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Francis Scott Fitzgerald: tra letteratura e Cinema

Analisi sulla relazione che c'è fra uno dei più grandi autori del secolo scorso e il mondo del Cinema

Quando si parla di Francis Scott Fitzgerald il primo pensiero che viene alla mente è quello de Il grande Gatsby.

 

Negli anni della crescita culturale, formativa e intellettuale di un individuo questo è uno dei pochi libri che ancora oggi riesce a ritagliarsi uno spazio vero e concreto; perché non solo ha superato la prova del tempo, ma è anche riuscito a risultare interessante per tutte le generazioni che ha accompagnato.

 

Naturalmente, in questo processo, anche il Cinema ha avuto la sua parte contribuendo ad alimentare il mito di Jay Gatsby e rendendo immortale la sua storia d’amore con Daisy Buchanan - nel corso della storia si contano almeno tre adattamenti, con interpreti del calibro di Robert Redford, Carey Mulligan, Leonardo DiCaprio, Mia Farrow.

 

Scott Fitzgerald è certamente molto più di un singolo libro, comunque, e a sua volta quel libro si può riconoscere solo in parte nei film che lo hanno rappresentato… ma non partire da qui, da Gatsby, e dalla sua storia leggendaria, sarebbe ingenuo.

 

Fitzgerald, che è lo scrittore pragmatico per eccellenza (e arriveremo a capire cosa voglia dire esattamente questo termine, in riferimento a questo artista) avrebbe concordato.

 

 

[Leonardo DiCaprio ne Il grande Gatsby - Baz Luhrmann, 2013]

 

E quindi Il grande Gatsby.

 

Iniziamo dal film, quello del 2013.

La messa in scena di Baz Luhrmann - trasmessa più volte anche in televisione con conseguente massiccia diffusione del film e dell’opera - è sfarzosa, luccicante, eccessiva.

 

Questo aspetto costituisce un indelebile difetto nella sua artificiosità, ma ha in sé il pregio di trasmettere l’idea di lusso sfrenato, di dignitosa esagerazione, di immensa ricchezza a cui Fitzgerald era molto legato, e che spesso inserirà nei suoi romanzi.

 

Non è un elemento da sottovalutare, perché nell'ottica complessiva, volendo comprendere l’autore, può esserci molto utile.

 

La domanda che più spesso ci si pone, quando si analizza un film tratto da un libro, è constatare quanto gli sia fedele: quanto il regista si sia voluto discostare dal fulcro principale del racconto, cos'abbia voluto aggiungere, cosa abbia eventualmente eliminato, e perché.

 

Il grande Gatsby di Luhrmann è eccezionalmente leale verso lo scritto da cui attinge: le citazioni sono corrette, lo svolgersi dell’intreccio non presenta irregolarità, la consequenzialità temporale è rispettata.

 

Non c’è nulla che non vada, eppure - di fatto - quello non è il Grande Gatsby

 

 

 

 

È una storia d’amore, una storia di illusione di un tempo perduto che non tornerà mai più, e della tragica fine che una speranza del genere sottende.

 

Manca però quasi del tutto l’analogia tra la relazione dei due protagonisti e il Sogno Americano; manca la volontà di rendere quei due personaggi, e la loro storia, simbolo di una storia più grande, icone di un’epoca, di un modo di pensare, di agire, di comportarsi.

 

Manca cioè la componente che ha reso quello scritto immortale - ne rimangono dunque gli aspetti più lineari, di trama, di struggimento amoroso, e il risultato finale è qualcosa di godibile, ma non di indimenticabile.

 

Ma forse, chissà, Fitzgerald ne sarebbe stato contento.

E per delle ottime ragioni.

 

È un personaggio complesso, Francis Scott Fitzgerald, e per capirlo ci vorrà del tempo, e dell’interesse.

 

Proverò a dargli tutta la giustizia che merita, perché è in assoluto l’artista a cui mi sento più affine, e che più ammiro. 

Ma basta parlare di me.

 

 

[Francis Scott Fitzgerald]

 

Iniziamo con qualche cenno storico.

Ci sarà utile.

