#Stortod'autore
L’opera filmica, in quanto espressione della creatività di più persone, rientra nel più grande genus delle opere collettive.
Le opere collettive sono proprio quelle in cui più persone contribuiscono in maniera autonoma alla realizzazione del risultato finale, ma sotto la direzione di un determinato soggetto.
Nel caso di un film il riferimento è al regista, il vero e proprio autore principale dell’opera.
A lui in quanto tale spetta, di solito, la determinazione del momento di compimento dell’opera - il cosiddetto diritto di final cut - nonché la direzione artistica dell’opera stessa.
In ogni caso tutti i co-autori dell’opera sono importanti, in quanto offrono ciascuno un contributo determinante nella realizzazione del film.
L’art. 44 specifica che
“si considerano coautori dell’opera cinematografica l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, l’autore della musica ed il direttore artistico”.
Tutti questi soggetti hanno dunque diritto a essere menzionati come co-autori nella proiezione della pellicola con il proprio nome, la qualifica professionale e il tipo di contributo prestato (art. 48).
Resta il fatto che
“gli autori delle parti letterarie o musicali dell’opera cinematografica possono riprodurle o comunque utilizzarle separatamente, purché non ne risulti pregiudizio ai diritti di utilizzazione il cui esercizio spetta al produttore”, come prevede l’articolo 49.
Particolare attenzione deve essere riservata all’art. 50 che stabilisce che
“se il produttore non porta a compimento l’opera cinematografica nel termine di tre anni dal giorno della consegna della parte letteraria o musicale, o non fa proiettare l’opera compiuta entro tre anni dal compimento, gli autori di dette parti hanno diritto di disporre liberamente dell’opera stessa”.
È interessante notare come la legge, in questo caso, voglia favorire la circolazione delle opere creative.
Nella pratica, però, nei contratti di cessione dei diritti del soggetto e della sceneggiatura al produttore spesso si prevede un’estensione di questo diritto a 10 anni, con un rischio per gli autori.
Questi ultimi, essendo questo articolo sconosciuto ai più, preferiscono o si sentono costretti a sottoscrivere accordi con le produzioni, perché ritengono che l’aver trovato qualcuno disposto a produrli sia di per sé un’occasione imperdibile.
Alla fine però scoprono che non è così e che quegli accordi non erano pensati nel loro interesse.
Se anche tu sei un autore, ho sicuramente toccato un tasto dolente!
Accettare di firmare qualsiasi tipo di accordo pur di vendere la propria opera è una paura che può essere superata solo se conosci bene i tuoi diritti e cosa devi pretendere da chi acquista i tuoi elaborati.
Per quanto riguarda il diritto morale d’autore, anche per l’opera cinematografica, si applica quanto stabilito dalla legge in merito alle opere dell’ingegno.
Ma in questo caso, che cosa potrebbe configurare una lesione del diritto morale d’autore?
Potrebbe essere considerato lesivo, per esempio, aggiungere il sonoro a un film muto, prescindendo dal consenso dell’autore oppure colorare un film che era stato girato in bianco e nero.
È accaduto in Francia a proposito del film Giungla d’Asfalto (The Asphalt Jungle) del 1950.
In quel caso gli eredi dell’autore si sono opposti, con ragione, alla trasmissione del film a colori che invece in origine era in bianco e nero.
Il film, diretto da John Huston, si ispira al romanzo La giungla d’asfalto, scritto un anno prima da W.R. Burnett.
Questi i fatti.
La Turner Entertainment Company aveva stipulato un accordo con il canale televisivo francese La Cinq per trasmettere il film, originariamente in bianco e nero, a colori.
Gli eredi di John Huston si opposero alla diffusione della versione colorata del film, presentando una denuncia per lesione del diritto morale d’autore, e il 23 novembre 1988 in Francia ne fu proibita la trasmissione.
Il 6 luglio 1989, La Cinq vinse in appello e trasmise il film proprio il 6 agosto 1989, il giorno dopo l’anniversario della morte di Marilyn Monroe.
La Corte di Cassazione annullò la sentenza emessa il 6 luglio 1989, affermando che colorare il film trasformava l’opera d’arte originale, in misura tale da poter potenzialmente violare i diritti morali dell’autore.
Questo esempio aiuta a capire che la deformazione di un’opera, nel caso di specie un film, può essere intesa in vari modi e anche a seconda delle epoche storiche.
Intendo dire che oggi certe mutilazioni dell’opera non sono più considerate lesive.
Per esempio un problema molto dibattuto (soprattutto in passato) riguardava la possibilità che gli autori di un’opera cinematografica potessero invocare l’art. 20 per opporsi alle interruzioni pubblicitarie dei propri film.
Gli interessi che hanno dato origine al problema sono evidenti.
Da un lato vi erano quelli delle emittenti televisive a mandare in onda il maggior numero di pubblicità per finanziare la propria attività; dall’altro vi erano gli interessi morali degli autori a non vedere falsata la propria personalità creativa attraverso l’interruzione pubblicitaria dei film, da un altro lato c’era il pubblico che aveva interesse a fruire di un’opera senza limitazioni di alcun genere.
Oggi la pubblicità non è più così invasiva durante i film, anche perché abbiamo diversi altri modi per guardarli rispetto alla sola televisione che avevamo in passato.