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La cosa di John Carpenter è oggi senza dubbio uno dei cult dell'horror di fantascienza: ma com'è nato il film?
Verso la metà degli anni ‘70 Universal aveva in mano i diritti del racconto di John W. Campbell Jr La cosa da un altro mondo e i diritti di remake di 23 film della RKO, tra cui il film del 1951 tratto dal racconto e diretto da Christian Nyby - anche se tutti in seguito dichiararono che la regia fu di Howard Hawks, nonostante sia accreditato solo come produttore.
A quel punto per Universal era normale pensare di mettere in produzione un nuovo film.
[Il trailer originale de La cosa]
John Carpenter fu contattato per la prima volta in merito al progetto nel 1976 dall’amico produttore Stuart Cohen, ma all’epoca era ancora un regista indipendente quindi Universal si spostò su Tobe Hooper, che era sotto contratto con loro e aveva appena fatto parlare parecchio di sé grazie a Non aprite quella porta.
Alla produzione però non piacque il concept di Hooper per La cosa e dopo aver provato a contattare altri registi, tra cui un John Landis praticamente esordiente, il progetto si fermò.
Nel 1979 uscì Alien di Ridley Scott e l’horror di fantascienza improvvisamente era tornato a fare gola a tutti.
L’anno prima inoltre era uscito Halloween, trasformando John Carpenter da regista indipendente in mito assoluto del genere horror, con un film che praticamente inventava il sottogenere dello slasher, dove un assassino uccide uno dopoo l'altro i protagonisti del film.
Le cose si stavano mettendo sui binari giusti.
Una volta che John Carpenter salì a bordo del progetto mise in chiaro che avrebbe voluto restare più fedele alla storia originale senza però girare una sorta di retcon del primo film, inoltre chiese di lavorare con uno sceneggiatore perché non voleva occuparsi da solo della stesura dello script.
Dopo molteplici tentativi con vari sceneggiatori lo studio affidò il compito a Bill Lancaster, figlio del noto Burt e autore fino a quel momento solo della commedia sportiva Che botte se incontri gli Orsi e del sequel.
Lancaster e Carpenter si intesero subito grazie soprattutto all’idea degli esami del sangue, cosa che il regista apprezzò tantissimo e che in seguito dichiarò essere stata la cosa che più lo convinse a dirigere il film.
Il lavoro per trasportare un libro praticamente senza azione in un film non fu però facile per il giovane sceneggiatore, che prese decisioni drastiche: i personaggi da 37 diventarono 12, più gestibili, e la storia si sarebbe aperta nel pieno dell’azione e non in flashback come nel libro.
I personaggi inoltre vennero modernizzati, uno su tutti il MacReady di Kurt Russell.
Lancaster scrisse le prime 40 pagine abbastanza in fretta, ma arrivato al secondo atto si trovò bloccato: ci vollero mesi per concludere lo script, e una volta ultimato lui e John Carpenter passarono un weekend assieme in California per discuterne, soprattutto in merito al finale.
Già perché di finali ne vennero vagliati 3: uno prevedeva che i due ultimi superstiti si salvassero, ma che guardassero in cielo degli uccelli volare verso la terraferma, preoccupati che fossero stati infetti.
L’altro finale - scelto da Carpenter - è quello che abbiamo visto e che ben conosciamo, che lascia aperto il dubbio e la paranoia.
Il terzo è quello scritto originariamente da Lancaster e che raccontato oggi fa un po’ sorridere: secondo lui MacReady e Childs si trasformavano entrambi nella Cosa, e una volta arrivati i soccorritori, li avrebbero attaccati dicendo “Ehi, finalmente un bel pasto caldo!”.
Direi che è meglio il finale che conosciamo.
Kurt Russell non fu la prima scelta come MacReady: prima di lui furono vagliati Christopher Walken, Jeff Bridges, Nick Nolte, Sam Shepard, Tom Atkins e Jack Thompson.
Carpenter aveva già lavorato con Russell in due occasioni, per il film televisivo Elvis, il re del rock e per 1997: Fuga da New York, per il ruolo di MacReady non trovarono nessuno di più adatto di lui e si concretizzò così la terza collaborazione nel giro di pochi mesi.
Avrete sicuramente notato inoltre che nel film abbiamo due personaggi che si chiamano Mac e Windows: non sono omaggi a Steve Jobs e Bill Gates, ma una semplice coincidenza.
Se il personaggio di Kurt Russell aveva già un nome, infatti, quello di Thomas Waites si chiamava all’inizio Sanchez, mutato poi in Sanders: ottenne il nome di Windows grazie agli occhialoni scuri con cui si presentò l’attore al provino, il soprannome che gli diedero in quella situazione divenne poi il nome del personaggio nel film.
[La puntata speciale su La cosa, registrata dal vivo Al cinema con CineFacts]
Una volta pronta la sceneggiatura e il cast si presentò subito la questione budget.
Universal approvò un budget di 10 milioni di dollari, con appena 200.000 dedicati agli “effetti per le creature”.