 

Scott nasce nel Minnesota al termine dell’800. Vivrà quindi la Prima Guerra Mondiale in età accettabile per arruolarsi nell’esercito, aspetto che sarà fondamentale sia nella sua vita privata, sia come ispirazione per i suoi romanzi.

 

Nel 1917, quando gli Stati Uniti entrano in guerra, lascia l’università di Princeton per servire sotto le armi, spinto tra l’altro anche da una certa spinta ideologica democratica. Ma non sparerà mai neppure un singolo colpo, perché viene mandato in campi di addestramento sparsi per il paese: prima nel Kansas, poi in Georgia, infine in Alabama.

 

Quest’ultima tappa è particolarmente importante, perché conoscerà Zelda.

 

E qua non si può fare altro che aprire un piccolo, grande, inciso.

Zelda Sayre, poi Fitzgerald, è - letteralmente - tra le donne più conosciute della Storia, e che più hanno influenzato la cultura a loro circostante.

 

Si tratta, di fatto, di una delle figure più affascinanti dello scorso secolo. Scrittrice, pittrice, ballerina, icona culturale e pop. A lei si può ascrivere, in generale, tutto un certo modo di intendere la donna da un punto di vista sociale e culturale, che all'epoca fu rivoluzionario e che anticipava ampiamente i nostri tempi moderni.

 

Si calcola, tra l'altro, che sia tra le donne a cui sono state dedicate più opere nella storia recente, ed è certo che ne abbia ispirate altrettante: dalla letteratura al Cinema, fino alle serie TV e persino ai videogiochi (sì: la famosa saga di The Legend of Zelda prende il nome da lei). 

 

 

[Zelda Sayre]

 

In più, a Zelda dobbiamo Scott, e tutti i suoi romanzi.

 

Quando Fitzgerald arriva in Alabama se ne innamora subito.

Zelda è una donna forte, pragmatica, sognatrice, straordinariamente intelligente, che affascina irrimediabilmente il nostro autore, che a quel tempo stava ancora scrivendo una bozza del suo primo romanzo, This side of Paradise.

 

Quando cerca di pubblicarlo, non lo accetta nessun editore.

Lo stile è acerbo, il libro va completamente riscritto, aggiustato, revisionato. Scott pensa di rinunciare, troverà un’altra strada, magari - forse - tornerà a studiare, a scrivere spettacoli teatrali con i suoi amici all’università, come negli anni precedenti la guerra.

 

Ma non senza Zelda.

 

Le chiede allora, in uno slancio dal tempismo obiettivamente rivedibile, di sposarlo. 

Zelda però non ha alcuna intenzione di sposarsi con un personaggio così particolare, così diverso da quell'Alabama a cui era legata, così poco pratico, così "troppo" innamorato e così distante dal suo immaginario.

Fitzgerald torna allora a New York, dove rimarrà - a quanto si dice - ubriaco per tre settimane consecutive prima di decidere di riprendere il suo romanzo, e di farlo perché deve, deve assolutamente arrivare.

Deve farcela.

 

Ce la farà, e gli si aprono le porte del mondo.

E anche quelle dell’amore: Zelda si convincerà, e i due si sposeranno dopo poco.

 

"No amount of fire or freshness can challenge what a man will store up in his ghostly heart."

 

Ernest Hemingway dirà che il primo libro di Scott era veramente brutto e che non era neppure riuscito a finirlo, tanto gli era risultato urticante.

Forse è un giudizio troppo severo, ma certamente non ci si ricorda del grande autore che è Fitzgerald per This side of Paradise.

 

Eppure in questo libro emergono già molti dei temi che lo caratterizzeranno nel corso nella sua carriera: l’unione tra cinismo, pragmatismo e romanticismo; la disillusione e il sogno; il rapporto col il denaro; l’amore.

 

Ma soprattutto con questo romanzo Francis Scott Fitzgerald crea la figura della flapper (ovviamente ispirandosi a Zelda, talvolta plagiando direttamente pagine del suo diario personale) creando un’icona stilistica popolarissima tra i giovani, e tra le ragazze, tutte desiderose adesso di essere “come lei”.

