Intorno, tutto quanto è tanto, troppo.
C’è eccesso ovunque e ci viene suggerito già dal titolo, “La Favorita”: si ha subito l’idea che in qualche modo ci sarà una gerarchia,...
Intorno, tutto quanto è tanto, troppo.
C’è eccesso ovunque e ci viene suggerito già dal titolo, “La Favorita”: si ha subito l’idea che in qualche modo ci sarà una gerarchia, una distribuzione di importanza che si svilupperà in verticale. Favorire qualcuno, dunque dargli qualcosa in più, darla a quella lei piuttosto che ad un’altra. C’è una sorta di movimento verso l’alto in tutto ciò.
Il troppo ci viene sbattuto in faccia fin da subito con lo sfarzoso mantello della regina che viene svestita nella sua stanza, una stanza le cui pareti sembrano non esserci, abbiamo difficoltà a distinguerle dagli arredi. E’ tutto un mare di tende, drappi, carta da parati, decorazioni, oro, quadri, frange, mobili, mobili ovunque, mobili con vasi, mobili con gioielli, mobili con sopra piatti e coppe d’argento che a loro volta contengono torte tra le più farcite, dolci di ogni tipo, cibo, cibo, sempre cibo, pronto perché la regina possa ingozzarsi fino a vomitare facendo per un attimo sentire svuotato anche lo spettatore.
Un attimo solo.
E’ troppo il trucco sui volti degli uomini, tutto quel cerone, il rossetto, i finti nei, ingombranti le loro parrucche ricce.
E’ volutamente eccesivo il modo di mostrare il mondo, viene addirittura distorto (fish eye).
Troppa anche la bramosia di potere che, pensandoci, a me è sembrata sia stata volutamente (e splendidamente) resa fine a se stessa: Lanthimos ci tiene quasi sempre al chiuso del palazzo mostrandoci da vicino le vite dei personaggi e facendoci percepire in maniera ovattata la guerra che si combatte all’esterno, contro la Francia. Gli unici momenti in cui la guerra “entra” a palazzo è durante le brevi convocazioni ufficiali dei due partiti, assolutamente non quando il consiglio si riunisce nella stanza della regina, la quale è sempre troppo insofferente o distratta per prendere decisioni e riflettere sul da farsi in maniera adeguata.
E dunque la guerra la percepiamo in lontananza (solo perché ci viene detto), siamo certi che ci sia ma altrettanto certo sembra il fatto che se il potere verrà preso da una fazione e dall’altra del consiglio, non sarà certo la fine del mondo, nessuno cadrà così drammaticamente in rovina (per quasi tutto il film il partito di Robert Harley non è quello con la fiducia della regina, certo però Harley non è l’ultimo nella scala sociale!). Il fatto che ad accaparrarsi la fiducia di Queen Anne sia una fazione o l’altra potrà probabilmente cambiare le sorti dei soldati, fisicamente sul campo di battaglia, quelle della povera gente delle campagne, ma all’interno del palazzo sarà “solo” una questione di prestigio, significherà poter guardare dall’alto verso il basso chi ha perso (ancora movimenti verticali), ricordando costantemente agli sconfitti chi sono ora i favoriti.
Troppa la voglia delle due pretendenti di prevalere l’una sull’altra per essere La Favorita: né Sarah, né Abigail potranno mai arrivare all’altezza di Sua Altezza, lo sanno bene, ma non potendo arrivare fin lì, si daranno (quasi) la morte per provare ad occupare il gradino subito inferiore a quello della regina.
Abigail capisce che per mettersi al sicuro da un nuovo eventuale scivolone in fondo scala sociale deve allontanare Sarah da palazzo e sposarsi prima del suo ritorno (ammesso che ritorni). La riuscita del piano avviene grazie ad un estremo gesto (l’avvelenamento di Sarah) per compiere il quale Abigail, fredda e decisa, trova forza nella volontà di sopravvivere a quell’ambiente potenzialmente ostile alla sua posizione.
E’ pura sopravvivenza.
E’ istinto animale contro la sopraffazione dei propri simili.
All’inizio del film, quando conosciamo la nuova arrivata a palazzo, non la crediamo minimamente capace di certe azioni. Eppure i fatti ci mostrano che anche i cuori più puri e gli animi più nobili, se circondati da falsità, invidia, gelosia, in balia dei vorticosi giochi di potere, possono smarrirsi più o meno consciamente, cedere alla corruzione e prendere la strada del non ritorno.
Quando Sarah torna per miracolo a palazzo, Abigail le propone di mettere da parte tutte le tensioni, una pace che, più o meno di convenienza, concederebbe il quieto (soprav)vivere ad entrambe. Ma Sarah rifiuta, dichiarando così guerra ad Abigail, esplicitando il fatto che da quel momento in poi, tra l’una e l’altra, non ci sarà tregua fino all’eliminazione di una delle due dalla scena.
E’ sempre al mondo animale che mi ha fatto pensare tutto ciò: in un branco il capo è unico, non esistono due leader e se ci sono due contendenti l’equilibrio verrà raggiungo con la morte o l’allontanamento dal branco di uno dei due.
Un capo è tale quando bada a sé e ai suoi seguaci, non ha chi bada a lui.
Seppur bestie, i tanti conigli di Queen Anne convivono pacificamente insieme: hanno qualcuno che bada a loro.
Seppur esseri umani, Sarah e Abigail non convivono pacificamente insieme: hanno qualcuno che teoricamente dovrebbe badare a loro e al popolo inglese tutto ma che ,in realtà, non è neanche capace di badare a se stessa.
E’ un chiasmo visivo e metaforico che ho trovato brillante.
E riguardo al “troppo” con cui ho iniziato, è troppo anche tutto ciò che ho pensato durante il film, che sto continuando a pensare a distanza di due giorni e che mi frullerà in testa chissà per quanto ancora.
E’ una conseguenza di tutto quello che c’era nel film e che si è accumulato minuto dopo minuto, ma la frequenza alla quale mi arrivavano input era molto al di là delle capacità del mio personale processore che quindi ci metterà ancora tempo ad elaborare il tutto.
Non sono neanche sicura di aver fatto capire chiaramente che sì, il film mi è piaciuto.
Ma tanto, eh.
Ho scritto appena un paio di cose rispetto a tutte quelle che avrei voluto e che ci sarebbero da approfondire ma ho deciso di buttare giù quello che veniva prima a galla.
Il resto, magari, col tempo.
PS: ormai hanno capito che se vuoi l’Oscar per i migliori costumi deve esserci un avvelenamento! ;)
Contiene spoiler