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Data inizio produzione: 15/08/2016
Data fine produzione: 06/11/2016
The Shape of Water
Prima uscita: 31/08/2017 - Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (ITA)
Distribuzione italiana: 14/02/2018
Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Vanessa Taylor
Fotografia: Dan Laustsen
Montaggio: Sidney Wolinsky
Lingua: Inglese, Russo, Francese, Linguaggio americano dei segni
Colore e B/N
Digitale
Aspect Ratio: 1.85:1
Camere: Arri Alexa Mini, Arri Alexa XT Plus
Ottiche: Fujinon Alura, Zeiss Master Prime
Budget: 19.400.000 $
Box Office Mondiale: 195.243.464 $
#cinefacts
73%
#pubblico
72%
#film
Fantasy, Drammatico, Avventura
Michael Shannon, Richard Jenkins, Sally Hawkins
Specifiche tecniche
0%
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Contiene spoiler
In un centro di ricerca top secret nell'america degli anni '60, un'inserviente muta entra in contatto con una creatura anfibia: il loro rapporto cambierà per sempre le loro esistenze e quelle di chi sta loro accanto.
oscar miglior film
oscar scenografia
oscar colonna sonora
oscar
oscar regia
michael shannon
richard jenkins
octavia spencer
sally hawkins
drammatico
avventura
fantasy
leone d'oro
Guillermo del toro
la forma dell'acqua
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La...
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La forma dell'acqua prende tutto ciò che di buono ha fatto il regista nei film precedenti e crea un amalgama che potrebbe essere visto come il manifesto della poetica dell'autore. Come nella Spina del diavolo o nel Labirinto del fauno, Guillermone immerge la narrazione in un contesto storico particolare, teatro di importanti tensioni politiche e sociali: la guerra fredda. Sullo sfondo delle vicende viene raccontato un mondo brutto e buio in cui le persone sono o vittime (nel bene e nel male) dei tempi che corrono o ne sono fautori. È un mondo paranoico in cui vince la diffidenza verso il diverso, sessualmente, etnicamente e politicamente.
In un contesto prosaico come questo, del Toro inserisce la più classica delle storie d'amore. Due individui, soli ed emarginati da una società meschina, si conoscono e capiscono di amarsi. La narrazione è favolistica all'ennesima potenza: i buoni sono puri di cuore, tanto lontani dalle logiche degli uomini di potere quanto costretti a fare i conti con il poco valore della propria esistenza; i cattivi sono cattivissimi, consci della propria condizione di uomini incompleti (le dita marce di Michael Shannon), così frustrati nella vita privata da trovare consolazione solo nella sopraffazione sui più deboli.
La bravissima Sally Hawkins è Elisa, una donna delle pulizie muta che capisce che l'unica cosa che la fa star bene rischia di essere spazzata via dalla arrogante volontà di uomini ossessionati dal progresso e dal potere sulle vite degli altri. La ribellione di Elisa ha quindi una valenza duplice: da una parte il suo innamoramento per il mostro equivale alla scelta di prendere le distanze (anche biologicamente) da una umanità bassa e pateticamente tronfia, dall'altra è un grido disperato a tutte le vittime del mondo: per le proprie idee, per la propria libertà, se non si è disposti a lottare fino alla morte non si è niente.
La storia d'amore tra Elisa e il mostro viene descritta con dolcezza e passione senza paura di sembrare banale o fuori tempo. Appare invece fuori DAL tempo, sospesa, universale, in bianco e nero come un film degli anni 40 (geniale quella scena lì, proprio quella). Il film di del Toro è praticamente perfetto, in ogni cosa. Nelle interpretazioni come nella messa in scena, dalla regia alla fotografia passando per le bellissime scenografie. Un capolavoro della sua filmografia, esempio perfetto di come il cinema commerciale (fantastico o romantico che sia) sia in grado di sposarsi con successo con le esigenze poetiche del regista, che in questo La forma dell'acqua lancia un attacco a tutti i fascismi del mondo.
Un film fenomenale.
Per me, è da 9.
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La Recensione più entusiasta
16 set 2018
90%
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La...