Il reparto di produzione fece due calcoli e rispose che di milioni ne sarebbero serviti 17, con 70 giorni di riprese in interni e 28 di riprese in esterni.
I 200.000 poi sembravano pochi fin da subito: quando la produzione lo fece notare Universal rispose che non aveva mai stanziato una cifra più alta per gli effetti speciali.
La cifra si alzò fino a 750.000 dollari, ma anche in quel modo sembrava difficile portare a casa la scena della morte di Bennings, che un calcolo sulla base della sceneggiatura e dei primi storyboard la poneva a circa un milione e mezzo.
Il cast non era il costo principale, dato che tutti gli attori vennero pagati 50.000, tranne la star Kurt Russell che ne prese 400.
Ma la sperequazione tra il "Vorrei" e il "Questo Mi Ritrovo" fece partire i primi salti mortali della produzione, che riuscì con enorme fatica a ridurre di un terzo i giorni di riprese, eliminare un paio di set e… tagliare del tutto la costosissima morte di Bennings.
I giorni divennero quindi da 98 a 57 e il budget stabilito a inizio riprese fu di circa 11 milioni.
Iniziarono a girare in Alaska il 24 agosto 1981 e dopo 12 settimane, quando a dicembre dovevano cominciare le riprese in studio, avevano già finito i soldi per gli effetti speciali.
Il freddo finto, inoltre, rischiava di far lievitare non poco le spese.
Gli ultimi 100.000 necessari furono recuperati dallo stesso Carpenter che organizzò un pranzo con Ned Tanen, l’allora presidente di Universal che a curriculum aveva "filmetti" come Lo squalo, Il cacciatore, Missing, The Blues Brothers e di lì a poco un altro filmetto in uscita: E.T. L’extraterrestre, di Steven Spielberg.
Tanen si fece convincere dal caro vecchio John e firmò per concedere altri 100.000 al budget degli effetti de La cosa.
Pochi mesi dopo uscì E.T.: il film demolì il record di incassi di Guerre Stellari - che nel frattempo aveva demolito quello de Lo squalo - e incassò un miliardo di dollari a livello globale a fronte di un budget di circa 10 milioni di dollari.
I 100.000 che Tanen concesse a Carpenter quindi gli rientrarono in circa 5 minuti.
Quando fu il momento di girare in interni il tutto avvenne negli studi Universal, che per replicare le avverse condizioni del Polo Sud pensò di affittare delle enormi celle frigorifere e costruirci dentro i set.
Il problema è che erano troppo piccole, quindi la soluzione fu quella di noleggiare decine di condizionatori fatti funzionare contemporaneamente per arrivare a una temperatura di -2°, proprio durante un’anomala ondata di caldo a Los Angeles che portava la temperatura a una media di 35.
Come potete immaginare non è molto economico far andare millemila condizionatori per abbassare di 40 gradi la temperatura.
Involontariamente però John Carpenter aiutò la produzione dopo pochi giorni di studio: il regista iniziò a preoccuparsi del fatto che stesse girando un film “con tanti uomini che parlano in una stanza”, quindi riscrisse qualche scena che aveva girato per far sì che funzionasse rigirata in esterni e a dicembre la troupe si spostò nella Columbia Britannica, sulle ali dell’entusiasmo perché si avvicinava la fine delle riprese.
Ma la sfiga non aveva ancora finito con il set de La cosa.
Il primo giorno di set, durante il viaggio verso la location, l’autobus è scivolato sulla neve e ha rischiato di precipitare in un dirupo di 150 metri con a bordo cast, troupe e attrezzatura.
Keith David (che interpreta Childs) aveva fatto un’incidente in macchina e si era rotto una mano il giorno prima di girare: il guanto chirurgico si notava troppo, quindi i costumisti gli sistemarono sopra a quello un guanto che più o meno ricordava la sua carnagione, ma comunque per mezzo film la sua mano sinistra non si vede.
Le cineprese e le attrezzature che lavoravano sulla neve dovevano restare all’aperto e quelle che lavoravano in interni dovevano stare in interni: lo sbalzo climatico era tale che avrebbe richiesto troppo tempo aspettare che lenti e macchine da presa si abituassero alla temperatura: cosa significa questo?
Doppia attrezzatura, ovvio, e doppie spese.
Kurt Russell ha più volte rischiato di farsi parecchio male quando usa il razzo segnalatore e la dinamite, non tanto per la dinamite che era finta, ma per il razzo che gli bruciava le mani e lo costringeva a recitare velocemente.
Il cane Jed si rivelò più lupo che cane: tutti hanno raccontato che non lo si sentiva mai abbaiare né ringhiare ma che ogni tanto, quando qualcosa non gli andava a genio, strizzava gli occhi e mostrava i denti; l’addestratore disse a tutti coloro che dovevano recitare assieme a Jed che era il suo modo per reagire a qualcosa che lo spaventava ed era meglio aspettare che si calmasse.
Solo per la scena in cui il cane si trova nella base e incontra tutti i personaggi ci vollero due settimane di prove.
