Sullo sfondo del quartiere Roma di Città del Messico, a cavallo tra il 1970 e il 1971, seguiamo le vicende di una famiglia borghese e di Cleo, domestica della casa.
Roma è un film...
Sullo sfondo del quartiere Roma di Città del Messico, a cavallo tra il 1970 e il 1971, seguiamo le vicende di una famiglia borghese e di Cleo, domestica della casa.
Roma è un film autobiografico. Cuaròn ricostruisce la casa e le strade della sua infanzia, ricrea le atmosfere, i rumori, le voci. Racconta una storia particolare, ma che è allo stesso tempo universale, fortemente ancorata alla sua epoca e alla sua dimensione geografica, ma replicabile in ogni epoca e in ogni luogo. Al centro, due donne, due madri, due esseri umani, tanto diversi tra loro e allo stesso tempo inesorabilmente simili. Tutto il film può essere visto dal punto di vista del doppio: abbiamo due donne, separate dal ceto sociale, e anzi una al servizio dell'altra, ma entrambe abbandonate dal rispettivo compagno. Abbiamo due facce dello stesso popolo, una borghese, proiettata verso un modello americano, verso una modernità fatta di film al cinema e macchine di lusso; l'altra ancorata ad una ruralità quasi primitiva, che vive nel fango, seguendo codici antichi e cercando di sottrarsi a stigmi sociali ereditati dal passato. È un'epoca di transizione e di forti scontri sociali, in Messico come nel resto del mondo; e ancora una volta, è netto il contrasto tra i colpi di pistola sparati dai borghesi la notte di capodanno per puro svago (e replicati dai bambini nei loro giochi) e quelli sparati da studenti poco più anziani dei bambini nelle piazze; nonostante l'affetto sincero che la famiglia prova per Cleo (e viceversa), c'è ancora una linea a separarli, come se Cleo fosse in una sorta di bolla. Anche al ritorno dalla piccola vacanza che chiude, di fatto, una fase della vita dei personaggi, persino dopo che Cleo rischia la vita per salvare due bambini e si confida con Sofi, il rapporto rimane immutato, Cleo e Sofi sono allo stesso tempo più vicine, ma ugualmente lontane.
I temi trattati e lo stile del film, a partire dalla scelta di girare in bianco e nero e dalla totale assenza di colonna sonora extradiegetica (saggia anche la scelta di non doppiarlo, e di differenziare graficamente i sottotitoli a seconda del linguaggio usato dai protagonisti), avvicinano quest'opera al filone del neorealismo. Non sarà difficile rivedere, nelle sequenze ambientate nel villaggio di Cleo, echi della periferia romana di Brutti Sporchi e Cattivi, ad esempio; ma anche il racconto della fase di transizione verso la modernità, la nascita di un ceto medio borghese e il persistere di zone di povertà assoluta nello spazio di poche decine di chilometri. Il tutto visto attraverso lo sguardo, per quanto possibile non filtrato dal mezzo cinematografico, di persone comuni.
Tutto questo si traduce anche nella regia pulita di Cuaròn, nell'uso ricorrente di panoramiche e carrelli anche molto lunghi (quasi ogni spostamento, di macchina, di personaggi, e talvolta di entrambi, si svolge su un piano orizzontale), in inquadrature prolungate, statiche, spesso silenziose, e nel ritmo molto lento e calmo del film, di tanto in tanto inframezzato da scene popolate da tantissima gente e molto chiassose, nelle quali però Cleo è sempre in disparte o ben riconoscibile tra la folla. Ne risulta un film dal ritmo lento ma mai noioso, con pochi e asciutti dialoghi ma con uno spazio uditivo sempre occupato da rumori in sottofondo, dalla regia non invasiva ma perfetta narratrice della vicenda.
Sicuramente un film importante sotto tutti i punti di vista.
Contiene spoiler