close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Da Hitchcock a Watcher: lo sguardo e la tensione nel Cinema

Watcher, opera prima di Chloe Okuno, riporta al cinema un tema tanto classico quanto palpitante

Watcher, opera prima della regista statunitense Chloe Okuno, riporta alla travolgente attualità un tema classico della Storia del Cinema: la natura più oscura dello sguardo umano. 

 

Si tratta di un topos ricorrente, declinato secondo numerose prospettive e da autori di ogni provenienza, ma che conserva ancora tutta la propria potente carica tensiva.

 

[Il trailer italiano di Watcher, debutto di Chloe Okuno]

 

 

In Watcher, in arrivo nelle nostre sale a partire dal 7 settembre grazie a Lucky Red e Universal, la tematica è ammantata di sfumature moderne e di scelte di rottura, ma allo stesso tempo non lesina piena coerenza con la propria tradizione.

 

Già solo mediante la sinossi di Watcher è possibile comprendere le sfumature e le implicazioni che la stessa ci propone mediante la storia di Julia, una giovane ragazza statunitense trasferitasi a Bucarest per seguire suo marito, dipendente di una multinazionale.

 

Il soggiorno della protagonista sarebbe già di per sé complesso, vista la novità del luogo e la sua scarsa comprensione della lingua, ma l'assunto si complica quando, dopo aver saputo del ritrovamento di un cadavere a pochi isolati da casa, Julia viene attanagliata dalla sensazione di essere spiata dall'inquilino dell'appartamento di fronte al suo.  

Un watcher, un osservatore.

 

Lo spettatore viene rapidatamente catturato da una dinamica preda-predatore che non lo abbandonerà per l'intera visione, non senza colpi di scena: Watcher è un film tanto di interni quanto di inseguimenti.

 

 

[Maika Monroe e Karl Glusman, protagonisti di Watcher, non sono nuovi a opere incentrate su giovani donne che si sentono braccate: i film più celebri della loro filmografia sono rispettivamente It Follows e The Neon Demon]

 

 

Sono passati quasi 70 anni da quando Alfred Hitchcock firmò l'opera fondante sul rapporto tra sguardo e tensione: La finestra sul cortile deformò la percezione di onniscienza dello spettatore, tramutando un James Stewart costretto in casa da un infortunio in un investigatore improvvisato per un caso di possibile omicidio.

 

Nonostante il tempo passato, però, la dinamica dello sguardo penetrante, ma pur sempre limitato, di un protagonista costretto a scorgere i più torbidi eventi attraverso l'angusto spazio di un affaccio sulla vita altrui non ha perso potenza. 

La visione parzialmente occlusa - e quindi morbosa - risulta perfetta per falsificare le percezioni dello spettatore cinematografico, fino a riportarlo alla purezza della condizione originaria del mito della caverna di Platone.

 

Watcher, ovviamente, è debitore del capolavoro hitchockiano: la prossimità diretta tra i due palazzi è un richiamo troppo evidente per essere ignorato, così come il graduale interesse nell'investigazione che sorge nella protagonista, che di certo non accetta passivamente le pressioni dalle quali si trova asfissiata.

 

A differenza del modello principale in Watcher lo sguardo della protagonista, e del suo potenziale stalker, si intersecano presto: lei non riesce a scorgerlo attraverso i vetri, ma gli fa un cenno con la mano, mette in chiaro che conosce le regole del gioco.

 

 

[Watcher, così come ogni thiller moderno, è debitore degli insegnamenti de La finestra sul cortile e di tutta la filmografia hitchockiana]

 

 

Se si parla di una logica asfissiante e morbosa non ci si può esimere dal citare L'occhio che uccide di Michael Powell, che nel 1960 ribaltò l'assunto del capolavoro hitchockiano e mise al centro della propria narrazione il voyeurismo come forma di indagine non della realtà circostante, ma dell'animo umano.  

 

La storia dell'operatore cinematografico Mark Lewis che, a causa di traumi infantili, finalizza la propria vita nello spiare il prossimo fino a diventare un serial killer ci mette per la prima volta dalla parte del voyeur, spogliandolo di ogni necessità contigente e di ogni tono ironico. 

La cinepresa diventa il feticcio del protagonista, un disperato prolungamento della sua personalità: l'affannosa tensione verso lo scrutare contiene in realtà un'approfondita analisi del male che si annida nell'animo umano.

A differenza dell'eroe hitchcockiano, Mark Lewis non ha scampo.

 

Non esiste osservazione del prossimo che permetta di scappare da sé stessi.