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La forma dell'acqua prende tutto ciò che di buono ha fatto il regista nei film precedenti e crea un amalgama che potrebbe essere visto come il manifesto della poetica dell'autore. Come nella Spina del diavolo o nel Labirinto del fauno, Guillermone immerge la narrazione in un contesto storico particolare, teatro di importanti tensioni politiche e sociali: la guerra fredda. Sullo sfondo delle vicende viene raccontato un mondo brutto e buio in cui le persone sono o vittime (nel bene e nel male) dei tempi che corrono o ne sono fautori. È un mondo paranoico in cui vince la diffidenza verso il diverso, sessualmente, etnicamente e politicamente.
In un contesto prosaico come questo, del Toro inserisce la più classica delle storie d'amore. Due individui, soli ed emarginati da una società meschina, si conoscono e capiscono di amarsi. La narrazione è favolistica all'ennesima potenza: i buoni sono puri di cuore, tanto lontani dalle logiche degli uomini di potere quanto costretti a fare i conti con il poco valore della propria esistenza; i cattivi sono cattivissimi, consci della propria condizione di uomini incompleti (le dita marce di Michael Shannon), così frustrati nella vita privata da trovare consolazione solo nella sopraffazione sui più deboli.
La bravissima Sally Hawkins è Elisa, una donna delle pulizie muta che capisce che l'unica cosa che la fa star bene rischia di essere spazzata via dalla arrogante volontà di uomini ossessionati dal progresso e dal potere sulle vite degli altri. La ribellione di Elisa ha quindi una valenza duplice: da una parte il suo innamoramento per il mostro equivale alla scelta di prendere le distanze (anche biologicamente) da una umanità bassa e pateticamente tronfia, dall'altra è un grido disperato a tutte le vittime del mondo: per le proprie idee, per la propria libertà, se non si è disposti a lottare fino alla morte non si è niente.
La storia d'amore tra Elisa e il mostro viene descritta con dolcezza e passione senza paura di sembrare banale o fuori tempo. Appare invece fuori DAL tempo, sospesa, universale, in bianco e nero come un film degli anni 40 (geniale quella scena lì, proprio quella). Il film di del Toro è praticamente perfetto, in ogni cosa. Nelle interpretazioni come nella messa in scena, dalla regia alla fotografia passando per le bellissime scenografie. Un capolavoro della sua filmografia, esempio perfetto di come il cinema commerciale (fantastico o romantico che sia) sia in grado di sposarsi con successo con le esigenze poetiche del regista, che in questo La forma dell'acqua lancia un attacco a tutti i fascismi del mondo.
Un film fenomenale.
Per me, è da 9.
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La Recensione più cattiva
di Luca Buratta
25 gen 2019
60%
Del Toro è un grande narratore. Racconta storie fantastiche, creando contesti visivamente affascinanti, fortemente evocativi, in cui la sua impronta è sempre riconoscibile, sia che si parli di...
Del Toro è un grande narratore. Racconta storie fantastiche, creando contesti visivamente affascinanti, fortemente evocativi, in cui la sua impronta è sempre riconoscibile, sia che si parli di creature anfibie degli anni Sessanta, di case grondanti argilla/sangue o robottoni che picchiano mostri alti come palazzi tirandogli addosso delle navi. La base è sempre un racconto fiabesco, un eroe alle prese con l’ignoto, una missione da compiere, la dicotomia bene/male. Ad elevare le opere di Del Toro è la forma, la grande fantasia di un regista che sfrutta tutte le armi che il mezzo cinematografico gli mette a disposizione, unite alla sapienza tecnica di un regista esperto e molto bravo nel dare equilibrio ai suoi racconti.
Il problema di questo La forma dell’acqua è però lo stesso che aveva gravato anche Crimson Peak: la storia non è forse così incisiva, e la confezione finisce per prendere il sopravvento sul contenuto. Il film è ispiratissimo per quanto riguarda il comparto visivo, molto meno però lo è la storia che viene narrata, fin troppo lineare e che in certi momenti appare addirittura sbrigativa. Il personaggio di Elisa è tracciato con grande affetto - si vede che Del Toro le vuole proprio bene - ed è praticamente impossibile non volere un lieto fine per la sua storia. Anche troppo però, nel senso che questo essere sempre buona e pucciosa, contrapposto all’innata sgradevolezza (anche estetica) dell’antagonista, alla lunga stucca.