In tutto ciò John Carpenter continuava a scrivere scene nuove e tagliare quelle della sceneggiatura, perché si rendeva conto sul set che molte cose non gli quadravano: il cambiamento più importante riguarda sicuramente il personaggio di Kurt Russell, che nella versione finale del film risulta subito essere il leader del gruppo, quando invece prima era previsto che la cosa venisse fuori col tempo.
Questi continui cambi obbligavano il regista a spiegare quasi ogni giorno agli attori cosa avrebbero dovuto fare, perché sullo script c’era scritto altro.
Non solo: l’enorme mole di effetti speciali, aggiunti dopo in quanto ripresi separatamente, costringeva il cast a recitare mentre Carpenter fuori campo mimava quello che stavano vedendo.
A proposito di effetti: il supervisore Rob Bottin, al quale dobbiamo praticamente l’invenzione di tutte le creature che si vedono nel film, lavorò al progetto per un anno e 5 settimane di fila.
Senza un giorno di pausa.
Dormendo spesso negli studi Universal.
Alla fine di tutto Carpenter lo vide e gli disse “Tu non stai bene”.
E infatti fu ricoverato in ospedale.
[Ennio Morricone e La cosa: un rapporto difficile]
Due parole sulla musica di Ennio Morricone perché ci fu uno scambio divertente.
John Carpenter lo coinvolse perché voleva un “tocco europeo” per la colonna sonora de La cosa: Ennio Morricone preparò un paio d’ore di musica che mescolava classica ed elettronica, perché non sapeva cosa sarebbe piaciuto di più al regista, che non gli aveva nemmeno fatto vedere una scena del film.
Carpenter scelse il tema, che divenne quello principale del film, ma il resto lo convinceva poco: per far capire meglio a Morricone cosa volesse, un giorno gli fece ascoltare la sua colonna sonora di 1997: Fuga da New York.
Ennio Morricone continuò a lavorare e a fare tentativi, nel frattempo Carpenter scriveva e registrava altra musica per conto suo con il fido collaboratore Alan Howarth perché le musiche di Morricone secondo lui non si sposavano con il film.
Nel film finito le musiche di Morricone occupano in tutto 20 minuti scarsi e fecero ottenere al Maestro una nomination ai Razzie Awards come Peggior Colonna Sonora.
Le musiche che non entrarono a far parte de La cosa Morricone le riutilizzò 33 anni dopo per The Hateful Eight di Quentin Tarantino, vincendo l’Oscar per la Miglior Colonna Sonora.
Chissà Carpenter quella sera cos’ha pensato.
Una volta che il film era pronto, fu finalmente distribuito.
E fu un mezzo disastro.
Due settimane prima infatti E.T. aveva cambiato la testa dello spettatore medio, che ormai si era stufato di vedere gli alieni brutti e cattivi e preferiva invece gli alieni - brutti, comunque, perché dai, non è che E.T. sia Mister Universo - ma teneri e coccolosi.
Venne cambiato anche il claim del film che appare sulle locandine, che era stato scritto dallo stesso autore di quello di Alien “Nello spazio, nessuno può sentirti urlare”: da “L'uomo è il posto più caldo dove nascondersi" si passa a un generico "Il massimo del terrore alieno" proprio per sfruttare un po’ il successo del film di Ridley Scott.
Ma La cosa non incassa molto e finisce la sua corsa in sala poco sotto i 20 milioni di dollari, a fronte di un budget finale che era salito a 14.
Non un totale fiasco, ma quasi.
Anche la critica attaccò ferocemente il film, accusandolo di essere noioso, senza tensione, retto solo dagli effetti speciali e addirittura il critico del New York Times scrisse che era "Un film divertente per tutti coloro che sognano di vedere al cinema delle teste con zampe di ragno e le autopsie dei cani."
Con il tempo però tutti si dovettero ricredere e oggi La cosa è considerato uno dei massimi esponenti della fantascienza horror e il prestigioso BFI - British Film Institute - lo ha inserito tra i 10 migliori film di sempre sugli alieni.
[La prima scena de La cosa]
Concludo con una cosa sull’inizio del film: probabilmente già sapete tutti che il ricercatore norvegese all’inizio del film spoilera la storia, dato che le sue battute, non sottotitolate, dicono letteralmente "Andatevene, quello non è un cane, è una specie di cosa che sta imitando un cane, ALLONTANATEVI IDIOTI!".
In Norvegia doppiano solo i film per l’infanzia, quindi nel 1982 chi andava a vedere La cosa al cinema rischiava di sentirsi raccontare tutto dopo 8 minuti.
Hanno risolto facendo doppiare il norvegese… in croato.
Certo, per un norvegese che conosce il croato e che vedeva al cinema La cosa senza sapere niente del film il problema restava, ma capite bene che si tratta di una ristretta cerchia di persone per le quali si poteva anche far finta di niente.
La decisione di doppiare la battuta in croato però secondo me è importante perché smentisce tutti coloro che da anni dicono che i norvegesi hanno sempre una soluzione in serbo.
Perché quella volta la soluzione fu in croato.
Ok, scusate: ho finito.
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1 commento
Teo Youssoufian
1 anno fa
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