#Cinerama
Viaggio nella mente di Gaspar Noé, artista controverso e divisivo come pochi, alla ricerca delle sue ispirazioni e nel tentativo di definirne i tratti caratteristici.
Analizzando approfonditamente la maggior parte della sua filmografia, nella quale figurano solo cinque lungometraggi, andiamo alla scoperta di un personaggio davvero singolare, cercando di farlo "parlare" il più possibile attraverso le sue dichiarazioni lasciate in questi anni.
Il regista argentino, specie per le sue prime opere, è stato spesso associato alla corrente, non ufficiale, denominata New French Extremity.
Il termine è stato coniato, in maniera dispregiativa, dal critico James Quandt, riferendosi a un complesso di artisti, operanti a cavallo tra Novecento e Duemila, interessati a "rompere ogni tabù".
Riprendendo il lavoro di registi come Mario Bava e Pier Paolo Pasolini, tra gli altri, e di intellettuali come Georges Bataille e il Marchese De Sade, il loro Cinema si configurava come una sconvolgente sommatoria di "fiumi di viscere e fiotti di sperma", in un tripudio di "penetrazione, mutilazione e profanazione".
Violenza, tanta, e sesso, tantissimo, sono infatti due dei cardini delle pellicole di Gaspar Noé, che certamente non lasciano indifferenti pubblico e critica.
Misurare il valore del regista, che opera spesso anche come sceneggiatore e montatore, è decisamente complicato, specie se lo stesso è stato definito tanto un "artista dello scandalo" quanto un "regista del vuoto".
[Gaspar Noé]
Il suo stile si configura come una personalissima rielaborazione di un gran numero di influenze, tanto sul piano formale che su quello contenutistico, in una maniera molto autoreferenziale e personale.
Del resto, è lo stesso Gaspar Noé a esplicitare come "dirigere un film" sia "solo una via per esprimere sé stessi", arrivando talvolta a realizzare un film con l'unico obiettivo di mostrarlo "a un particolare regista".
Insomma, o lo si ama o lo si odia questo Noé, e senza dubbio capirete se avete già consumato alcune delle sue opere.
Sarà quindi utile, nel tentativo di inquadrare il suo stile, elencare alcune delle sue pellicole preferite, per un regista che è un cinefilo accanitissimo, tanto da "spendere più tempo su Ebay" a comprare poster "che a fare film".
Lo stesso cineasta definisce "l'essere un collezionista" come una sorta di "malattia mentale".
Secondo iMDB i suoi dieci film preferiti, in ordine cronologico, sono:
Un cane andaluso, capolavoro surrealista di Luis Buñuel e Salvador Dalì;
King Kong, del 1933, primo di una fortunata serie;
Scorpio Rising, cortometraggio sperimentale di Kenneth Anger;
Soy Cuba, gioiello sovietico diretto da Michail Kalatozov;
2001: Odissea nello Spazio, di Stanley Kubrick;
Salò o le 120 giornate di Sodoma, di Pier Paolo Pasolini;
Taxi Driver, di Martin Scorsese, qui analizzato;
Eraserhead - La mente che cancella, opera prima di David Lynch;
Angst, unico lungometraggio dell'austriaco Gerald Kargl;
Amour, di Michael Haneke, qui analizzato.
[Kenneth Anger]
Merita una menzione speciale il capolavoro di Kubrick, che Gaspar Noé ha definito "il film che ho visto più d'ogni altro nella mia vita", con la prima visione a soli sette anni che fu una vera e propria epifania.
"È stata la mia prima esperienza allucinogena, la mia più grande svolta artistica, e anche il momento in cui mia madre mi ha spiegato cosa fosse un feto e come venni al mondo.
Senza questo film non sarei mai diventato un regista".
Altri film di Kubrick hanno poi influenzato le sue opere, specie Arancia meccanica, vista la sua alta dose di violenza.
Degne di nota sono poi altre figure ispiratrici, che vanno da Carl Theodor Dreyer (dal quale è "ossessionato") a Rainer Werner Fassbinder, finendo in un generale interesse per film di exploitation, horror, cinema italiano degli anni '70 (dal quale è, ancora una volta, "ossessionato") e cinema giapponese, a tutto tondo.
