Abituati come siamo ai cinefumetti moderni, rivedere il Batman di Tim Burton con gli occhi di oggi è decisamente strano. Appare, almeno a me, come un film molto più vecchio di quanto sia in...
Abituati come siamo ai cinefumetti moderni, rivedere il Batman di Tim Burton con gli occhi di oggi è decisamente strano. Appare, almeno a me, come un film molto più vecchio di quanto sia in realtà; forse perché questo genere di cinema ha fatto passi da gigante, sia – ovvio – negli effetti speciali e nella messa in scena, sia nella scrittura, che è diventata via via più complessa e articolata, anche se non meno ingenua, in molti casi. Eppure, rispetto agli odierni rappresentanti del genere, questo film ha un’impronta autoriale molto più definita. Questo Batman è immediatamente riconducibile a Tim Burton: l’estetica, la scelta degli attori, il modo stesso in cui viene raccontato il personaggio, sono indice della libertà di cui ha goduto il regista per mettere in scena una sua, personale, visione dell’uomo pipistrello. Supereroe già di per sé peculiare proprio per il suo non essere “super” (lasciando da parte l’ironia sul conto in banca a disposizione), Batman non può non aver affascinato Tim Burton: orfano, da sempre abituato a convivere con fobie e complessi, emarginato dalla società pur non potendo sfuggirvi, che riesce ad essere se stesso solo quando indossa la maschera, una maschera che terrorizza gli altri. Tuttavia, questa incarnazione di Batman è meno cupa di quello che si possa pensare. Innanzitutto la scelta del protagonista, un bravissimo Michael Keaton: un attore molto a suo agio nelle commedie, che dà a Bruce Wayne un’aria molto leggera, ironica, in certi momenti goffa e impacciata, ma che poi, di colpo, diventa Batman, serio taciturno, tormentato. Una scelta controcorrente che ha ripagato alla grande, la scelta di privilegiare l’aspetto umano del personaggio rispetto a quello puramente fisico. D’altra parte c’è ben poca azione vera e propria in questo film, un po’ per scelta un po’ per necessità.
Quello che rende grande questo film, però, è soprattutto ciò che ruota intorno a Batman. Prima di tutto, Gotham City: una città costruita con un occhio alle metropoli moderne, ma anche, decisamente, guardando ad un certo tipo di cinema espressionista. Forse un po’ posticcia vedendola con gli occhi di oggi, già all’epoca una scelta forse un po’ retrò, ma indubbiamente comunicativa.
E poi, la nemesi: Burton capisce fin da subito che in Batman, il villain non è altro che il riflesso delle paure dell’eroe, e costruisce un Joker che ha diversi punti di contatto con lui. Non a caso, durante lo scontro finale, entrambi si rendono conto che l’uno ha creato l’altro. L’uno cerca di ristabilire l’ordine e la giustizia, l’altro vuole vedere trionfare l’arte, vuole generare caos, ma entrambi vogliono smascherare l’ipocrisia della società in cui vivono. Troppo diversi per andare d’accordo, troppo simili per non essere attratti l’uno dall’altro. E affidando un personaggio del genere al grande Jack Nicholson non si può che andare sul sicuro; pur recitando praticamente solo con gli occhi per via di un trucco piuttosto invadente, anche se efficace, Nicholson è evidentemente perfetto per il ruolo.
Oggi questo film appare certamente ingenuo e superato. Conserva comunque molto del suo fascino, e ha indubbiamente il merito di aver gettato le basi per l’estetica successiva del personaggio, che era ancora legato alla visione infantile degli anni Sessanta.
Contiene spoiler