 

All'alba degli anni '60, innalzati due pilastri di tale importanza ai due estremi del concetto di visione, la tematica dominante di Watcher aveva già trovato gli sbocchi giusti per fiorire.

 

 

[Se L'occhio che uccide riveste un'importanza simile per Martin Scorsese e tanti altri grandi, è impossibile ipotizzare che Chloe Okuno non abbia guardato a un simile modello per realizzare il suo Watcher]

 

 

Oltre la metà del decennio, il tema era già divenuto proprio del più elevato Cinema d'autore, abbandonando la "nicchia" del genere per diventare autentico simbolo dei nuovi mali di un'epoca.

 

Nel 1967 Michelangelo Antonioni, il più grande cantore dell'alienazione, vinse addirittura la Palma d'oro al Festival di Cannes con un capolavoro interamente incentrato sulla fallibilità dello sguardo rispetto all'immaginazione, sulla sopraffazione delle percezioni individuali, sulla parziale occlusione della nostra vista filtrata da una fotocamera: Blow-Up innovò completamente la dialettica tra lo sguardo umano e la società circostante, segnando un punto di non ritorno per il Cinema mondiale.

 

La gravità dell'orrore lasciò il posto alla paranoia di averlo immaginato, tenendo ben salda la tensione a cui era innegabilmente la tematica di fondo, seppur con sensazioni più dilatate.

 

L'analisi degli effetti delle pressioni sociali e delle percezioni distorte sulla psiche umana divenne tema ricorrente, rimanendo saldo all'interno del genere nel corso degli anni, fino a raggiungere opere contemporanee come Watcher.

 

A confermare ulteriomente l'assunto ci fu appena 7 anni dopo Francis Ford Coppola, che lo riproporrà secondo la chiave uditiva nel suo La conversazione, vincendo anch'egli la Palma d'oro nel 1974.

 

 

[David Hemmings è stato protagonista di due film in cui la dialettica tra guardo e tensione è dominante: Blow-Up e Profondo Rosso]

 

 

Tra i Maestri maggiormente in grado di deformare le percezioni umane, spingendo la tematica - per sua stessa natura puramente thriller - in una logica sempre più horror vi fu il monumentale Mario Bava, di cui Watcher e buona parte del Cinema occidentale sono - più o meno consapevolmente - del tutto figli.

 

Il magistrale uso della soggettiva e della falsa-soggettiva, trasversale alla sua intera filmografia, ha estremizzato i concetti radicatisi grazie a L'occhio che uccide nell'immaginario collettivo, portandoli ad azzerare ogni tipo di distanza emotiva con le vittime e rendendo quasi tangibile ogni omicidio messo in scena nelle sue opere.

 

Non a caso, il Dario Argento della Trilogia degli Animali e di Profondo Rosso tributerà sentitissimi omaggi al Maestro ligure seguendone il tracciato tecnico e calando lo spettatore negli occhi tanto dell'assassino quanto della vittima.

 

Anche due autori della nuova Hollywood sono stati inevitabilmente stregati dai tre Maestri italiani fin qui citati: John CarpenterBrian De Palma,

 

Se il primo è stato in grado di portare a uno dei suoi massimi apici l'insegnamento baviano con il claustrofobico piano sequenza di apertura di Halloween,  l'autore italoamericano è in maniera piuttosto inequivocabile uno di quei registi di cui Chloe Okuno e il suo Watcher sono profondamente debitori.

 

[Come ridefinire interamente il rapporto tra spettatore e sguardo dell'assassino: John Carpenter insegna]

 

 

Julia si sente preda in Watcher, ma agisce anche da predatrice, costringendo il suo sospettato stalker a una condizione di continua rincorsa.

 

Per certi versi si insinua con sfrontatezza in ogni zona di pericolo: rema contro la scarsa conoscenza del luogo e della lingua, contro la sua stessa paura, contro i sospetti di chi non crede alla sua versione.

 

L'intera dialettica di inseguimento e contro-inseguimento propria di Watcher sembra interamente ripercorrere quella del meraviglioso Vestito per uccidere, film che potrebbe tranquillamente comporre un'ideale trilogia del voyeurismo con i successivi Blow Out e Omicidio a luci rosse.

 

Non a caso considerato da molti uno degli eredi di Hitchcock, Brian De Palma andò a raffinare un tema già proposto nei suoi lavori giovanili come Ciao Mamma! - comunque trasversale alla sua carriera - omaggiando tutti i suoi modelli e settando un nuovo standard di pathos nella logica di avvicinamento e allontamento tra osservatore e osservato, tra cacciatore e preda, tra percepito e accaduto.