In quest'ultimo caso, molto apprezzate sono le opere di Shōhei Imamura e Nagisa Ōshima, esponenti della Nouvelle Vague giapponese, oltre al Patriottismo di Yukio Mishima e a Jigoku, folle J-Horror uscito nel 1960.
Il giudizio sugli horror, in generale, è però più complesso.
Pur amando pellicole come Videodrome, di David Cronenberg, e La cosa, di John Carpenter, Gaspar Noé sottolinea come il genere non lo spaventi minimamente, specie se zeppo di "fantasmi o mostri".
[Probabilmente la parte preferita da Noé]
Le parole in merito alla scena contemporanea sono invece più taglienti:
"Solitamente commedie, film d'azione e film di fantascienza mi annoiano, sono così prevedibili".
Così tanto che, nel caso della première di Black Panther, il regista non esitò ad uscire dalla sala dopo soli venti minuti non proprio soddisfattissimo, per usare un eufemismo.
Critiche non sono poi lesinate all'attuale macchina della produzione cinematografica:
"I registi sono tutti dei succhiacazzi […] per trovare i finanziamenti.
Per fare un film devi mentire.
Quando ho fatto Irréversible […] ho dovuto promettere ai produttori che avrebbero incassato dieci volte quello che investivano, e che non ci sarebbero state scene spinte.
Mentivo".
Non mancano però eccezioni nel panorama artistico odierno, vista l'attività di "autori i cui film mi rimangono addosso, impressi e fissati negli occhi", come Lars von Trier, Michael Haneke, Todd Haynes, Abdellatif Kechiche, Denis Villeneuve (specie con Arrival) e il "davvero pazzo" Darren Aronofsky.
[Non proprio il film preferito dal regista...]
Considerate le maggiori influenze, focalizziamoci ora sulle idee proprie del Gaspar Noé cineasta.
Da una conversazione con Nicolas Winding Refn, al Danish Film Institute nel 2014, apprendiamo che Noé non realizza alcuno storyboard per le proprie pellicole, sorprendendo dunque per la spontanea bellezza delle sue inquadrature ("mi piace tenere in mano la macchina").
In tal senso, l'uso intensivo di "piani larghi" è determinato dal voler "catturare quella sensazione di vita che scorre, in modo che gli aspetti violenti o sessuali conservino la propria carica emotiva", mentre in generale è evidenziabile un netto dualismo stilistico, che contrappone sequenza lunghe e intricate ad altre totalmente statiche.
Egli sottolinea poi la sua grande attenzione per le transizioni tra inquadrature, concependo le sue opere come "puzzle" che acquisiscono senso grazie alle relazioni tra le diverse tessere.
Capitolo a parte merita la stesura della sceneggiatura, che "consente di essere più sicuro e di esprimere la tua libertà creativa diversamente" ma spesso non impiegata "perché non trovo mai il tempo di scrivere".
Ad eccezione del primo lungometraggio, Solo contro tutti, le altre pellicole si imperniano infatti su trattamenti di poche pagine, sotto la decina, lasciando grandissimo spazio all'improvvisazione, "che ha un ruolo essenziale" specie nel caso di Climax.
Fondamentale, in un contesto di questo tipo generalmente non troppo verboso, diventa il ruolo della musica, con colonne sonore puntigliosamente studiate da un regista che ha realizzato anche diversi videoclip musicali, ad esempio per i Placebo e per SebastiAn.
Se voleste approfondire la questione, può essere interessante questa intervista di Gaspar Noé per la Red Bull Music Academy, del 2016 (qui trascritta), per la quale egli ha scelto quindici scene caratterizzate da superbi connubi immagine-musica, partendo dal cinema muto (!) e concludendo con "uno dei migliori finali della Storia del Cinema".
[Gaspar Noé, Nicolas Winding Refn e... un amico]
Dal punto di vista contenutistico, poi, emergono molte delle idee del cineasta argentino, del Gaspar Noé persona.
Sesso e violenza, come visto, lo conducono nel recinto della New French Extremity, ma il sostrato teorico supera notevolmente la volontà di stupire tanto per farlo.
Per Noé, ad esempio, "non esiste divisione tra arte e pornografia.
Si può fare arte in merito a qualsiasi cosa.
