcato, piuttosto, è l'atteggiamento consolatorio, da "contentino", che gli altri - siano essi le istituzioni, gli adulti o chiunque non abbia una mente abbastanza aperta per accogliere la diversità - assumono nei confronti di chi ormai ha quasi rinunciato a spiegare l'importanza di una passione, perché ogni volta che ci ha provato ha ottenuto nient'altro che sguardi scettici e ironiche risatine.  

 

Questo l'atteggiamento di una generazione abituata alla stabilità economica, devota al lavoro - quello che ti permette di pagare le bollette - e che guarda dall'alto in basso chiunque voglia provare a vivere una vita diversa, intimandogli piuttosto di "sognare in piccolo". 

 

Margini è senza dubbio un atto d'amore nei confronti della musica punk - ne è dimostrazione la quantità di pezzi e riferimenti a band hardcore italiane disseminati nel corso del film - ma è soprattutto una celebrazione del valore dell'amicizia e dell'importanza di custodire una passione, qualsiasi essa sia, e di difenderla a costo di rimanere, appunto, ai margini.  

 

 

[Edo, intepretato da Emanuele Linfatti, durante un pogo liberatorio in una scena di Margini]

 

 

Una passione che trapela prepotentemente in ogni sequenza del film e nell'accurata delineazione dei personaggi.

 

Impossibile non affezionarsi ai protagonisti, interpretati in maniera incredibilmente spontanea da tutti e tre gli attori - che si sono spesso affidati all'improvvisazione inserendo all'interno della narrazione dettagli della propria personalità - anche in virtù dell'eccezionale chimica creatasi sul set tra membri del cast e della troupe.   

 

Miche, Edo e Iac sono incarnazioni di tre specifiche personalità, con pregi e difetti, provenienti da tre contesti socioeconomici distinti e assolutamente credibili.

Le scelte che compiono possono essere condivisibili o meno, ma difficilmente potranno essere messe in discussione dallo spettatore.  

 

Non è da meno Marghe (Silvia dʼAmico) partner di Miche - con cui ha una figlia piccola - che mantiene di fatto la famiglia con un lavoro da cassiera mentre il suo compagno di una vita e punk irriducibile spera ancora di poter vivere della propria passione.  

 

Persino i personaggi secondari - seppur marginali e spesso utilizzati per strappare una risata - sono comunque più vicini alla realtà di quanto non possa sembrare.  

 

Durante il processo di realizzazione di Margini, Falsetti e Turbanti non hanno attinto soltanto alla propria esperienza personale, ma hanno volto lo sguardo anche a cult come This is England di Shane Meadows (2006) e L'odio di Mathieu Kassovitz (1995).  

 

In particolare, il film di Meadows offriva una panoramica dettagliata sulla subcultura skinhead, spesso erroneamente confusa con quella naziskin, e per questo tacciata di razzismo (in Margini Miche viene chiamato "fascistello" proprio per il look da skinhead, nonostante lo street punk sia un genere di musica estremamente antifascista).  

 

L'odio è stato indicato come punto di riferimento da Falsetti per lo studio delle relazioni tra i personaggi, uno degli assoluti punti di forza di Margini. 

 

 
 
 
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 [L'illustrazione di Zerocalcare presente nella locandina ufficiale di Margini]

 

 

Doveroso citare la collaborazione con Zerocalcare - reduce dal successo della serie animata Strappare lungo i bordi - che ha contribuito a Margini realizzando la locandina del film e quella del famoso concerto dei Defence al centro dell'intreccio narrativo, apparendo, inoltre, in un doppio cameo.  

 

A detta di Falsetti e Turbanti l'apporto di Zerocalcare si è esteso anche alla delineazione di una panoramica più ampia della scena punk italiana tanto cara al fumettista romano.  

 

 
 
 
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[La locandina del concerto dei Defence, disegnata da Zerocalcare]

 

 

Al di là di qualche scelta narrativa piuttosto facile, Margini rappresenta un esordio solido che fa nutrire molta speranza e curiosità per i lavori futuri di Falsetti e Turbanti.

 

Si tratta di un film semplice, con una storia semplice (i protagonisti, dopotutto, non desiderano altro che fare un concerto), ma i sentimenti, le frustrazioni e le speranze racchiuse in Margini sono tuttʼaltro che semplici.  

 

La chiusura mentale e fisica può davvero rappresentare una palude, un luogo geografico e metaforico che, se riesce ad avere la meglio sulla speranza, finisce per affossare definitivamente qualsivoglia guizzo creativo e volontà di riscatto.

 

 

[Le distese vuote e sconfinate della Maremma grossetana in Margini]
 

 

Anche un concerto hardcore suonato in un centro anziani finisce per occupare non più di una colonna sul quotidiano del giorno dopo, prima che tutto torni alla solita routine, fatta di mucche che ti tagliano la strada con Se bruciasse la città di Massimo Ranieri che risuona dall'autoradio.  

 

Tanto vale dunque arrendersi alla routine della provincia?

Limitarsi a suonare alle feste di compleanno e a quelle de LʼUnità?

Non proprio.  

 

Margini sembra incoraggiare in ogni caso a provarci, a rincorrere la passione, il sogno, anche se molto probabilmente non si trasformerà mai in realtà, contrariamente a quello che la società ci insegna con prepotenza: non è vero che se si vuole davvero una cosa allora la si otterrà per forza.

 

Questo, tuttavia, non è un buon motivo per rinunciare in partenza.  

Che si decida di andare o rimanere, a volte basta una scintilla a evitare un tracollo mentale e garantirci un piccolo appiglio per non sprofondare nella palude.

 

Per citare Woody Allen in Hannah e le sue sorelle:

ʺForse è un filo molto sottile per appenderci tutta la tua vita, ma... di meglio non abbiamo!ʺ 

 

In questo caso, un filo fatto di musica, pogo e voglia di condivisione.

 

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1 commento

Riccardo Sacchi

10 mesi fa

Una storia semplice, ma che cattura proprio per la sua semplicità e la rappresentazione realistica delle situazioni e dei personaggi. Per tutto il film segui le vicende dei protagonisti e fai il tifo per loro perché riescano a raggiungere il loro scopo.

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