E poi c’è lui, il “mostro”, decisamente l’aspetto che più mi ha deluso guardando il film. L’idea che salta subito in mente anche solo leggendo la sinossi del film è chiaramente La bella e la bestia, anche se qui non parliamo della canonica “bella”, né di una vera e propria bestia. Ed il problema è proprio questo: la creatura è un “non personaggio”, è poco più di un oggetto di scena. Ci sono i cattivi che vogliono ucciderlo, i buoni che vogliono salvarlo, e lui in mezzo, inerte e inutile, sballottato da una parte all’altra. Non c’è nemmeno il percorso orrore - curiosità - comprensione - amore (di nuovo La bella e la bestia), qui Elisa lo vede e lo ama, decide che deve salvarlo senza nemmeno sapere che è e che fa sto coso. La creatura non è interessante se non in quanto “possibile amore della protagonista”. Conoscendo Del Toro mi sarei aspettato un certo retrogusto horror, come accadeva, ad esempio, ne “Il labirinto del fauno”, in fondo si parlava pur sempre di una creatura acquatica potenzialmente assassina. Quello che troviamo è invece una sorta di pesce rosso evoluto che aveva solo bisogno di amore. Probabilmente mi ero fatto un’idea sbagliata io, ma mi aspettavo più profondità (ahah).
Rimane comunque un film indubbiamente bellissimo da guardare, che veicola messaggi positivi in quantità industriale; guardandolo, più di una volta ho pensato che sarebbe stato un ottimo film per l’infanzia, ma alcune scelte chiaramente lo precludono ad un pubblico molto giovane. Ne rimane purtroppo un’opera compiuta a metà, una bellissima cornice che racchiude una natura morta vista e rivista mille volte, per quanto finemente dipinta.
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di Marco Natale
24 set 2019
80%
La Forma Dell'Acqua è un ottimo film. Indipendentemente dal fatto che sia uno dei pochi film che ha vinto sia il Leone D'Oro che l'Oscar e chissà se succederà di nuovo con Joker. Troviamo tutta la...
La Forma Dell'Acqua è un ottimo film. Indipendentemente dal fatto che sia uno dei pochi film che ha vinto sia il Leone D'Oro che l'Oscar e chissà se succederà di nuovo con Joker. Troviamo tutta la poetica di Del Toro: l'amore verso l'emancipato e il diverso, l'ambientare le sue opere in un particolare momento storico dove ci sono conflitti sociali e politici come la Guerra Fredda qui, la creazione di nuove creature che sono più umane degli stessi umani, gli omaggi al Cinema del passato, a Lovecraft, critica contro i potenti e altro. Commovente ed emozionante favola fantasy che si sembra come altre storie già viste ma Del Toro mette sempre quel tocco che lo rende differente come tutta la poeticità della storia, la voglia di fare Cinema con omaggi anche al musical grazie alla passione che ha la giovane protagonista, fattori innovativi e qui cito Federico Frusciante: "Ma quando mai avete visto in un film americano una ragazza che si masturba allegramente a inizio film e dove il Russo non è cattivo?" e poi le interpretazioni sono magistrali ma su tutti Michael Shannon è avanti a tutti, non è stronzo come il capitano Vidal de Il Labirinto Del Fauno ma si avvicina e fa la sua figura, insomma da vedere assolutamente e da rivedere
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di Luca Buratta
25 gen 2019
60%
Del Toro è un grande narratore. Racconta storie fantastiche, creando contesti visivamente affascinanti, fortemente evocativi, in cui la sua impronta è sempre riconoscibile, sia che si parli di...
Del Toro è un grande narratore. Racconta storie fantastiche, creando contesti visivamente affascinanti, fortemente evocativi, in cui la sua impronta è sempre riconoscibile, sia che si parli di creature anfibie degli anni Sessanta, di case grondanti argilla/sangue o robottoni che picchiano mostri alti come palazzi tirandogli addosso delle navi. La base è sempre un racconto fiabesco, un eroe alle prese con l’ignoto, una missione da compiere, la dicotomia bene/male. Ad elevare le opere di Del Toro è la forma, la grande fantasia di un regista che sfrutta tutte le armi che il mezzo cinematografico gli mette a disposizione, unite alla sapienza tecnica di un regista esperto e molto bravo nel dare equilibrio ai suoi racconti.