Qualunque cosa che sia ripresa o riprodotta in una maniera inusuale è artistica o sperimentale".
Questo confine, vero o presunto, tra arte e pornografia sarà oggetto del film collettivo Destricted, del 2006, al quale Noé ha contribuito con il cortometraggio We Fuck Alone, accanto a lavori come quello di Marina Abramović.
Il tema sarà affrontato anche nel controverso Love, nel tentativo di superare quella "demonizzazione della nudità che sta riportando la società occidentale all'Ottocento".
Da questa raccolta di considerazioni è possibile desumere un'ipotetica posizione politica del regista, che si definisce "di sinistra", la quale emerge anche in relazione a tale dichiarazione sul rapporto tra società, tabù e violenza:
"La società è sempre stata repressiva e conservatrice, ma ci sono alcune cose che trent'anni fa sembravano naturali e che ora sembrano pericolose […].
Non si può dire che il mondo di oggi sia più violento di trenta o quarant'anni fa, ma ora sta diventando decisamente più oppressivo".
[Frame da Love]
Combinando gli assunti di Gaspar Noé concernenti sesso e violenza, oltre allo schieramento politico, comprendiamo il perché della presenza costante di aborti e gravidanze indesiderate all'interno delle sue pellicole, che permettono di toccare un tema assai delicato.
Il regista si schiera sempre da una parte della barricata, quella pro-choice, anche incoronando 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni come film preferito del primo decennio del Duemila, ma non per questo sposa una visione semplicistica:
"Niente bambini, niente aborti.
Non sono pro-vita ma non sono nemmeno pro-morte".
In tal senso sono quindi da leggere i numerosi riferimenti al sesso sicuro e all'importanza della contraccezione che dominano anche altre tre opere minori del regista, incentrate sul tema dell'AIDS: Sodomites, cortometraggio del 1998 commissionato dal Ministero della Salute francese, il documentario Intoxication e SIDA, segmento del film collettivo 8.
Altro aspetto da prendere in esame è quello riguardante le droghe, tenendo conto di come Gaspar Noé ne sia un consumatore abituale, anch'esse spesso presenti nelle varie pellicole quasi come protagonisti aggiuntivi: cocaina in Irréversible, DMT in Enter the Void, amore (con la produzione di endorfine) in Love, LSD (e alcol) in Climax.
Per Gaspar Noé, esse "possono riportare la mente a uno stato rettiliano", nel senso di animalesco-primitivo, rendendo centrali "sopravvivenza, riproduzione della specie, sesso e dominazione", in un flusso mentale non più "logico" ma "psicotico".
In particolare, "droghe psichedeliche, tipo funghetti e ayahuasca […] possono davvero apriti la mente", a differenza della cocaina, che "va bene se devi lavorare di notte e consegnare il girato l'indomani in tempo per andare al montaggio".
[Frame da Enter the Void]
Da citare è anche il rapporto con la religione, visto che Noé è tanto ateo quanto anticlericale, definendosi un "umanista".
A una domanda su cosa non avrebbe mai mostrato in un film rispose, piuttosto seriamente, "un prete in una chiesa".
In generale, considerati molti degli elementi sopracitati, è facile scorgere anche alla luce di altre dichiarazioni un rilevante sottotesto nichilista, o quantomeno esistenzialista, spesso presentato in una veste semiseria o ironica.
Questo velo nero che copre le pellicole del regista, mai positivamente gioiose, è senza dubbio uno dei motivi che dividono il pubblico, come dichiarato dallo stesso:
"Non c'è nulla che rimanga, nella vita.
Ogni cosa che otteniamo, la perdiamo.
Ma alla gente questo non piace sentirselo dire. Preferiscono i film di buoni sentimenti.
La malinconia, quella, non paga".
[Il rumeno Emil Cioran, uno dei filosofi di riferimento di Gaspar Noé]
Dopo aver gettato luce sulle idee del Noé cineasta e del Noé persona, ripercorriamo la sua carriera, iniziata nella seconda metà degli anni '80, con corti e mediometraggi incentrati su temi che sarebbero poi ricorsi più volte nel corso della sua produzione.
