Una pellicola di rara bellezza. Non manca nulla, è tutto curato alla perfezione esattamente come la quasi sconcertante perfezione della casa minimalista della famiglia Park. La seconda famiglia...
Una pellicola di rara bellezza. Non manca nulla, è tutto curato alla perfezione esattamente come la quasi sconcertante perfezione della casa minimalista della famiglia Park. La seconda famiglia protagonista, dei Kim, sopravvive invece in un misero tugurio che apre il film. Il terzo protagonista è il pilastro portante, è la rappresentazione stessa di un classismo estremo, che non prevede (ri)soluzione. Infatti la famiglia Park vive in un mondo che risulta inarrivabile per la famiglia Kim. La famiglia Kim giunge a lavorare per la famiglia Park, ma verrà espresso il concetto del limite che “non deve essere superato”. Le famiglie appaiono opposte in quanto i Kim vivono di complicità e astuzia, quasi d’obbligo per poter sopravvivere e farsi strada; mentre tra i Park c'è un distacco gelido, i genitori non educano direttamente i propri figli, ma la giovane madre li affida ingenuamente ai referenziati.
A ben confezionare il concept del film ci pensa una commistione perfetta di generi, che è superbamente capace di mettere a nudo una società coreana divisa nettamente, e che rende la pellicola facilmente comprensibile anche da altre enne culture. Ad enfatizzare il muro divisorio fra le due realtà ci ha pensato la fotografia pazzesca, con le inquadrature, i colori e la luce della casa della classe ricca, in contrasto con la miseria della classe povera; miseria ancora più palpabile nella scena drammatica del diluvio.
Non viene affatto dimenticata la sfera olfattiva: si parla di odore ed è un muro ancora più netto fra le due famiglie, diventando gradualmente il filo conduttore che porta al finale.
Il plot è molto semplice e immediato, ma lo sviluppo è interessante e non prevedibile.
Il ritmo è calzante all’inizio e un battito d’ali nella chiusura.
Parlando proprio della conclusione, per qualcuno lo sbroglio della matassa potrebbe rivelarsi una sbavatura di stile se non piacciono la rapidità e l’ingresso repentino di una voce narrante; quando un lungo silenzio avrebbe forse accompagnato con maggiore solennità e lasciato respiro allo spettatore, per culminare poi con eleganza con l’istante della lettura della lettera (momento in cui la voce narrante è praticamente necessaria).
Un ultimo merito va anche concesso alle musiche assolutamente adatte, che tuttavia potevano regalare una traccia portante ancora più memorabile, come è successo in altre pellicole importanti.
Concludo con una riflessione: Chi sono per voi i parassiti del film?:)
Tati23
4 anni fa
Il finale è molto interessante, ti dà quella sensazione di speranza, ma nel contempo te la porta via, lasciando solo uno spiraglio di possibilità.
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Ettore Rocchi
4 anni fa
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Antonio Borri
4 anni fa
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