Il problema di questo La forma dell’acqua è però lo stesso che aveva gravato anche Crimson Peak: la storia non è forse così incisiva, e la confezione finisce per prendere il sopravvento sul contenuto. Il film è ispiratissimo per quanto riguarda il comparto visivo, molto meno però lo è la storia che viene narrata, fin troppo lineare e che in certi momenti appare addirittura sbrigativa. Il personaggio di Elisa è tracciato con grande affetto - si vede che Del Toro le vuole proprio bene - ed è praticamente impossibile non volere un lieto fine per la sua storia. Anche troppo però, nel senso che questo essere sempre buona e pucciosa, contrapposto all’innata sgradevolezza (anche estetica) dell’antagonista, alla lunga stucca.
E poi c’è lui, il “mostro”, decisamente l’aspetto che più mi ha deluso guardando il film. L’idea che salta subito in mente anche solo leggendo la sinossi del film è chiaramente La bella e la bestia, anche se qui non parliamo della canonica “bella”, né di una vera e propria bestia. Ed il problema è proprio questo: la creatura è un “non personaggio”, è poco più di un oggetto di scena. Ci sono i cattivi che vogliono ucciderlo, i buoni che vogliono salvarlo, e lui in mezzo, inerte e inutile, sballottato da una parte all’altra. Non c’è nemmeno il percorso orrore - curiosità - comprensione - amore (di nuovo La bella e la bestia), qui Elisa lo vede e lo ama, decide che deve salvarlo senza nemmeno sapere che è e che fa sto coso. La creatura non è interessante se non in quanto “possibile amore della protagonista”. Conoscendo Del Toro mi sarei aspettato un certo retrogusto horror, come accadeva, ad esempio, ne “Il labirinto del fauno”, in fondo si parlava pur sempre di una creatura acquatica potenzialmente assassina. Quello che troviamo è invece una sorta di pesce rosso evoluto che aveva solo bisogno di amore. Probabilmente mi ero fatto un’idea sbagliata io, ma mi aspettavo più profondità (ahah).
Rimane comunque un film indubbiamente bellissimo da guardare, che veicola messaggi positivi in quantità industriale; guardandolo, più di una volta ho pensato che sarebbe stato un ottimo film per l’infanzia, ma alcune scelte chiaramente lo precludono ad un pubblico molto giovane. Ne rimane purtroppo un’opera compiuta a metà, una bellissima cornice che racchiude una natura morta vista e rivista mille volte, per quanto finemente dipinta.
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09 ott 2018
68%
Si dice che in natura non ci sia contenitore più perfetto dell’uovo.
La Forma dell'acqua, complice il fatto che l’uovo sia un elemento importante nel racconto, mi ha dato l’idea...
Si dice che in natura non ci sia contenitore più perfetto dell’uovo.
La Forma dell'acqua, complice il fatto che l’uovo sia un elemento importante nel racconto, mi ha dato l’idea di essere esattamente quello: un uovo.
Un contenitore perfetto, tecnicamente ineccepibile, ma che una volta aperto… finisce subito.
Provo a spiegare il mio punto di vista, sapendo di camminare sulle uova dato che so che è piaciuto tanto a tanti
(ehi, ho parlato ancora di uova, buffo)
Il film è una favola, in tutto e per tutto: ha una voce narrante che apre e chiude il racconto, presenta personaggi bidimensionali che sono o buoni-buoni o cattivi-cattivi, ha il lieto fine dove vissero felici e contenti e il cattivo che viene sconfitto.
Ma ritengo che oltre la favola… ci sia davvero molto poco.
La confezione è meravigliosa, ho amato la scelta di una fotografia così decisa, che dialoga con scenografie e costumi per creare un mondo interamente virato su qualunque tonalità di verde possibile e qualche punta di azzurro, la macchina da presa che si muove fluttuando nell’aria come se fosse sempre sott’acqua… e l’acqua è ovviamente fondamentale nel film: è l’elemento vitale del “mostro”, è dove Elisa (Sally Hawkins) si trova a suo agio, è ciò che lei usa per pulire per terra, è nel bicchiere che Strickland (Michael Shannon) rovescia per chiamarla ed è pioggia finta al cinema e pioggia vera nel finale.