L'opera prima è il corto Tintarella di Luna del 1985, che già presenta una buona dose di violenza e di stranezze, ribadendo anche la posizione religiosa di Gaspar Noé, a cui segue due anni più tardi Pulpe amère, che mostra un tentativo di stupro.
Nel 1991 esce il mediometraggio Carne, e nel '95 Une expérience d'hypnose télévisuelle, decisamente folle.
Il montaggio la fa già da padrone, specie in apertura, e Noé esplora, non senza ironia, le possibilità ipnotiche del mezzo televisivo-cinematografico:
"Quando fai un film che funziona, sei come uno sciamano, un ipnotista".
Ma una prima svolta arriva nel 1998, con Solo contro tutti, seguito del mediometraggio Carne già citato.
Nel medio, vincitore del premio della Settimana Internazionale della Critica al Festival di Cannes, veniva presentata la figura del macellaio senza nome, interpretato da un grande Philippe Nahon.
[Philippe Nahon]
Una vita difficile quella del disturbato protagonista, perfettamente calato nel contesto socioeconomico della periferia parigina, tra anni '60 e '70, in quella "società paternalistica" francese parecchio criticata da Gaspar Noé.
Il macellaio vede gli anni passare in fotocopia, come noi grazie a un provocatorio montage, e la sua esistenza scorre nel grigiore, nella tristezza.
Centrale, nell'economia dell'esile trama, è l'ambiguo rapporto con la figlia Cynthia, con la quale il protagonista vive solo dopo l'abbandono della madre.
Si percepisce un represso desiderio di incesto, tradotto concretamente in un rapporto perennemente infantile che esploderà nel momento del menarca, quando il macellaio aggredirà, a causa di un qui pro quo, un operaio accusato erroneamente di aver violentato l'adolescente.
Già in questa esperienza, Noé mette in luce alcune delle sue peculiarità stilistiche, come la frequente comparsa di parole sullo schermo, molto significative, o transizioni davvero sperimentali.
Il lato montaggio è infatti caratterizzato in maniera iperellittica, e sorprendono alcuni scambi tra inquadrature composti da movimenti di macchina velocizzati, accompagnati da effetti sonori stranianti, come un colpo di arma da fuoco o rumoracci alla Angst.
La pellicola è poi ricca di messaggi subliminali, e il tema della violenza appare più volte, dall'apertura con un cavallo esplicitamente squartato a Cynthia che osserva scene non proprio edificanti in TV.
Vale la pena anche notare la scelta, non banale, della colonna sonora: memorabile ad esempio è l'antitesi tra la pesante atmosfera del film e la Ti amo di Umberto Tozzi.
[Eraserhead, modello parziale sia per Carne che per Solo contro tutti]
La complessa esistenza del macellaio senza nome ricomparirà su pellicola nel 1998, dopo non pochi problemi in fase di pre-produzione e produzione.
Il travagliato processo durò nel complesso cinque anni, di cui tre solo per le riprese, "un po' come David Lynch nel realizzare Eraserhead", e richiese non pochi sforzi tanto a Gaspar Noé quanto a Philippe Nahon, "costretto a rimettersi gli stessi vestiti, del tutto irrigiditi, perché non avevamo abbastanza denaro".
La trama riparte dalla fine di Carne, col protagonista appena uscito di prigione dopo l'aggressione, costretto a vendere la macelleria.
Frustrato e deluso, egli perde anche la figlia, confinata in un istituto, e si lega alla sua nuova datrice di lavoro, un'insopportabile "grassona".
Le vicende si snodano in maniera non lineare e seguono il flusso di coscienza del protagonista, del quale sentiamo continuamente i lunghi monologhi mentali, come in Taxi Driver e Angst.
Proprio come in questi due film, tra i preferiti di Noé, serpeggia un pesante senso di disperazione esistenziale, al limite del nichilismo, che emerge tanto dai pensieri del macellaio quanto dalle parole presentate sullo schermo qua e là, di una disillusione sconcertante.
Come sarà consuetudine, il sesso è presentato in maniera morbosa e antivitalistica, specie nella sequenza ambientata in una squallida sala a luci rosse, alla Travis Bickle, e nel caso dei rapporti con l'odiosa compagna.