 

Tutto ciò che è divenuto essenziale per i suoi epigoni, Watcher in primis. 

  

 

[Blow Out omaggia Antonioni nel titolo, Coppola nelle tematiche e Hitchcock nello spirito: Watcher ne è profondamente debitore]

 

 

Dopo una tale reiterazione la tematica ha ripreso a permeare ogni angolo del globo, divenendo poco oltre la metà degli anni '80 un'autentica metafora delle stagioni della vita.

 

Nel 1986, infatti, un regista storicamente ripiegato sulla rappresentazione dei sogni come David Lynch rese il voyeurismo - e la dimensione più morbosa dello sguardo - un'autentica metafora della perdita dell'innocenza di Kyle MacLachlan in Velluto blu.

Un'allegoria che si farà ancor più sofisticata e inquietante se pensiamo al multiprospettico uso della stessa tematica fatto nel successivo Strade perdute.

 

Nel 1988 fu poi il turno di Krzysztof Kieślowski, che - dopo averci mostrato lo sguardo di un fantasma sulla vita della sua amata in Senza fine - nel suo Decalogo, con l'impareggiabile Breve film sull'amore, raccontò la nascita di un amore impossibile mediante le lunghe sedute di osservazione di un giovane postino nell'appartamento della sua bella dirimpettaia, per mezzo di un cannocchiale: un sentimento nato dall'ossessione e distrutto dal ribaltamento dei rapporti di forza tra le due persone agli estremi delle lenti.

 

Nel 1989 Steven Soderbergh, prima di attualizzare la tematica con il recentissimo Kimi, esordì con uno dei debutti più impressionanti della Storia del Cinema: Sesso, Bugie e Videotape, un film in cui la continua osservazione di video-interviste registrate dal protagonista diveniva cura, modalità comunicativa e rifugio per l'anima del personaggio interpretato da James Spader.

A dimostrazione di quanto il tema abbia dominato gli anni '80, nello stesso anno L'erba del vicino di Joe Dante riuscì a trattare il voyeurismo in chiave tanto comica quanto orrorifica.

 

All'alba del nuovo millennio, invece, Lou Ye ci ha portati - grazie a un uso sconvolgente della soggettiva - a un solo grado di separazione dai sentimenti narrati nella sua opera, rendendoci spettatori e quasi guardoni della storia d'amore alla base de La donna del fiume, ennesimo film intriso di riferimenti hitchcockiani.

 

Ciò che stupisce di tutte queste multiformi rappresentazioni del tema è, però, l'inintaccabile tensione che ammanta tutte queste opere: pur non essendo dei thriller puri, tutti questi film ci mettono d'innanzi all'evidenza che è quasi impossibile non provare un forte senso di pressione se il nostro sguardo si sovrappone con quello dei protagonisti delle opere, venendone messo a nudo.

 

O se, al contrario, ci cala nella condizione di chi si sente osservato, senza alcuna possibilità di scappare.

 

[The Truman Show: uno di quei film che, pur essendo distantissimi dalla logica di Watcher, ci sconvolgono per la loro analisi sulla carica distruttiva dello sguardo umano]

 

 

Con la nascita di una società iper-tecnologica e globalizzata lo sguardo del prossimo diventa sempre più difficile da rifuggere: ecco perché, in seguito, sarà possibile diluire la tematica anche in opere che, apparentemente, parlano di altro.

 

Non vi sarà di certo sfuggita l'importanza dello sguardo in film come The Truman Show, American Beauty ed Essere John Malkovich, che a cavallo del nuovo millennio sdoganano definitivamente la necessità di una finestra costante sulla vita, sugli affetti e addirittura nella testa altrui.

 

All'alba del nuovo millennio One Hour Photo rappresentava la tendenza a disseminare parti della nostra intimità in ogni anfratto della società, come fosse possibile spiarci pur non avendoci fisicamente a portata di obiettivo.

 

Certamente gli insegnamenti di queste opere sono bene impressi nella mente di Chloe Okuno, che non ha mai fatto mistero della sua passione per il cinema hollywoodiano come ispirazione prima.

 

Di ciascuno dei film fin qui citati, infatti, Watcher sembra aver colto l'importanza di una regia che ci mostri i personaggi muoversi in quadri all'interno dei quadri: schermi, finestre dentro finestre, vicoli stretti, corridoi che incastrano solo parti del corpo, che rendono fondamentale ogni percezione visiva. 