Il colore verde viene esplicitamente citato come “il colore del futuro” ed è presente ovunque, sarebbe ridondante sottolinearne la presenza negli oggetti e nei costumi, ma è bello notare come sia appunto stato scelto in quanto colore del “progresso cattivo” mentre il rosso è il colore del “passato buono”.
Elisa si veste sempre di verde tranne dopo il rapporto con il “mostro”, con… con l’uomo pesc… con l’anfib… con Lui, dai, lo chiamerò “Lui” (Doug Jones), perché inizia ad indossare dei particolari rossi, come le scarpe, il foulard tra i capelli…
Ed è rossa la gelatina che inizialmente disegna il suo vicino di casa, salvo poi piegarsi alla volontà dei clienti e trasformarla in verde.
Ma un attimo, vado con ordine, o almeno ci provo.
I protagonisti della storia, cattivo a parte -mi spiace aver visto il film doppiato: Michael Shannon appare bravissimo, ma per due ore io ho sentito la voce di Pino Insegno pensando alla tigre dell’Era Glaciale, e vabbè- sono tutti degli emarginati dalla società: c’è la ragazza muta, c’è l’essere anfibio, c’è l’omosessuale, c’è la donna di colore.
La Forma dell'acqua si svolge in una cittadina fittizia della quale non sappiamo nulla, ma sappiamo che siamo nel 1962, quindi in piena guerra fredda e pericolo missili su Cuba, un momento storico durante il quale i rapporti tra USA ed URSS erano davvero ai minimi storici e tutti avevano paura che sarebbe successo qualcosa di nucleare da un momento all’altro.
Bene: di tutta questa confezione, nel film secondo me non esce praticamente nulla.
E non è per cercare il pelo nell’uovo
(ehi, ancora!)
ma perché poteva essere ambientato 10 anni prima e sarebbe stata la stessa cosa.
Poteva esserci un’amica al posto del vicino di casa (Richard Jenkins) e cambiava poco.
Poteva esserci una donna bianca al posto di Zelda (Octavia Spencer) e non avremmo notato differenze.
Tutto il discorso lievemente accennato sulla Corsa alla Conquista dello Spazio da parte delle due superpotenze mondiali resta lì, immobile, inutile, superfluo. Non ho capito il perché di tali scelte, indubbiamente forti, se poi non vengono gestite in qualche modo.
Il film finisce nel momento in finiscono i titoli di coda, non ti regala una riflessione, una discussione, un pensiero che ti rimane in testa, un dubbio, un quesito.
Non ci sono punti di vista diversi, non c’è un dilemma o una posizione da prendere: è così, punto.
Non si può non essere d’accordo con la protagonista perché è così buona ed indifesa e romantica che le vuoi bene per forza, non si può tifare per il cattivo perché non ha ambiguità né tentennamenti.
Ed è questo che mi ha lasciato un po’ interdetto.
È vero, c’è il discorso sul razzismo e la paura del diverso, c’è il discorso del riscatto degli emarginati, c’è anche volendo il discorso del maltrattamento del divino (fattomi notare da un amico), ma… è tutto davvero semplice e semplicistico, troppo.
La favola racconta se stessa e basta, e devi accettarla così com’è.
Ma anche la favola in sé pecca, secondo me, di una linearità eccessiva che la porta ad essere eccessivamente prevedibile… Elisa ha un ottimo rapporto con l’acqua, la vediamo masturbarsi ogni mattina nella vasca, veniamo a conoscenza del fatto che sia stata ritrovata in un fiume e porta addosso delle cicatrici che assomigliano tantissimo a delle branchie.
Ora, senza rompere le uova nel paniere a nessuno
(dai, lo stai facendo apposta, ammettilo)
ma che nel finale quelle diventassero vere branchie lo si era capito dal momento in cui si vedono la prima volta… o mi sbaglio?