Compagna che rimarrà poi incinta per il dispiacere del macellaio che, sempre più frustrato, deciderà di alzare le mani puntando direttamente al pancione in una scena di inaudita violenza.
La spirale di follia proseguirà poi in crescendo sino al finale, tra progetti di omicidi e suicidio, quando si concretizzerà il ricongiungimento con la figlia Cynthia.
Le tendenze incestuose del macellaio sembrerebbero realizzarsi, in una sequenza però solo onirica, conclusa da un sanguinoso omicidio-suicidio, fittizio.
L'effettivo finale non fornisce risposte certe, chiudendo con un complesso movimento di macchina che ci porta fuori dalla stanza dove stanno i due, col seicentesco Canone di Pachelbel in sottofondo.
[Il macellaio senza nome] Gaspar Noé
Dal punto di vista tecnico, il montaggio riprende le soluzioni di Carne, aggiungendo un curioso countdown di 30 secondi, dopo l'avviso "WARNING", prima della sequenza conclusiva, ma le inquadrature si fanno molto più fisse e caratterizzate da composizioni mai banali.
La desolazione scenografica della periferia parigina, che sembra rimandare ad Eraserhead, è incorniciata da un gran numero di campi lunghi e lunghissimi, che riprendono le lunghe peregrinazioni, a piedi e non in taxi, del protagonista.
Anche la fotografia, sporca e giallastra, concorre nel creare un'atmosfera opprimente, virando su colori tenui e spenti.
La vera conclusione del film sarà poi svelata nel primo grande successo di Noé, Irréversible, uscito nel 2002.
In un cameo iniziale, il macellaio senza nome, sempre impersonato da Nahon, rivela di essere finito in galera dopo essere "andato a letto con mia figlia".
I commenti del coinquilino, che definisce l'atto come "il tabù dei padri occidentali", forniscono una chiave di lettura quasi antropologica su un argomento di interesse per il regista, che non si è affatto smarcato dalla questione dichiarando come, per lui, "possa esistere l'amore incestuoso".
L'idea di rispondere al quesito lasciato aperto da Solo contro tutti ("ha scopato sua figlia?"), tra l'altro, venne a Gaspar Noé leggendo un libro su Stanley Kubrick, nel quale si diceva come "egli amasse usare qualcosa di un film nell'inizio di un altro".
[Gaspar Noé con Monica Bellucci e Vincent Cassel]
Conclusa questa sequenza inizia finalmente a dipanarsi la trama, "una storia di stupro e vendetta raccontata al contrario, sull'onda di Memento, che all'epoca era uscito da poco".
La pellicola, girata in 16mm, si basa "esclusivamente su un trattamento" composto da "12 sequenze stringate", e si serve dunque molto dell'improvvisazione dei tre protagonisti: Vincent Cassel, Monica Bellucci e Albert Dupontel.
Le vicende, fattualmente semplici, sono presentate a ritroso e in diversi piani sequenza fittizi, sfruttando zone scure per le transizioni facilmente smascherabili, e ponti sonori per suggerire continuità.
Tranne poche inquadrature statiche, tra cui la più celebre del film, assistiamo a movimenti di macchina continui e funambolici, roteanti, che richiamano Angst e che assieme alla struttura cronologica sembrano puntare davvero a disorientare lo spettatore.
Il film si apre con una lunga sequenza ambientata al Rectum, un locale a luci rosse per omosessuali, che ricorda le atmosfere morbose dello Scorpio Rising di Kenneth Anger.
Tra i corridoi e le stanze si aggira il furioso Marcus, interpretato da Cassel, che è alla ricerca del Tenia, colui che poi scopriremo essere il barbaro violentatore della compagna di Marcus, Alex (a cui presta il volto la Bellucci), e tra le numerose scene sessualmente esplicite notiamo un fugace cameo del regista nell'atto di masturbarsi.
Tanto per frenare sul nascere eventuali polemiche su una sua presunta omofobia, visto lo "sfondo gay", quanto per "il piacere di essere sullo schermo", Gaspar Noé decise infatti di "divenire parte del club" in prima persona:
"Ho iniziato con un'erezione e mi stavo masturbando, ma il mio team […] iniziò a ridere e persi l'erezione".