 

 

[Flappers negli anni '20]

 

In breve tempo il romanzo ha un grosso successo di vendite, ma diventa anche e soprattutto un fenomeno culturale pop, che porta Fitzgerald ad essere richiestissimo.

 

In questo periodo si ritrova a scrivere dei racconti nei quali tradisce il suo spirito artistico per guadagnare il più possibile: come confiderà poi a Hemingway, che è il miglior biografo possibile di cui ci sia disponibilità su questo argomento, Scott scriveva prima il racconto nella sua forma migliore: poi lo rendeva appetibile al grande pubblico, modificandone magari il finale, o inserendo elementi di interesse spicciolo.

 

Ci sono alcune prefazioni ai suoi lavori, scritte da Zelda, che essenzialmente affermano in chiave ironica di come quel racconto sia stato concepito solo per comprare un braccialetto, un nuovo orologio.

È questa la vita dissoluta dei Fitzgerald, mondani fino all’eccesso, famosissimi per le loro ricche feste nelle ville, vere e proprie icone dell’età del jazz.

 

È questo quello a cui mi riferivo prima, quando dicevo che il film di Luhrmann ha dei meriti.

 

"Innanzitutto, ognuno deve acquistare questo libro per i seguenti motivi estetici.

Per cominciare, perché so che sulla 42esima strada per 300 dollari viene venduto il vestito di stoffa oro più bello che abbia mai visto; se lo comprano abbastanza persone, sempre lì è possibile acquistare un anello di platino con un cerchietto completo; inoltre, se anche questo articolo va a ruba, vi avviso che mio marito ha bisogno di un nuovo soprabito invernale, anche se con quello che ha ora se l'è cavata egregiamente negli ultimi tre anni...

 

Mi sembra di aver intravisto in una pagina alcuni pezzi del mio diario, misteriosamente scomparso dopo il matrimonio; per non parlare dei frammenti di lettere che, seppur rielaborate non poco, mi suonano comunque familiari.

 

Infatti, sembra che Mr. Fitzgerald - credo che il suo nome si scriva così - ritenga che il plagio inizi fra le mura domestiche."

 

In mezzo a questa scrittura a scopo di lucro abbiamo anche dei veri e propri capolavori, che si possono trovare facilmente nella raccolta I racconti dell’età del Jazz.

 

Quando Fitzgerald li scrive, il mondo del Cinema è più florido che mai negli Stati Uniti.

Sono gli anni del divismo, sono gli anni che avrebbero poi portato a Greta Garbo, a Marlene Dietrich, sono gli anni di Charlie Chaplin.

 

 

[Greta Garbo, una delle prime grandi dive del Cinema]

 

 

Ed è con questo background che possiamo comprendere racconti come Oh Russet Witch! - la storia di un bibliotecario che si trova a vivere affianco a una ragazza bellissima, con la quale avrà fugaci momenti di interazione nel corso degli anni, non riuscendo mai a cogliere l’occasione di approfondire la conoscenza, scoprendo solo alla fine che era una star.

 

In quel racconto abbiamo uno spaccato del mondo hollywoodiano, non menzionato ma assimilabile alla storia, e del fenomeno del divismo.

 

La ragazza viene continuamente attorniata da stormi di persone, è protagonista assoluta, ammirata e guardata allo stesso tempo con sospetto da tutti, è la faccia di una spettacolarizzazione che non esisteva prima del cinema.

Vale la pena ricordare che Fitzgerald fu sempre molto affascinato da questa arte, e vi collaborò spesso negli ultimi anni della sua vita, mentre si limitava a citarla nei suoi romanzi all’inizio.

 

Nello specifico, in Belli e Dannati, il suo secondo libro, abbiamo la figura di un uomo addentro all’industria cinematografica, tale Bloeckman.

 

Se inizialmente il nostro protagonista lo guarda con scherno (in una sorta di sentimento di superiorità da parte della letteratura sul Cinema) col tempo egli acquisirà il rispetto che merita, sebbene venga sempre considerato con fondamentale distacco.