Che i due fossero destinati a stare insieme anche fisicamente, nonostante la scena del loro rapporto sessuale sia davvero bella, era già scritto dall’inizio… o mi sbaglio anche qui?
Ed è vero che spesso non importa il cosa ma il come, ammetto di essere tra i principali sostenitori della questione, ma questa volta personalmente il come non mi è bastato per urlare al capolavoro.
È bello anche il sottotesto legato alla protagonista, a ben pensarci lei è muta ed abita sopra ad una sala cinematografica: il cinema ha iniziato quando era muto, ed era in bianco e nero come il sogno di lei quando per la prima ed unica volta la sentiamo “parlare”.
Mi è piaciuto il trattamento del cattivone Strickland, che da uomo integerrimo comincia letteralmente a perdere i pezzi e a venire danneggiato nel fisico, con le dita che si staccano e non tornano vive, nella proprietà privata, con l’auto nuova simbolo di potere che viene semi-distrutta, e nell’animo, con la minaccia del generale.
Ma restano piccoli tocchi di splendore, fiocchettini amorevoli che confezionano un qualcosa di troppo esile, troppo leggero, troppo fine a se stesso.
E ci sono almeno un paio di buchetti che in un film così curato mi infastidiscono di più rispetto ad un film “buttato lì”: uno riguarda Lui e i gatti.
Vediamo che agisce da animale e ne mangia uno, ma cinque minuti dopo vediamo che ci gioca assieme e non accenna ad avere istinti bestiali di alcun tipo.
Cosa è cambiato, nel frattempo? Quando ha imparato?
Perché ha un atteggiamento così diametralmente opposto?
L’altro riguarda il finale dove davvero non mi va giù che, dopo che Dimitri è morto, Strickland vada direttamente a casa di entrambe le protagoniste.
Conoscendo perfettamente l’indirizzo di due che fanno le pulizie, conoscendo addirittura il piano dove abitano e la porta di casa: da Zelda bussa prima di entrare (e sorvolo sul personaggio del marito) e da Elisa arriva a fare irruzione.
Come caspita fa a conoscere dove abitino entrambe? A chi l’ha chiesto? Di notte? Nel 1962?
Un po’ forzata, no?
Restando nella cosmogonia DelToriana trovo che Il Labirinto del Fauno sia un film molto più riuscito de La Forma dell’acqua, molto più completo, più maturo: in quella favola, perché sempre di favola parliamo, l’ambientazione era fondamentale e non un orpello, il franchismo subìto dal paese e dalla bambina permeavano tutta la storia, la condizionavano…
E mi aspettavo di vedere un qualcosa di simile, ma ad un livello ancora più alto.
Invece, secondo me, non ho visto né il “capolavoro” di Del Toro né il film della sua maturità, quanto appunto un pasticcino meraviglioso a vedersi, ma troppo piccino per lasciare un gusto persistente in bocca.
Anzi, la sensazione che mi ha lasciato è proprio quella che ne avrei voluto di più, ne avrei voluto ancora, perché ciò che ho gustato era molto buono, ma finiva subito.
Elisa nel film "dice" che "Se non facciamo niente, non siamo niente".
Ecco: per me il film non è che non faccia niente e sia niente, però fa davvero poco, col risultato di essermi parso davvero poco.
O magari invece sto sbagliando tutto, ed il vero Mostro non è quello del film, ma sono io.
Io insensibile, io poco emotivo, io troppo cerebrale.
Ma non è neanche quello, perché sono uno che piange davanti ai film e si commuove ogni due per tre.
E non è nemmeno una questione di aspettative deluse, perché altri film tanto decantati prima che li vedessi mi sono piaciuti tantissimo lo stesso…
Allora forse è solo questione di uova.
Mi piacciono moltissimo, le uova, anche mangiate da sole ed anche se finiscono subito.
Ma se ci aggiungi anche della maionese, del sale, del bacon e delle patate schiacciate il sapore è più completo e resta più tempo in bocca... e mi piacciono molto di più.
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16 set 2018
90%
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La...
Per me questo film non è niente di meno di un trionfo. Secondo me il miglior del Toro mai visto, oltre che uno dei 2/3 film più belli dell'anno tra le produzioni hollywoodiane.
