#CinemaeFilosofia
Cosa c'è di più universale, fra gli uomini viventi, del concetto di percorso di crescita?
Stendiamo un semplice sillogismo:
- chiunque guardi film è vivo;
- tutti i vivi stanno crescendo;
- chiunque guardi film sta crescendo.
E persino chi non li guarda, sempre che esistano.
Pensate ora a quanti film d'animazione hanno rappresentato magnificamente questo principio universale in modo molto più efficace di qualsiasi film in live action.
Parlare genericamente di fasi della vita è quasi un topos nei film d'animazione (pensate ad Up, La tartaruga rossa, Inside Out, praticamente ogni Classico Disney...).
Perché i cartoni animati hanno una vocazione per la metafora?
Perché un concetto astratto sarà meglio veicolato in un film d'animazione che in uno in live action (da qui in poi semplicemente "film")?
Ho provato a darmi questa risposta: il fatto di non essere realistici.
Il film d'animazione (d'ora in poi "cartone") è un dipinto, nel senso filosofico del termine: una copia della realtà, una rappresentazione.
Il film invece è registrazione della realtà.
Vi è la recitazione, certo, ma la non-verosimiglianza non è costitutiva come accade invece nei cartoni.
I cartoni si pongono ontologicamente (sulla scala dell'Essere), a un grado di lontananza dalla realtà sensibile superiore a quello dei film.
Nascono come astrazione.
Dopotutto non sono nient'altro che forma e colore. È altamente probabile che Vasilij Kandinskij amasse Fantasia, per dire.
La metafora è l'istantanea sovrapposizione di un concetto a un'immagine.
Filosoficamente direi a un universale, ossia a una categoria intesa nel senso più generale: un nome comune, come insegna l'analisi grammaticale.
Ed è così che l'universale volpe è associato al concetto astuzia.
Ed ecco che l'universale-arricchito volpe si fa metafora.
I film giungono a questo molto più difficilmente perché l'attore, specie se conosciuto, particolarizza il nostro sguardo: quello che vediamo allora è un ente specifico che recita, e cerca perciò di rappresentare un altro concetto particolare.
Ci è difficile vedere un film e dire
"Ecco, questo attore sta rappresentando l'Uomo".
Capita, ma il più delle volte un personaggio significa lui e lui solo, perché è più semplice o, meglio, è più appropriato alla natura estetica del medium: la realtà sensibile susciterà con fatica doppia dei concetti universali quando semplicemente registrata.
Il cinema in live action non ha rinunciato a veicolare concetti universali, badate, ma i cineasti a partire da Sergej Ėjzenštejn hanno capito che il Pensiero potesse venire veicolato non dall'ostensione delle immagini - il semplice metterle in mostra una ad una - ma piuttosto dalla loro particolare giustapposizione.
La metafora fluirà allora fra gli interstizi del montaggio, per così dire.
Se volete un esempio più recente pensate al montaggio concettuale di Nymphomaniac.
I messaggi universali saranno affare anche del Cinema degli attori, ma sono pochi quegli Autori che hanno saputo offrire ciò, perché la fatica di comunicare e ricevere quanto più chiaramente possibile è doppia che rispetto ad un film d'animazione, come ho mostrato.
Essere contro interpretare l'essere.
Questo tema del doppio e del singolo tenetelo a mente, tornerà fra poco.
Il disegno, invece, non interpreta quel personaggio, esso è quel personaggio, fin dalla nascita.
Anche nei casi in cui la sua caratterizzazione sarà ricchissima di particolari.
Da una parte vediamo un personaggio, ma anche l'uomo che lo anima, dall'altra l'animatore - il creatore - ci è invisibile.
Uno invece che due.
Uno scarto decisivo, e risposta alla mia domanda iniziale.
Per questo i cartoni hanno un potenziale astrattivo e universalizzante immenso.
E questo fa pensare che non esista idea più sciocca di credere che l'animazione classica o digitale sia materia per soli bambini.
Tale idea andrebbe invece rivoluzionata: il cartone animato, costitutivamente, è faccenda per adulti.
Proprio come lo è una galleria di quadri, non per nulla.
2 commenti
Sebastiano Miotti
4 anni fa
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Sebastiano Miotti
4 anni fa
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