 

 

[Nell'epoca d'oro del divismo, spesso personaggio e attore coincidevano: Charlie Chaplin interpretò per gran parte della sua vita la "maschera" di Charlot]

 

Non sappiamo cosa Hemingway pensasse di questo secondo lavoro, ma quello che posso dire è che secondo me si tratta di uno dei più grandi libri del secolo scorso: lo stile diventa maturo e con una perfezione nel vocabolario e nella costruzione della frase che non aveva precedenti, e non avrebbe avuto successori, perché - forse - effettivamente troppo cercata e caricata.

 

Ma proprio per questo è un unicum nella letteratura mondiale, e anche nella bibliografia del nostro autore.

 

Troviamo in questo libro la figura di Gloria Gilbert, palesemente ispirata alla moglie (e possibilmente il personaggio femminile scritto meglio nella letteratura del '900, secondo il parere di chi scrive) e di Anthony Patch, chiara allegoria di Scott - che però si può riscontrare, in parte, in tutti e tre i personaggi principali maschili.

 

In questo libro egli parla del suo rapporto con la scrittura, con l’arte, con Gloria, con il senso della vita, e lo fa spiattellando una verità dopo l’altra - non c’è altro modo per descriverlo.

 

Belli e Dannati è, semplicemente, un libro che ha la chiara intenzione di far alzare gli occhi di chi legge verso il soffitto, costantemente perso nella verità delle parole. 

Francis Scott Fitzgerald si guadagna proprio con questa opera l’appellativo di scrittore pragmatico. 

 

 



Il pragmatismo fitzgeraldiano nasce da un’acuta osservazione della realtà, da una fondamentale disillusione negli aspetti sociali e ideologici, e da un fortissimo senso romantico: sia stilistico, sia inteso come valore principale e muovente l’autore.

 

Per Fitzgerald, tutti gli aspetti culturali, di costume, sociali, politici, religiosi hanno un significato relativo, di tutto si può fare un dramma, spogliandolo di qualsiasi valore "sacro".

 

Ogni cosa può scivolare addosso, tutto può essere visto da lontano, cogliendone distaccatamente la vera essenza ("Mostratemi un eroe ed io vi scriverò una tragedia" è una delle sue frasi più celebri) perché l’unica cosa in cui lui crede davvero, e fortemente, è Zelda.

Questo è un estratto di una lettera scritta a un’amica, che chiarisce meglio il concetto.

 

"I fell in love with her courage, her sincerity and her flaming self-respect.

And it's these things I’d believe in, even if the whole world indulged in wild suspicions that she wasn’t all she should be.

But of course the real reason, Isabelle, is that I love her and that’s the beginning and end of everything."

 

Che aggiungere?

Belli e Dannati, che è un libro che va consigliato una, dieci e cento volte, comincia a trattare anche del tema della corruzione del denaro, delle difficoltà relazionali, dei sentimenti umani a un livello di approfondimento più marcato rispetto al suo primo lavoro.

 

Si tratta a tutti gli effetti di un capolavoro, a titolo personale forse quello che preferisco della sua produzione.

Ne è stato tratto anche più di un adattamento cinematografico, ma a dire il vero non hanno avuto la stessa portata del Grande Gatsby, anche perché non ne avevano la stessa ambizione filmica.

Concluderei il capitolo su questo libro citando Federico Fellini.

 

In 8 ½ fa dire al critico: 

"(C’è) un solo grande scrittore: il Fitzgerald dei suoi primi romanzi, e dopo un'orgia di pragmatismo, di realismo brutale."

 

 

[Una scena di 8 ½ - Federico Fellini, 1963]

 

 

Belli e Dannati ha successo, ma il tenore di vita dei Fitzgerald richiede costi troppo elevati, e così più o meno nel 1924 decidono di trasferirsi in Europa, dove - all’epoca - la vita costava meno.

 

Peraltro fu il motivo per cui così tanti scrittori americani decisero di venire a vivere nel vecchio continente proprio in quegli anni, tutti a Parigi.

Scott entra a far parte del circolo di Gertrude Stein, insieme ad altri grandi scrittori e poeti come Ezra Pound, T.S. Eliot, Ernest Hemingway.

 

Hemingway diventerà il suo migliore amico.

Pensate che, quando si conoscono, Ernest è onorato di incontrare uno scrittore più esperto di lui, ha quasi un timore reverenziale.

 

In effetti il primo romanzo di Hemingway uscirà solo nel 1926, ed allora era solo un giornalista di belle speranze che si dilettava a scrivere racconti, che a volte gli pubblicavano e a volte no. Così, quando i due si conoscono e Fitzgerald gli propone di andare con lui a Lione per svolgere certe commissioni, Hemingway è felicissimo.

 

Scott però non si presenterà all’appuntamento in treno, con comprensibile ira del vecchio Ernest, e lo raggiungerà solo il giorno dopo sbronzandosi come non mai, con risvolti anche comici di assoluta grandiosità, tutti raccontati in Festa Mobile, dello stesso Hemingway.

 

Scopriamo qui che Fitzgerald, a dispetto delle leggende, non regge affatto bene l’alcool, è innamoratissimo di Zelda (che peraltro era notoriamente invisa allo stesso Hemingway - ma questa è un'altra storia) ed è un personaggio quantomeno strano, nella sua quotidianità.

 

 

[Ernest Hemingway]

 

Nasce, comunque, la generazione perduta, la generazione che aveva vissuto gli orrori della guerra (anche se, come detto, Francis Scott Fitzgerald in realtà non la vide mai) e che per questo aveva perso ogni valore “tradizionale”.

 

Di queste persone, tra le più grandi menti del ‘900, parla uno dei film più famosi di Woody AllenMidnight in Paris.

 

In Midnight in Paris i personaggi storici, a dire il vero, si muovono un po’ per stereotipi.

Le loro battute sono perlopiù cliché, citazioni, modi di dire esageratamente caratterizzati e talvolta non necessari.

 

Però riescono nonostante tutto ad esprimere in maniera piacevole l’atmosfera di quel periodo, e la personalità di quegli artisti.

Se Hemingway chiaramente non era davvero così focoso, e risulta quasi una macchietta, un po’ come Dalì o la stessa Zelda, Fitzgerald sembra essere meglio realizzato.

 

A cominciare dal fatto che Tom Hiddleston gli è veramente molto simile, la sua caratterizzazione, pure evidentemente forzata, appare comunque la più fluida del lotto; ci sono buoni motivi per credere che, più o meno, Scott Fitzgerald si “comportasse” proprio così, dalle testimonianze raccolte, dai vari aneddoti che nel corso degli anni sono stati raccontati.

 

La generazione perduta fu un fenomeno importantissimo, e rappresenta ancora oggi l’ultimo grande movimento letterario mai esistito, inteso come unione storica di grandi artisti - solo il movimento beat degli anni ‘50/'60 avrà probabilmente un’importanza qualitativamente paragonabile a questa, ma non produrrà la stessa quantità di capolavori.

 

Rappresentare questi artisti è stato un omaggio, da parte di Woody Allen, a un’epoca che forse non tornerà mai più, e ad un periodo creativo immenso.

 

 

[Marion Cotillard e Owen Wilson in una scena di Midnight in Paris - Woody Allen, 2011]

 

"All good writing is swimming under water and holding your breath."

 

Della vita parigina di Francis Scott Fitzgerald si sanno moltissime cose, dalla sua quotidianità con Zelda (che nel frattempo cominciava a mostrare i primi segni della malattia che l'avrebbe tragicamente debilitata) alle sue serate alcoliche, al suo rapporto con Hemingway e con gli altri scrittori.

 

Sappiamo che Hemingway gli voleva molto bene, ma che inizialmente non lo apprezzava moltissimo come scrittore. Il già citato This side of Paradise non gli era affatto piaciuto, come abbiamo detto.

 

Così, quando Fitzgerald gli consegna la bozza del suo ultimo romanzo, egli è scettico.

A partire dalla copertina, con quest’uomo dagli occhiali enormi che scruta il lettore.

 

"La gettai via, mi dava fastidio" - scrive Hemingway.

Ma, gettata via la copertina, rimane il libro.

Una pagina dopo l’altra, e poi un’altra ancora, Ernest divora il manoscritto.

 

Alla fine ne è estasiato.

Scriverà: "Qualunque tipo di problemi avesse, decisi che dovevo aiutarlo.

