Marcello, un toelettatore di cani, porta avanti la sua attività in un quartiere povero e popolato da criminali, spacciando per arrotondare. Quando Simone, piccolo boss del quartiere, lo incastra...
Marcello, un toelettatore di cani, porta avanti la sua attività in un quartiere povero e popolato da criminali, spacciando per arrotondare. Quando Simone, piccolo boss del quartiere, lo incastra addossandogli la colpa di un furto, Marcello, spaventato dalle possibili conseguenze, decide di non denunciarlo e di trascorrere un anno in carcere al suo posto. Perso il rispetto dei suoi amici del quartiere e di nuovo costretto a subire i ricatti di Simone, Marcello medita vendetta.
Dogman prende spunto dal fatto di cronaca del “Delitto del Canaro”, efferato omicidio nella periferia romana di fine anni Ottanta, ma non cerca di ricostruire storicamente l’episodio, né di dare una versione diversa dell’accaduto. Il fatto di cronaca è solo una base di partenza sulla quale costruire la storia di un uomo mite che si ritrova, suo malgrado, coinvolto in questioni più grandi di lui, in un ambiente dove è costretto a recitare la parte del debole di fronte a uomini più grossi, minacciosi e cattivi di lui. Marcello è un personaggio ambiguo, sembra se stesso solo quando si relaziona con i cani, che lo ascoltano e rispettano, al contrario degli uomini, e con sua figlia, per la quale prova un enorme affetto – ricambiato – e con cui condivide passioni e momenti di svago; ma è ben consapevole che, per sopravvivere in quell’ambiente, non può affidarsi soltanto al lavoro onesto e ai buoni sentimenti. Dall’altra parte c’è Simone, gigantesco ex pugile tossicodipendente, di cui tutti hanno paura. Un uomo non in grado di ragionare, abituato ad ottenere tutto quello che vuole minacciando gli altri. Il resto del quartiere vorrebbe liberarsi di lui, e per questo il gesto di Marcello viene visto come un tradimento, che gli preclude anche la stima (che somiglia più a compassione) degli “amici”. Marcello vede quindi sgretolarsi l’equilibrio che aveva faticosamente raggiunto, non ha più amici, non riesce più ad essere sereno con sua figlia, e decide di pretendere quanto gli spetta da Simone, che non è invece disposto a trattarlo come un suo pari.
Dogman è un film crudo e violento. Non tanto visivamente, anzi, c’è molto meno sangue di quanto la vicenda raccontata farebbe presumere. La violenza è puramente psicologica: il film ci mette immediatamente nei panni di Marcello, che è sempre presente in ogni inquadratura, e che seguiamo in ogni momento della sua giornata. Per questo, quando subisce un torto o viene picchiato da Simone, anche noi subiamo violenza insieme a lui, e quando invece condivide un momento di tenerezza con sua figlia, o gioca con i cani che tanto ama, non possiamo fare a meno di volergli bene. Insieme a Marcello ci sentiamo oppressi, abbiamo paura, sogniamo di ricevere l’affetto che meritiamo.
L’immedesimazione e la riuscita del film passa per le interpretazioni incredibili dei due protagonisti, Marcello Fonte (Marcello) ed Edoardo Pesce (Simone). Loro non solo interpretano, ma incarnano i due personaggi, con grande enfasi sulla loro fisicità – non a caso, in molte inquadrature, sono ripresi uno accanto all’altro in figura intera – ma anche sul modo di parlare e di affrontare gli altri. Marcello parla quasi a fatica, è misurato e contenuto nei gesti; Simone incute terrore, è realmente spaventoso ed opprimente, e nelle scene in cui dà sfogo alla violenza è assolutamente credibile. Entrambi sono molto naturali nella loro interpretazione, e mai, nemmeno per un secondo, si vede l’attore dietro al personaggio.
Grandi meriti vanno dati a Garrone per la messa in scena e soprattutto per il tono con cui è narrata la vicenda. C’è grande enfasi sull’aspetto emotivo della storia, ma non si eccede mai, non è un film melenso; né si eccede in senso opposto, non c’è compiacimento nel mostrare la violenza, ma allo stesso tempo non viene mai nascosta. Un ottimo lavoro è stato compiuto anche nella costruzione dello sfondo della vicenda, un quartiere povero, come ce ne sono molti nelle periferie delle grandi città, realistico fino al limite dello stereotipo, limite però mai oltrepassato.
A voler proprio trovare un difetto, forse l’ultima parte non è potente quanto la prima, e non tutto ciò che il film costruisce nella fase iniziale viene poi risolto nel finale, sicuramente per una ben precisa scelta del regista (d’altra parte non sarebbe stato coerente un finale diverso per Marcello), ma rimane comunque la sensazione che la prima parte del film sia quella più a fuoco e meglio riuscita. Rimane comunque un film certamente da vedere, e un ulteriore segnale dell’ottimo momento del cinema italiano, soprattutto per quanto riguarda le produzioni che si spingono sul territorio del cinema “di genere”.
Tony S.
4 anni fa
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Davide Rancati
6 anni fa
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Claudio Serena
6 anni fa
Lui in "quel" giro è entrato di sua volontà.Credersi amico di Simone è per lui una cosa che lo fa sentire importante e rispettabile.
Simone è semplicemente un criminale violento, che usa la sua forza fisica per spadroneggiare. Marcello è sia una vittima di Simone che un suo complice.
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Lt. Col. Frank Slade
6 anni fa
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