#Stortod'autore
Si possono liberamente scrivere, pubblicare o raccontare le vite dei personaggi famosi?
Se per esempio volessi fare un film tratto da una biografia o solo raccontare in pellicola la vita di una persona famosa, dovresti chiedere l'autorizzazione?
Stiamo parlando di personaggi noti, a cui piace mettere in piazza le proprie faccende, quindi perché dovresti avere paura di parlare della loro vita?
Te lo dico subito: per raccontare una storia vera sarebbe meglio chiedere il permesso.
Partiamo, infatti, da un concetto fondamentale che regola la legge sul diritto d'autore: è sempre meglio, per evitare qualsiasi problema o controversia legale, chiedere l'autorizzazione.
Non è detto che la legge ti obblighi, ma è sempre utile avere il consenso in forma scritta: una bella liberatoria firmata è già qualcosa.
Se racconti la vita di una persona ancora in vita, il consenso te lo dovrebbe rilasciare lui o lei.
Altrimenti i diritti sulla biografia durano anche dopo la morte del personaggio che vuoi ritrarre e possono essere fatti valere, senza limite di tempo, dal coniuge e dai figli e, in loro mancanza, dai genitori e dagli altri ascendenti e dai discendenti diretti; mancando gli ascendenti e i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti.
I diritti sulla biografia non sono di per sé tutelati da nessuna legge, né in Italia né tanto meno negli Stati Uniti, ma c'è sempre un rischio: quello di ledere l'integrità morale, il decoro o la reputazione del protagonista della tua storia.
Che diritti sono?
In Italia si definiscono diritto morali d'autore e i nostri Giudici tendono a rendere i diritti sulla vita liberamente utilizzabili se non venga rappresentata la persona con elementi che possano integrarne la diffamazione.
Negli USA sono i cosiddetti right of publicity, che non sono altro che quelli riguardanti l'uso pubblicitario e commerciale del nome, ritratto o immagine di qualsiasi persona vivente.
Mettiamo che tu voglia raccontare la vita di un narcotrafficante.
Incrocia le dita e spera che non abbia figli, perché anche i narcotrafficanti hanno una dignità da difendere!
Perché tutta questa premessa?
Per raccontarti la storia del film sulla vita di Barry Seal.
Barry Seal - Una storia americana è un film del 2017 diretto da Doug Liman, con protagonista Tom Cruise.
Seal aiutò il governo degli Stati Uniti a imprigionare diversi criminali del cartello di Medellin per poi, successivamente, venire ucciso a Baton Rouge.
La vita di Seal ha fatto gola a Universal che ha subodorato la possibilità di farci un film che fosse al tempo stesso un thriller, una spy story, un biopic e, stando ad alcune dichiarazioni, anche una commedia.
Quindi Universal si è messa al lavoro.
Ha fatto scrivere una bella sceneggiatura tutta azione e ha ingaggiato Tom Cruise.
L'uscita del film era prevista per gennaio 2017, ma una causa legale ne ha bloccato la distribuzione.
Una delle figlie del pilota e contrabbandiere di droga ha citato in giudizio la casa di produzione statunitense.
Le vicende familiari di Barry (un po' diverso da Tom Cruise in quanto a fisico e presenza scenica) sono veramente complicate ed emozionanti quasi come la sua vita da narcotrafficante.
Nel 1963 Seal sposa Barbara Dodson. Ebbero due figli, Lisa e Adler.
Nel 1971 Seal e Barbara si separano e Seal sposa Lynn Ross quello stesso anno. Da quel matrimonio non nacquero altri figli.
Nel 1974 Seal sposa Deborah Dubois. Ebbero tre figli, Aaron, Christina e Dean.
La figlia di Barry, Lisa Seal Frigon, avuta con la prima moglie, è stata nominata amministratrice degli immobili di Barry Seal il 2 gugno 2015 e, sulla base di tale nomina, ha citato in giudizio Universal e gli eredi di Barry.
La figlia, amministratrice delle proprietà del padre, ha avanzato diritti sulla vita di Barry come parte del suo patrimonio e quindi ricadenti nella gestione immobiliare affidata a lei.
Inoltre si legge nella citazione che
"Anche se la storia della vita di Adler Berriman Seal non fosse di proprietà della figlia Lisa, i convenuti Debbie, Aaron, Christina e Dean non si sono curati di rimettere alla amministratrice delle sue proprietà eventuali proventi che hanno ricevuto dal loro accordo con la Universal, ma invece hanno usufruito del ricavato solo per il loro uso personale e a loro beneficio."
Nella causa si legge infatti che la terza moglie di Seal, Debbie, e i suoi tre figli, hanno ricevuto 350.000 dollari per i diritti sulla storia del contrabbandiere della CIA, mentre la figlia Lisa non ha ricevuto nulla.
Universal aveva chiesto l'autorizzazione agli eredi, per evitare problemi, ma si era dimenticata della prima figlia di Barry!
Lisa, oltre che sul fatto di non essere stata pagata, ha anche avuto da ridire sulla sceneggiatura del film.
Ha detto che si basava sulla vita di suo padre, ma "...contiene molte inesattezze di fatto e quindi ritrae falsamente Adler Berriman Seal."
L'azione legale afferma che il film travisa la storia coniugale di Seal: lo ritrae come il padre di tre figli, non cinque, travisa la storia del suo lavoro, falsamente lo ritrae come un ubriaco, travisa il suo rapporto con i suoi due figli più grandi, falsamente lo ritrae come un pilota spericolato e ritrae falsamente il luogo e le modalità della sua morte.
C'è una lesione della personalità e della persona di Barry Seal.
Viene sminuito il valore della persona di Barry (che ricordiamoci: era un narcotrafficante!)
A queste accuse la casa di produzione cinematografica ovviamente ha risposto.
Universal ha rivendicato il diritto sulla biografia di Barry Seal dicendo che "...è la storia di un narcotrafficante e del lavoro che ha fatto per il cartello di Medellin per la CIA a Mena, Arkansas...
La vera storia di Barry Seal, un pilota originario della Louisiana che trafficava droga sotto copertura per la CIA nel 1980."
Visto che le storie non sono tutelate dal diritto d'autore perché riguardano fatti in pubblico dominio Lisa non aveva, secondo la difesa, nessun diritto da vantare.
Non sono più emerse in seguito informazioni sul caso, ma il film alla fine è uscito nelle sale quindi probabilmente tutto si è concluso con una transazione che ha sedato gli animi e i portafogli!
Molti, quando devono raccontare una storia vera, pensano sia obbligatorio il consenso del protagonista.
In realtà, se i fatti della vita che vuoi raccontare sono di pubblico dominio e la storia è vera e non lede la moralità o il decoro di nessuno, non è necessaria alcuna autorizzazione.
Come però dimostra la storia che ti ho raccontato è sempre meglio ottenere un consenso scritto da chi detiene i diritti, dagli eredi o dalla persona protagonista della storia, se ancora in vita.
Sempre meglio avere tutti dalla propria parte e collaborare alla realizzazione dell'opera filmica. Altrimenti, quello che puoi fare è inserire un bel disclaimer per tutelarti.
Il classico "Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è puramente casuale".
7 commenti
Claudia Roggero
4 anni fa
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Claudia Roggero
6 anni fa
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Vi.
6 anni fa
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Claudia Roggero
6 anni fa
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Claudia Roggero
6 anni fa
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Claudia Roggero
6 anni fa
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Claudia Roggero
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