 

[Non sarà tra i modelli diretti di Watcher, ma Enter the Void rappresenta un nuovo approdo per l'uso della soggettiva]

 

 

Nel decennio successivo, invece, il Cinema da ogni angolo del globo ha fornito ulteriori letture sul tema dello sguardo. 

Non è un caso, che uno dei più grandi autori dei nostri tempi, Kim Ki-duk, abbia diluito la tematica di uno sguardo sulle vite altrui distante, onnipresente e condizionante in tutta la sua filmografia.

 

Michael Haneke, che già aveva ricollegato la tematica alle radici più pure dell'odio umano e del narcisismo con il suo Benny's Video, sconvolse la critica di tutto il mondo con l'acclamatissimo Niente da nascondere.

 

Estremizzando la propria poetica dominata dall'uso della camera fissa, l'autore austriaco ha mostrato al mondo come certi fenomeni di fatto si nascondessero nei piccoli gesti compiuti nell'intimità delle case borghesi: un thriller dell'anima che si espande su scala globale.

Nel 2006, Red Road di Andrea Arnold ha poi tramutato la dialettica osservatore-osservato in una forma speculare del rapporto tra innocenza e colpevolezza, ribaltando di fatto l'assunto hitchockiano di partenza.

 

Gaspar Noé, invece, portò il tema delo sguardo, dell'auto-osservazione e della percezione distorta su un piano completamente lisergico con Enter the Void, nel quale lo spettatore arriva addirittura a vedere i battiti di ciglia del protagonista in soggettiva, prima di poterne osservare l'assurda parabola.

 

Anche se - a ben vedere - la sua opera più in linea con il nucleo portante di questo articolo è forse Irréversible, un altro film che porta in scena alcune delle tematiche divenute assolutamente imprescindibili nella narrazione moderna, inglobate in Watcher.

 

E che dire, poi, di due grandi film ispanofoni arrivati di lì a poco?

 

Con La pelle che abito, film dichiaratamente ispirato al modello powelliano, Pedro Almodóvar ha ricondotto a una logica d'intimità quasi romantica la dialettica dello sguardo tra vittima e carnefice, attuando una commistione di generi possibile solo per un grande Maestro.

 

Con secchezza invidiabile, invece, Ti guardo di  Lorenzo Vigas ha donato alla tematica un equilibrio perfetto tra tensione, racconto di formazione, indagine sociale e storia d'amore, vincendo il Leone d'oro

 

Esiste sempre una prospettiva nuova mediante cui trattare la dialettica tra sguardo e tensione.

 

[Prima di Watcher, Chloe Okuno aveva mostrato al mondo le sue doti con questo bel cortometraggio: Slut]

 

 

Non c'è però solo un ampio pantheon di riferimenti a ispirare la regista di Watcher: l'interesse autoriale verso il racconto di storie di serial killer che aggredisce delle donne isolate all'interno della società è già, infatti, facilmente desumibile dal suo apprezzatissimo cortometraggio Slut.

 

Quest'inclinazione è stata inoltre ben incanalata mediante il corretto sfruttamento di alcuni modelli di alto livello ha portato Watcher a ricevere endorsement da alcuni dei più grandi nomi di Hollywood, ivi incluso Guillermo del Toro

 

Tra i film preferiti di Chloe Okuno figurano Alien, da cui l'autrice non può che aver desunto l'istinto verso la corretta descrizione dei luoghi da cui può provenire il pericolo, e Gone Girl - L'amore bugiardo, film che ha senz'altro influenzato le modalità con cui la regista racconta la narrazione dei crimini deformata dalla TV.

 

Infine, come successo per tutti gli epigoni di questo film, è l'immersione della regista in un certo contesto sociale ad aver fatto la differenza: non è un caso che in Watcher emergano alcune delle tematiche esplorate da un film dal tenore radicalmente differente, ma dal messaggio non così distante: Men, di Alex Garland.

 

Tanto Men quanto Watcher, infatti, sembrano voler gettare luce sulla facilità con cui la società incolpa le donne per gli abusi che le stesse sono costrette a subire. 

 

Un grido di denuncia che però in Watcher si sposa perfettamente con la radicata tradizione cinematografica che lega la tensione e lo sguardo umano.

 

Become a Patron! 

 

Ti è piaciuto questo articolo? 

Sappi che hai appena visto il risultato di tanto impegno, profuso nel portarti contenuti verificati e approfonditi come meriti!  

Se anche tu sei stufo di un'informazione che premia chi prende in giro il lettore, vieni tra Gli Amici di CineFacts.it!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni