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Marcello Mastroianni, durante un'intervista rilasciata a Oriana Fallaci, disse di sé
“Non mi piaccio. Non mi sono mai piaciuto neanche fisicamente.
Non mi piaccio quando mi osservo allo specchio: questo nasino corto, questa bocca cicciuta (...). Io sono carino e un uomo non deve essere carino. Più ci penso e più mi chiedo come sia possibile che una faccia simile mi dia da mangiare.
Che la gente ci veda il volto di un’epoca, anzi il simbolo di un uomo ambiguo, confuso, egoista immaturo".
Quella dell'attore classe 1924 è una delle figure più studiate del nostro panorama cinematografico, a cui è stata dedicata una bibliografia imponente sia in Italia che all’estero; questo perché molti lati della sua personalità sono ancora oscuri, da scoprire e da osservare.
Uno dei più alti punti di interesse della persona - non del personaggio - di Marcello Mastroianni è l’eterna autocritica nei confronti della sua immagine divistica.
A partire dai primi ruoli nel mondo del Cinema, dopo una lunga gavetta nel teatro a fianco di Luchino Visconti, Mastroianni ha sempre cercato di far coincidere il suo modo di essere con il suo riflesso esteriore: un uomo buono, umile che ottiene il successo attraverso il duro lavoro.
L’immagine di latin lover a cui spesso veniva associato non era mai vista di buon occhio dal divo de La dolce vita, che infatti prediligeva personaggi che potessero incarnare - e che fecero di lui uno degli attori più richiesti del nostro Cinema, l’italiano medio degli anni ‘60, The quintessential Italian man:
“Uno come noi dissero di lui i mille necrologi che riempirono stampa, televisione, radio quando Mastroianni morì. (...) Mastroianni è l’italiano medio o quel che l’italiano pensa e vuol vedere e credere di sé".
Una mascolinità debole, che si distacca dalla virilità latina per abbracciare le femminilità (in)conscia della sua persona.
Come ci suggerisce Giulia Muggeo nel suo libro Marcello Mastroianni: Echi e riscritture di un attore, nel film Il bigamo di Luciano Emmer il personaggio di Mastroianni (Mariano De Santis) appare come un uomo brillante, seducente e incline per lo più a rapportarsi col gentil sesso.
Quando però Mario entra in commissariato il suo carisma viene soppresso, lo stile recitativo posato di Mastroianni cambia per far spazio alle grida, all'agitazione: il suo personaggio diventa impotente difronte al potere.
Una condizione che ritornerà e che farà la fortuna di una delle più grandi collaborazioni che il Cinema italiano abbia mai conosciuto: quella tra Marcello Mastroianni e Sophia Loren.
Funzionale in questo caso è l’iconica scena dello spogliarello nel terzo episodio di Ieri, oggi, domani, dove il personaggio di Mastroianni rimane impotente con fare voyeuristico nei confronti dell’azione della Loren.
Augusto è in secondo piano - come per tutto l'episodio - per lasciar spazio al ruolo dominante della propria partner, limitandosi in modo grottesco a ululare come un cagnolino.
[La celebre scena dello spogliarello in Ieri, oggi, domani]
Vi è dunque un “Mastroianni-spettatore”, che assiste agli eventi e in modi differenti li immortala.
Una condizione con cui Vittorio De Sica gioca smorzando a tratti l’iconicità del divo, raffigurandolo nei tre episodi che compongono Ieri, oggi, domani, prima in una versione stereotipata dell’uomo virile latino (in Adelina), poi in quella dell'intellettuale post-boom economico (in Anna) e infine nella già citata figura grottesca dell’uomo inetto (in Mara).
Una complessità di ruoli - quelli degli anni '60 - che hanno contribuito però a elevare la sua icona non smorzando mai la sua immagine di latin lover, come la stessa Sophia Loren ribadì in un'intervista con Dick Cavett: “Sì, è un latin lover" .
Esemplificativa fu la risposta dello stesso Mastroianni: "Ma vaffanculo (...) non so cosa significa 'latin lover': penso che debba essere uno scopatore, io non lo sono. Io sono estremamente normale.”
[L'intervista completa a Marcello Mastroianni e Sophia Loren]
Una normalità mascherata ad esempio anche in Una giornata particolare di Ettore Scola, un film che gioca su alcuni aspetti del passato cinematografico del duo sopracitato.
In particolare il personaggio di Mastroianni nasconde la sua omosessualità - in questo caso Scola sovverte completamente l’idea del playboy - a quello della Loren, che a sua volta è vestita in modo tale da non lasciar intravvedere nessuna parte del suo corpo, un aspetto che invece, con eleganza e sensualità, fu parte della sua celebrità.
Una scelta - seppur estremizzata - che mostra ancora una volta il disinteresse del possesso del corpo femminile da parte di una delle maschere di Mastroianni.
Vi è dunque una continua ricerca da parte del “latin lover suo malgrado” di decostruire quella immagine divistica glamour costruitasi nel corso degli anni '60 dopo l'indimenticabile interpretazione di Marcello Rubini ne La dolce vita di Federico Fellini.
Un personaggio che ritorna periodicamente nel corso della carriera di Mastroianni diventando quindi “corpo-citazione”, trovando l’emblema in C’eravamo tanto amati del già citato Ettore Scola.
[Fellini e Matroianni nel cameo di C'eravamo tanto amati]
Il personaggio di Marcello Rubini è stato punto di partenza e non ritorno per l’inizio del mito del Mastroianni-latin lover, una condizione di insofferenza con cui lo stesso Federico Fellini amava giocare; nell’episodio Block Notes di un regista dello stesso cineasta riminese, Fellini incalzava l’operatore per far si che le riprese si concentrassero sull’attore: “Riprendilo qui davanti, è il latin lover".
Una sorta di ironia che si è ripresentata anche in Intervista, dove è lo stesso Mastroianni a prendersi gioco della propria virilità; simbolica è l’entrata in scena dell’attore, che apparendo alla finestra di Fellini esclama: “Con un colpo di bacchetta la tua fava torna eretta!”
Una ricerca di evasione esasperata, che assume caratteri quasi grotteschi dovuti a un’ossessione nei suoi confronti: “Le proposte che avevo avuto dopo 'La dolce vita' erano tutte da conquistatore, da amatore che batte i locali notturni. Amai subito demolirla questa immagine, non intendevo essere catalogato".
Una decostruzione dell'immagine iniziata a partire da Il bell’Antonio, dove interpretava un personaggio impotente, e proseguita poi l’anno seguente in Fantasmi a Roma. In particolare nel film di Antonio Pietrangeli, Mastroianni è un Casanova che può solo osservare e ammirare il corpo femminile e che manifesta quindi - come scrive Giulia Muggeo - “una mascolinità dimezzata”.
[Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni ne Il bell'Antonio di Mauro Bolognini]
Nei suoi due primi film post-La dolce vita Mastroianni aveva scelto di affiancare alla sua immagine il richiamo dell’impotenza, ma è a partire dagli anni '70 che l’attore cercherà di rendere lapalissiano il degrado e il decadimento di quella mascolinità virile e latina in cui non si è mai rispecchiato.
La sua proficua collaborazione con il regista Marco Ferreri avvicinò notevolmente il personaggio all’uomo reale: funzionale in questo caso la scelta di chiamare Marcello il personaggio di Mastroianni ne La grande abbuffata o nell’affiancarlo a Catherine Deneuve - sua compagna di vita nella realtà all’epoca - ne La cagna e in Non toccare la donna bianca.
Finzione e realtà si mescolarono tanto da condizionare anche il plot de La grande abbuffata: Mastroianni chiese a Ferreri di fare il modo che il suo personaggio fosse il primo a morire, in modo tale da raggiungere il più presto possibile Catherine dopo le riprese.
Ne La grande abbuffata vediamo dunque il vero volto di Marcello che riprende un ruolo già interpretato da Mastroianni.
Il suo personaggio è affetto da priapismo, ed è il primo a manifestare esplicitamente la voglia di una donna; ma come era già successo nel corso del binomio Ferreri-Mastroianni (penso a Break-Up), Marcello è più attratto dalla meccanicità degli oggetti che dalla fisicità della carne.
Nella villa all’interno di un garage, Marcello troverà una Bugatti d’epoca su cui farà ogni cosa: mangerà, farà sesso e masturberà con un collettore una prostituta.
Un gesto simbolico, quest'ultimo, che rappresenta l’incapacità del personaggio di provare piacere.
Il climax feticista del personaggio interpretato da Mastroianni arriverà al suo apice dopo l’accensione dell’auto, che consente finalmente a lui e a Michel di fare una corsa simulata, specchio del limbo che stanno vivendo.
[La grande abbuffata rappresenta una delle sei collaborazioni tra Mastroianni e Ferreri]
Ne La grande abbuffata, citando il Professor Alberto Scandola: “Ferreri ha teso al limite le potenzialità espressiva di Mastroianni, filmandolo al contempo come corpo fisiologico, mosso da pulsioni e istinti, e corpo simbolico, incarnazione di un’idea".
Anche se teso al limite però, il divo de La dolce vita sarà l’unico personaggio a non avere una morte disgustosa, volgare, mantenendo sempre una certa eleganza nonostante il contesto grottesco in cui si trova.
Nei primi film diretti da Fellini i personaggi interpretati dal “latin lover suo malgrado” subivano l’azione, erano a tutti gli effetti risucchiati nel vortice degli eventi risultando quindi corpi apatici.
Mastroianni, con Ferreri - ma anche Scola ed Elio Petri - diventa invece corpo patico, icona di una maschio morente e narcisisticamente ferito da un fallimento sia individuale sia sociale; esemplificativo il titolo del film di una delle collaborazioni tra Ferreri e Mastroianni: Ciao maschio.
Seguendo questa breve rilettura della carriera di Marcello Mastroianni si può notare come l’attore italiano abbia sempre cercato di sfuggire alle facili categorizzazioni ed etichette, cercando però allo stesso tempo - più o meno furbescamente - di restare un’icona, attraverso la scelta di ruoli e personaggi che lo rendessero immortale.
Forse, al di là di una fragilità interiore mai celata, il segreto dello status symbol di cui Mastroianni gode e godrà per sempre è proprio da collocare nella sua semplicità, nel suo essere così umano nei gesti, specchio di un uomo tanto comune quanto inarrivabile.
Vi rispettiamo: crediamo che amare il Cinema significhi anche amare la giusta diffusione del Cinema.