La sequenza al Rectum si conclude poi con un'efferata uccisione a favor di camera, con Pierre, amico di Marcus, che sfonda la testa della persona sbagliata a colpi di estintore.
Che altro poteva fare lo stesso regista in grado di dichiarare ciò?
"Nei miei sogni ammazzo persone a martellate, e non vado in prigione.
Che c'è di meglio?".
[Monica Bellucci e Vincent Cassel in Irréversible]
Nell'economia della trama è poi centrale la scena madre dello stupro di Alex, ambientata in un sottopassaggio, rimandando tanto ad Arancia meccanica quanto a una delle scene più crude di Angst, ancora.
La scena, che suscitò un clamore non da poco, dura ben otto minuti: otto minuti durante i quali la macchina da presa è immobile, appoggiata a terra a pochi passi dal volto della Bellucci, scelta motivata dal voler frenare qualsiasi potenziale immedesimazione nello stupratore.
Lo stesso Gaspar Noé sottolineò poi come "la scena fosse diretta più da Monica che da me", visti i grandi margini di manovra lasciati all'improvvisazione.
Nel corso del film ritornano poi altri temi caratteristici del regista, dalla frequente presenza di droga a quella del sesso, partendo da una lunga conversazione sull'orgasmo e terminando in una delle scene finali con Marcus e Alex nudi nel letto.
E non poteva mancare una qualche gravidanza, con la felice scoperta sul finire del film della dolce attesa della donna, destinata però probabilmente a una brusca interruzione a causa dello stupro e del successivo pestaggio.
La pellicola si conclude non prima di aver mostrato due volte un poster di 2001: Odissea nello Spazio, con Alex sdraiata nel verde di un parco intenta a leggere An Experiment with Time di John William Dunne.
Sulle note della Sinfonia n. 7 di Ludwig van Beethoven, la cinepresa inizia ad alzarsi nel cielo e a ruotare, con lo schermo che inizia a virare verso il bianco, creando un effetto stroboscopico simile a quello presente nei titoli di testa.
Infine, sentiamo e vediamo sullo schermo una frase familiare, già pronunciata da Nahon nelle battute iniziali, che conclude questa rappresentazione filmica di "un'evoluzione dalla civiltà verso la barbarie":
"Il tempo distrugge ogni cosa".
[La scena più famosa di Irréversible]
Sul lato tecnico, oltre a quello che abbiamo già considerato, sono da citare la colonna sonora realizzata da Thomas Bangalter dei Daft Punk, e la fotografia curata sia dallo stesso Gaspar Noé (specie per la gestione della cinepresa) che dal fidato Benoît Debie, sporca e ricca di colori caldi.
Si tratta di un film decisamente spiazzante, in grado di dividere sia critica che pubblico, ed esasperante al punto da far uscire dalle sale non poche persone, certamente "non perché fossero annoiate" ma, piuttosto, poiché "la maggior parte [...] si sente aggredita da tutto ciò che è diverso da loro".
La scelta del soggetto ha poi permesso a Gaspar Noé di riflettere sul tema della vendetta, in merito al quale assume una posizione del tutto radicale:
"La vendetta è un diritto dell'uomo".
"Se avessi un bambino e qualcuno lo toccasse, […] accoltellerei quella persona...".
"Se fai causa a qualcuno ci vogliono due o tre anni, e la tua rabbia svanisce...".
La pellicola, inoltre, è stata ripresentata a Venezia nel 2019 in una nuova versione, Inversion Intégrale, rimontata in ordine cronologico e tagliata di circa sei minuti.
L'idea nacque "in sala montaggio" come possibile extra in occasione della riedizione del film in 4K, ma divenne un'opera a sé stante visto che, secondo Noé, "si sviluppa un'empatia più forte nei confronti dei personaggi".
I due film costituirebbero così "un dittico", essendo "due facce della stessa medaglia".
[Vincent Cassel, Gaspar Noé e Monica Bellucci a Venezia 76]
Termina così la prima parte di questo viaggio nella mente di Gaspar Noé che si concluderà tra meno di due settimane con l'analisi di Enter the Void, Love e Climax.
Ringrazio miguelittoss per la scelta dell'argomento, talmente vasto e interessante da richiedere una partizione, sperando che ciò non diventi una prassi della rubrica.
Cinerama Out.
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