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“Nello spazio nessuno può sentirti urlare”: questa è la tag-line di Alien, film diretto nel 1979 da Ridley Scott, e mai slogan promozionale fu più veritiero.
Dopo il successo di Guerre Stellari, la 20th Century Fox permise la produzione di una sceneggiatura fantascientifica a tinte horror, scritta da Dan O’Bannon; fu ingaggiato come regista Scott, che aveva qualche anno prima girato il suo primo film, I duellanti.
[Il trailer di Alien]
Protagonista della storia è l’equipaggio dell’astronave mercantile Nostromo: diretti verso la terra, gli uomini e le donne - guidati dal capitano Dallas - vengono risvegliati dal loro stato di ipersonno, a causa di un segnale SOS proveniente da un pianeta sconosciuto e captato da Mother, il potente computer di bordo.
Dallas decide di indagare, nonostante le perplessità di Ellen Ripley, suo vice.
Nel momento in cui uno degli esploratori, attaccato da un alieno di razza sconosciuta, verrà riportato sull’astronave, inizierà la lotta per la sopravvivenza fra gli umani e l’ospite indesiderato.
Una vera e propria caccia all’uomo, già vista al cinema, col film La cosa dell’altro mondo (produzione statunitense risalente al 1951), ma riproposta in maniera nettamente più avvincente e innovativa.
Alien è una pellicola a metà strada fra fantascienza e horror.
Nella prima parte viene mostrata la ricognizione del pianeta da parte di tre dei membri dell’equipaggio: sia il paesaggio brullo, disabitato e dominato dall’oscurità, sia la maestosità dell’enorme relitto alieno in cui si imbattono i protagonisti durante la perlustrazione, fanno presagire le future sciagure che colpiranno i protagonisti.
Nella seconda parte la vicenda si sposta sull’astronave e la scenografia subisce un evidente mutamento; la Nostromo, infatti, trasmette una perenne sensazione di ansia e claustrofobia per via della sua conformazione: tunnel, condotti d’aerazione e luoghi chiusi scarsamente illuminati.
Un ambiente ideale per il gioco del gatto coi topi.
A rendere il tutto più spaventoso ci pensa l’alieno seminatore di morte: lo xenomorfo, creatura terribile a vedersi, nata dalla collaborazione fra l’artista svizzero Hans R. Giger e Carlo Rambaldi (da ricordare che Alien venne premiato con l’Oscar per i Migliori Effetti Speciali; Rambaldi bisserà poi il successo, grazie a E.T. l’extra-terrestre, diretto da Steven Spielberg).
Di tale creatura è mostrato tutto il ciclo vitale: dall’uovo contenente il facehugger, che si avvinghia al volto del malcapitato depositando un embrione all’interno del suo corpo (un’allusione a sfondo sessuale, e non è l’unica all’interno del film), alla forma adulta, umanoide e con una lingua capace di frantumare oggetti solidi.
Questo antagonista è privo di punti deboli e di sentimenti di qualsivoglia tipo: stando alle parole dell’ufficiale scientifico Ash (nella cui parte si cala Ian Holm, e che trama affinché l’essere nel quale l’equipaggio si è imbattuto non venga eliminato, anche a costo di sacrificare i compagni di viaggio), è degno di ammirazione proprio per le sue caratteristiche, che lo rendono una macchina da guerra.
Uno strumento potenzialmente letale per tutta la specie umana.
[Ridley Scott sul set di Alien]
Se ogni eroe ha la sua nemesi (termine da intendersi - in questo caso - come nemico per eccellenza), vale anche il contrario.
Per Alien dobbiamo parlare di eroina, dato che ad opporsi con successo all’avversario è una donna: la tenente Ellen Ripley, interpretata dall’attrice Sigourney Weaver, all'epoca sconosciuta al grande pubblico (debuttò, qualche anno prima, con una piccolissima parte in Io e Annie, di Woody Allen).
Ripley è senza dubbio uno dei personaggi più iconici del genere fantascientifico e del cinema tout court, a tal punto che l’American Film Institute le ha assegnato l’ottavo posto nella classifica dei migliori eroi ed eroine del Cinema statunitense.
La sfida fra la donna e lo xenomorfo è a dir poco impari; tuttavia, come una novella Ulisse, Ripley utilizza l’astuzia per avere la meglio su un avversario all’apparenza invincibile (anche se Ridley Scott a un certo punto pensò a un finale meno roseo).
Pioniera, insieme ad altre attrici come Marilyn Burns e Jamie Lee Curtis delle final girl (così sono definite quelle ragazze che riescono a sopravvivere fino alla fine di una pellicola generalmente dell’orrore), Sigourney Weaver fu la protagonista di ben tre sequel, in cui gli umani devono difendersi dalla minaccia aliena: Aliens - Scontro Finale del 1986, confezionato da James Cameron e, per alcuni addetti ai lavori (ma anche per scrive), di qualità pari al suo predecessore; Alien³ (David Fincher, 1993) e Alien - La clonazione (Jean-Pierre Jeunet, 1997).
In chiusura una curiosità su Kane, il membro dell’equipaggio dal cui torace fuoriesce la mostruosa creatura aliena durante la celeberrima scena dell’ultima cena (dove il cast, a differenza della troupe, era ignaro di ciò che sarebbe accaduto): il personaggio è interpretato dall’attore John Hurt.
Quest’ultimo, purtroppo scomparso nel gennaio 2017, detiene un record poco invidiabile: è infatti al primo posto nella classifica degli attori morti più volte sullo schermo: ben 43!
Sean Bean al suo confronto è un novellino!
Non vi abbiamo mai presi in giro con clickbait e bufale, perché vi rispettiamo: crediamo che amare il Cinema significhi anche amare la giusta diffusione del Cinema.
3 commenti
Marco Batelli
3 anni fa
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BubbleGyal
6 anni fa
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Marco Batelli
6 anni fa
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