Scott aveva molti buoni, ottimi amici, più di chiunque conoscessi.

Ma io mi arruolai come uno in più, sia che avessi potuto aiutarlo o meno.

Se era riuscito a scrivere un libro bello come Il grande Gatsby, ero certo che poteva scriverne uno ancora più bello."

 

Il grande Gatsby, di nuovo.

Perché, in fondo, è un libro che è rimasto così famoso fino ai giorni nostri?

 

Anche Marcel Proust è famoso, ma in pochi lo leggono.

Poche persone leggono, in generale, ma solitamente si finisce sempre per sfogliare le pagine del Grande Gatsby.

 

Il motivo, oltre al già citato fenomeno culturale che lo ha diffuso, è che si tratta di un libro che si fonda sulla speranza.

 

 

 

 

Il Fitzgerald che scrive Il grande Gatsby è profondamente diverso da quello di Belli e Dannati.

 

Zelda non sta più molto bene, i soldi stanno finendo, sono passati degli anni.

Il grande Gatsby è il sogno romantico che si infrange e che allo stesso tempo continua a vivere.

È un libro in cui ci si può sempre riconoscere, perché la speranza è universale: non ha luogo e non ha tempo.

 

E soprattutto perdura, perdura, dopo ogni colpo, dopo ogni abbattimento.

D'accordo - parafrasando una delle frasi più celebri di questo autore - il sogno c'è sfuggito allora, ma non importa: domani correremo più forte, tenderemo di più le braccia: e una bella mattina...

 

"I must hold in balance the sense of the futility of effort and the sense of the necessity to struggle; the conviction of the inevitability of failure and still the determination to "succeed" — and, more than these, the contradiction between the dead hand of the past and the high intentions of the future."

 

Il Cinema ha sempre amato il senso romantico, pragmatico e di disillusa speranza di Fitzgerald.

 

Volete un esempio di titolo spiccatamente “fitzgeraldiano”? Manhattan.

Manhattan è Woody Allen, certo; ma Manhattan è anche Francis Scott Fitzgerald, nelle parole, nelle sensazioni, nella nostalgia, nella raffigurazione di New York.

 

Persino George Gershwin fa una musica intrinsecamente legata a quella poetica.

D'altra parte erano contemporanei, Gershwin e Fitzgerald. Altri esempi caratteristici in tal senso sono rappresentati da Wong Kar-Wai, o gran parte della produzione di Paolo Sorrentino, entrambi visibilmente rispondenti a quello stesso “mood”.

 

Ma potremmo andare avanti per ore.

 

 

[Una scena di Manhattan - Woody Allen, 1979]

 

"A phrase began to beat in my ears with a sort of heady excitement: "There are only the pursued, the pursuing, the busy, and the tired."

 

Infine Fitzgerald ci lascia con due ultimi libri.

Il primo è forse il più bello della sua produzione.

O almeno: qualcuno lo considera il più bello, io non so esprimermi, sicuramente non è inferiore agli altri due.

 

Siamo nel 1934, i Fitzgerald sono tornati in America, Zelda sta sempre peggio, Scott è in depressione.

Ci mette tanti anni per scriverlo, ma alla fine ci riesce.

 

Tenera è la notte è uno dei massimi capisaldi della letteratura di ogni tempo. 

 

 



In esso abbiamo un Fitzgerald amaro, molto amaro, ma ancora romantico.

 

La storia ha una ragazza per protagonista, e una coppia. La ragazza si innamora dell’uomo della coppia.

In questa storia Fitzgerald inserisce gran parte delle sue esperienze, della sua quotidianità, del suo modo di vivere le cose.

 

E ne esce fuori un romanzo di nuovo pragmatico, come agli esordi; tuttavia, alla freschezza e alla bellezza stilistica di Belli e Dannati, si sostituisce dal tormento del Grande Gatsby.

 

"Rosemary bubbled with delight at the trunks.

Her naivete responded whole-heartedly to the expensive simplicity of the Divers, unaware of its complexity and its lack of innocence, unaware that it was all a selection of quality rather than quantity from the run of the world's bazaar; and that the simplicity of behavior also, the nursery-like peace and good will, the emphasis on the simpler virtues, was part of a desperate bargain with the gods and had been attained through struggles she could not have guessed at."