La forma dell'acqua prende tutto ciò che di buono ha fatto il regista nei film precedenti e crea un amalgama che potrebbe essere visto come il manifesto della poetica dell'autore. Come nella Spina del diavolo o nel Labirinto del fauno, Guillermone immerge la narrazione in un contesto storico particolare, teatro di importanti tensioni politiche e sociali: la guerra fredda. Sullo sfondo delle vicende viene raccontato un mondo brutto e buio in cui le persone sono o vittime (nel bene e nel male) dei tempi che corrono o ne sono fautori. È un mondo paranoico in cui vince la diffidenza verso il diverso, sessualmente, etnicamente e politicamente.
In un contesto prosaico come questo, del Toro inserisce la più classica delle storie d'amore. Due individui, soli ed emarginati da una società meschina, si conoscono e capiscono di amarsi. La narrazione è favolistica all'ennesima potenza: i buoni sono puri di cuore, tanto lontani dalle logiche degli uomini di potere quanto costretti a fare i conti con il poco valore della propria esistenza; i cattivi sono cattivissimi, consci della propria condizione di uomini incompleti (le dita marce di Michael Shannon), così frustrati nella vita privata da trovare consolazione solo nella sopraffazione sui più deboli.
La bravissima Sally Hawkins è Elisa, una donna delle pulizie muta che capisce che l'unica cosa che la fa star bene rischia di essere spazzata via dalla arrogante volontà di uomini ossessionati dal progresso e dal potere sulle vite degli altri. La ribellione di Elisa ha quindi una valenza duplice: da una parte il suo innamoramento per il mostro equivale alla scelta di prendere le distanze (anche biologicamente) da una umanità bassa e pateticamente tronfia, dall'altra è un grido disperato a tutte le vittime del mondo: per le proprie idee, per la propria libertà, se non si è disposti a lottare fino alla morte non si è niente.
La storia d'amore tra Elisa e il mostro viene descritta con dolcezza e passione senza paura di sembrare banale o fuori tempo. Appare invece fuori DAL tempo, sospesa, universale, in bianco e nero come un film degli anni 40 (geniale quella scena lì, proprio quella). Il film di del Toro è praticamente perfetto, in ogni cosa. Nelle interpretazioni come nella messa in scena, dalla regia alla fotografia passando per le bellissime scenografie. Un capolavoro della sua filmografia, esempio perfetto di come il cinema commerciale (fantastico o romantico che sia) sia in grado di sposarsi con successo con le esigenze poetiche del regista, che in questo La forma dell'acqua lancia un attacco a tutti i fascismi del mondo.
Un film fenomenale.
Per me, è da 9.
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Fabio
05/02/2024
Eris
27/04/2024
Anna
02/03/2024
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Grazia173
6 anni fa
Però la fotografia è stupenda e gli attori davvero bravi quindi alla fine il film è riuscito comunque a colpirmi in positivo ma sicuramente non da Oscar, per me
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Davide Rancati
6 anni fa
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Angela
6 anni fa
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Alessandro Dinale
6 anni fa
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Morena Falcone
6 anni fa
E' stato impostato davvero troppo come una favoletta per i miei gusti, con questi buoni che non concepiscono neanche lontanamente cosa sia un atto scortese o questi cattivi geni del male per eccellenza. Proprio non c'è beneficio del dubbio: o buono o cattivo.
Ne "Il Labirinto del Fauno" c'era una costante atmosfera di inquietudine, quando apparivano dei personaggi per un po' non si capiva quali fossero le loro intenzioni, se la protagonista fosse o no in pericolo, c'era una certa suspense. Ne "La Forma dell'Acqua" invece una banale caratterizzazione dei personaggi, e non perchè già vista e rivista, ma perchè piatta, senza possibilità di sorpresa.
Giudizio a parte però per scenografia per cui considero l'Oscar meritatissimo, per la fotografia (molto buona ma assolutamente non competitiva contro quella di Blade Runner 2049) e per le musiche, belle ma che non avrei però fatto vincere contro le colonne sonore di Greenwood ne "Il Filo Nascosto".
Io gli do la sufficienza giusto per queste note di merito finali, quindi 6.
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