Nel film si fa riferimento, ad un certo punto (incidente numero quattro) al fatto che il protagonista sia colto, intellettualmente preparato. Del resto lo sentiamo affrontare sin dall'inizio un...
Nel film si fa riferimento, ad un certo punto (incidente numero quattro) al fatto che il protagonista sia colto, intellettualmente preparato. Del resto lo sentiamo affrontare sin dall'inizio un percorso psicoanalitico con invidiabile lucidità; e vi scorgiamo inoltre riferimenti all'architettura, all'ingegneria, al pianista Glenn Gould (peraltro in un'analogia con il silenzio degli innocenti) ad una serie di rimandi ai grandi pensatori degli scorsi due secoli, ma anche piccole altre informazioni, come la dolcificazione dell'uva, o la liturgia della caccia. Ci sono un'altra serie di piccole altre citazioni sparse qui e lì, sicuramente più di quante io ne abbia colte: tra le altre, avevo ricordato da subito che quanto viene detto sul "suono infernale" lo avevo già letto da qualche parte - nello specifico, ne "La Tana" di Kafka, la citazione è praticamente palese, e uguale nei contenuti.
In generale, tutto ciò collima coerentemente con l'appellativo di Mr. Sophistication, del quale si fregia Jack, e che è evidente allegoria dello stesso Von Trier. Che Jack costituisca un alter ego dell'autore appare chiaro in più riprese: si potrebbe persino dire che ogni incidente rappresenti una tappa della maturazione artistica di Von Trier - si parte dagli esordi, caratterizzati da uno stile molto semplice, poco arzigogolato, ancora poco sofisticato, molto aderente alle norme strette del Dogma 95, auto-imposto dallo stesso Lars, ed assimilabile al disturbo ossessivo-compulsivo del protagonista. L'influenza del Dogma scemerà, film dopo film, nella carriera di Lars, così come tenderà a scemare il suo disturbo. Virgilio chiederà anche a Jack / Lars come mai abbia scelto quasi sempre donne ingenue, vulnerabili, per i suoi "incidenti", per i suoi "film" - Dancer in the Dark, Le onde del destino, e così via. L'identificazione è poi infine resa evidente da un frame particolare, che credo sia superfluo citare. Ma la sofisticazione non è solo insita negli "incidenti" di Jack, ma anche nella struttura del film stesso: osserviamo come il montaggio, la scelta musicale talora "contraddittoria", la tendenza ad un impatto cerebrale, il fitto, sottile ed intellettualmente significativo dialogo con Virgilio determinino tutti un'opera fortemente sofisticata, acuta, intellettuale. In tal senso si realizza un'associazione tra quanto "spiegato" e la "spiegazione" che ne assume gli stessi contorni, in piena tradizione meta-artistica: se vorrò spiegare la tristezza, lo farò utilizzando grande tristezza nella spiegazione.
Un altro degli elementi di analogia, che comunque sono piuttosto frequenti (e non li avrò colti tutti) risiede tra gli altri nel fatto che a Lars, come a Jack, era stato suggerito dalla madre di fare l'ingegnere: la stessa distanza ingegnere / architetto ribadita più volte nel film pare essere un riferimento alla distanza tra autore e regista, e della voglia di essere riconosciuto come autore (Fame!). Ma ce ne sono parecchi.
La casa, i quali lavori ciclicamente iniziano e si interrompono, per poi buttare tutto a terra e ricominciare di nuovo, è tormentata dai demoni interiori dello stessa regista, il quale non riesce a trovare soddisfazione, pace, il conforto del erba tagliata. Rimane la gloria, la fama, come canta a più riprese David Bowie, che però è effimera - ciò che si nasconde dietro ai film di Von Trier, ciò che realmente rappresentano dietro la propria stupefacente cornice artistica, è un'umanità terribile, una verità tremenda, il "negativo" - l'essenza di quei frame, di quei film, non può essere in alcun modo edulcorata dalla fenomenale bravura artistica, arguzia intellettuale che sottendono: non è quella la risposta, per Lars. In questo senso The House that Jack Built si configura come un film profondamente pessimista, in maniera diversa dagli altri: se in Melancholia non c'era alcuna speranza, qui viene detto che neppure "fare, scrivere, dirigere" Melancholia gli ha dato alcun vero conforto. L'ombra "posteriore" lo ingloba sempre.
E chissà se il prossimo film non possa essere del tutto diverso, chissà se non possa esplorare quella singola lacrima, chissà se non possa orientarsi verso l'erba tagliata, anche in virtù della canzone finale, e di quanto dice - questo film ha tutta l'aria di essere un testamento, un'analisi del proprio lavoro, che si conclude divenendo ella stessa un ultimo lavoro. Ma da qui in poi? Vedremo.
In estrema sintesi, questo è un film di grandissimo spessore. Lo è perché si tratta di una riflessione "interna" del più grande cineasta europeo degli ultimi trent'anni; naturalmente ciò implica anche una certa autoreferenzialità, che però è per così dire intrinsecamente necessaria, visto il tipo di film, e che gli amanti di Lars considereranno anzi un valore aggiunto. In realtà è curioso il fatto che se questo film non fosse stato di Von Trier, avrebbe avuto chiavi di lettura molto diverse, ed in particolare riferite alla "storia" in sé. Il film diventa "questo film" proprio perché è di Von Trier. Di fatto, lui è il film, assumendo, in effetti, il ruolo di...
... un'icona.
Contiene spoiler