 

 

[Robert De Niro ne Gli ultimi fuochi - Elia Kazan, 1976]

 

 

Infine l’ultimo lavoro: The Last Tycoon.

 

Gli ultimi fuochi, da cui è stato tratto un bel film di Elia Kazan con Robert De Niro.

I film sul cinema sono sempre affascinanti - qualsiasi opera auto-referenziale (penso ad esempio al recente e maestoso La casa di Jack) ha in sé qualcosa che va oltre l'opera stessa, e il film diventa qualcosa in più del film, pur rimanendo allo stesso tempo coerente con la propria natura essenziale, costitutiva.

 

Una stessa parola, una stessa immagine, possono viaggiare su diversi piani di comunicazione, significare cose diverse a seconda del fruitore.

Può succedere con i libri, con le parole, ed è chiaro che succeda a maggior ragione nel Cinema.

 

Dirà il protagonista di quest'opera, con una frase di grande impatto in tal senso, a chi gli chiede del significato del suo lavoro, a chi gli chiede quale sia "l'unità artistica del suo film": 

"L'unità artistica del film sono io."

 

Gli ultimi fuochi fu pubblicato e completato postumo, perché Francis Scott Fitzgerald morì.

 

Ambientato nel mondo del Cinema, appunto, ne racconta l’organizzazione, le relazioni che si intessono tra le varie componenti, ne rappresenta una visione poeticizzata e probabilmente non rispondente alla realtà, nelle sue esagerazioni positive e negative… ma al tempo stesso è intrinsecamente Cinema

 

 



È un romanzo, ma è anche Cinema.

 

Nell’ultimo periodo Fitzgerald si trovò dunque a collaborare con il mondo di Hollywood (che scoprì infine di non amare) e in particolare con Joseph L. Mankiewicz, che lo volle con sé come co-sceneggiatore in un paio di occasioni.

Ma Fitzgerald non conosceva il linguaggio filmico, e spesso dovevano adattare i suoi dialoghi ai ritmi cinematografici.

 

Si può dire che, in un certo senso, con Gli ultimi fuochi fosse in realtà il romanzo a inglobare il cinema, a trasportarlo dentro di sé, facendo il percorso opposto che fanno molti film, che partono dal libro.

Francis Scott Fitzgerald poteva.

 

Ormai non gli interessava più neppure la qualità del suo lavoro, comunque elevatissima.

 

Zelda gli stava scivolando via, e con lei iniziava a morire anche un significativo pezzo di lui, autore indimenticabile e leggendario.

 

 

[Francis e Zelda Fitzgerald]

 

 

"This isn’t just an epigram - life is much more successfully looked at from a single window, after all."

 

Francis Scott Fitzgerald è stato uno dei più grandi artisti di sempre.

Senza dubbi.

 

Il suo lavoro ha influenzato la sua generazione, e tutte quelle che sarebbero venute dopo, nella letteratura ma anche attraverso il Cinema, creando di fatto un intero modo di vedere le cose, un mood romantico e cinico verso aspetti diversi della vita allo stesso tempo, un fondamentale “non credere in nulla” se non in Zelda, fino a quando poi la malattia di cui lei iniziò a soffrire non gliela portò via a poco a poco, in maniera dolorosa e straziante, un avvenimento che lo distrusse. 

 

Scott viveva un sostanziale distacco dalla società e dalle sue regole, dalla sua quotidianità, dalla sua costruzione, da cui pure era così affascinato, e che seppe descrivere così perfettamente.

 

Ma del resto, come egli stesso scrisse,

"Ero dentro e fuori, contemporaneamente affascinato e respinto dalla inesauribile varietà della vita."

 

"Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno dopo anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia; e una bella mattina..."

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2 commenti

Simone Braca

5 anni fa

in realtà a me il film di luhrmann non piace particolarmente, anzi - secondo me è svilente l'opera originale, e tendenzialmente artificioso - ma ha comunque qualche merito non indifferente e da non sottovalutare

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Simone Braca

5 anni fa

grazie a te!

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