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In una sede virtuale si è tenuta la conferenza stampa di Zero: la nuova serie TV italiana in uscita su Netflix il 21 aprile in 190 paesi.
La serie prodotta da Fabula Pictures e Red Joint Film è ispirata al romanzo di Antonio Dikele Distefano Non ho mai avuto la mia età.
Zero è stata diretta da Paola Randi (Tito e gli alieni), Ivan Silvestrini (Arrivano i prof), Margherita Ferri (Zen sul ghiaccio sottile) e Mohamed Hossameldin.
[Il trailer di Zero]
Zero racconta la storia di un timido ragazzo con uno straordinario superpotere, diventare invisibile.
Non un supereroe, ma un eroe moderno che impara a conoscere i suoi poteri quando il Barrio, il quartiere della periferia milanese da dove voleva scappare, si trova in pericolo.
Zero dovrà indossare gli scomodi panni di eroe, suo malgrado e, nella sua avventura, scoprirà l’amicizia di Sharif, Inno, Momo, Sara e forse anche l’amore.
Alla conferenza stampa hanno partecipato Antonio Dikele Distefano (il creatore), Giuseppe Dave Seke (Zero/Omar), Haroun Fall (Sharif), Beatrice Grannò (Anna), Richard Dylan Magon (Momo), Daniela Scattolin (Sara), Madior Fall (Inno) e Virginia Diop (Awa), oltre ai membri della produzione e i registi.
Di seguito alcune delle domande che sono state poste al cast e alla produzione durante la conferenza stampa.
Dopo l'introduzione dell'ideatore della serie Antonio Dikele Distefano la conferenza si apre proprio con la sua domanda al cast.
Antonio Antonio Dikele Distefano:
Qual è il vostro superpotere?
Giuseppe Dave:
Il mio superpotere è vedere il bello anche nelle piccole cose.
Questo mi permette di avere una visione del mondo migliore di quello che potrebbe essere senza questo superpotere.
Beatrice Grannò:
La creatività.
Nella vita difficilmente mi trovo ad avere blocchi creativi ma ho sempre molte idee; come ogni super potere è un'arma a doppio taglio...
Spesso avere troppe idee e troppi stimoli ti crea un caos incredibile per cui non riesci mai a portare a termine un solo progetto perché te ne viene in mente subito un altro.
Daniela Scattolin:
La sincerità. Nel senso che sono proprio come mi vedi.
Madior Fall:
Il nostro superpotere è di poter far emozionare le persone attraverso il nostro lavoro.
Richard Dylan Magon:
La battuta facile. Riesco a far ridere le persone.
Questo superpotere mi ha aiutato tanto nella vita soprattutto a creare rapporti.
Hauron Fall:
Quello di essere tenace.
Virginia Diop:
Quello di affrontare la vita sempre con il sorriso.
[Giuseppe Dave Seke - Omar in Zero]
Questa è la prima serie che vede protagonisti dei neri italiani?
Quanto è stato difficile portarli sullo schermo?
Antonio Dikele Distefano:
Dico sempre che la cosa che conta di più è esistere.
La gente pensava fosse quasi impossibile che esistessero registi e attori neri italiani. Invece esistono e dovranno continuare a esistere.
In futuro dovranno essere coinvolti. L'errore che non bisogna fare è pensare che questa sia una serie su tutti i ragazzi neri italiani: la cosa che ci accomuna non è il colore della pelle.
La serie parla di Ormar e non del suo colore della pelle.
Quanto sono diversi il libro e la serie?
Antonio Dikele Distefano:
Il romanzo e la serie sono totalmente diversi.
Zero è una serie che mi dà molta leggerezza, il romanzo invece spinge di più alla riflessione.
Se davvero scoprissi di essere invisibile come sfutteresti questo tuo super potere?
Giuseppe Dave:
Prenderei del tempo per me.
Staccherei, rifletterei, andrei in un'isola a godermela.
Nella tua esperienza ci sono stati degli esempi in cui ti sei sentito davvero invisibile?
Giuseppe Dave:
Nel periodo adolescenziale non riuscivo ad esprimermi e avendo questi pensieri nella testa mi sentivo invisibile alle persone.
Ma penso che sia una condizione che tutti noi abbiamo vissuto.
[Madior Fall e Haroun Fall in Zero]
Qual è stata l'ispirazione per raccontare la storia di Zero?
Antonio Dikele Distefano:
Quando abbiamo iniziato a pensare a Zero continuavo a dirmi "Pensa che bello se ci fosse un supereroe nero italiano".
Io sono un amante degli anime giapponesi, leggo tantissimi manga.
Comunque il potere dell'invisibilità è una metafora ispirata a Ferro 3 - La casa vuota.
La pandemia ha modificato la serie?
Antonio Dikele Distefano:
Volevamo scrivere la realtà di tutti i giorni.
La serie è migliorata durante il lockdown perché abbiamo avuto più tempo e siamo diventati amici. Ci sentiamo tutti i giorni.
Abbiamo anche avuto più tempo per migliorare delle cose.
Questa serie per voi è un primo passo per parlare di diversità sociale?
Vi siete resi conto che siamo in un momento di cambiamento, le persone stanno chiedendo una modifica nel linguaggio e nell'approccio in televisione?
Antonio Dikele Distefano:
Mi piace il termine normalità e non diversità.
Zero deve essere una serie che racconta la normalità. Sarà normale solo quando ci saranno serie come queste.
Il vero cambiamento avverrà quando la gente non farà più queste domande. Oggi stiamo facendo una conferenza legata al fatto che siamo neri.
La vittoria vera sarà se la nella prossima conferenza si parlerà della storia e non del colore.
Io non sono una amante di queste lotte. Penso che la lotta sia legata alla normalità.
Il linguaggio cambia quando le persone che hai vicino ti trovano normale.
Come avete bilanciato la quotidianità e la normalità anche in senso attoriale con gli elementi fantastici?
Quanto è importante che ci sia una letteratura televisiva di questa normalità afro-italiana che non conosciamo ancora bene?
Haroun Fall:
Il punto non è di dover raccontare che siamo persone nere.
Bisogna pensare come i personaggi vivono all'interno della storia. È fondamentale che ci sia una rappresentazione della rappresentanza della nostra gente in un contesto normale.
Zero vuole essere un punto zero, ovvero l'inizio di una rappresentanza delle persone nere nel Cinema.
Prima di Zero già lavoravo come attore, ma era difficilissimo trovare un ruolo.
[Il cast di Zero]
Come sei stato scelto Giuseppe?
Giuseppe Dave:
Una storia tipo quella delle favole. Un mio amico mi ha mandato un post di Antonio.
Io ero un po' scettico non mi sentivo all'altezza. Alla fine mi faccio convincere e il giorno del mio compleanno mi hanno mandato una mail che sarei dovuto andare a Milano da Padova per fare un provino.
Io non ero mai stato a Milano. Per me era già tanto quello.
Mi sono messo in gioco pensando "Quello che viene, viene". E quella è stata la chiave.
Ho avuto 30 secondi di felicità seguiti da tanto tempo a pensare "Ma ce la posso fare?"
Ma mi hanno supportato tutti. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa.
Il gruppo è incredibile.
Per molti di voi è un debutto.
Ci volete raccontare qualcosa della vostra storia?
Richard Dylan Magon:
Io ho visto il video caricato da Antonio su Instagram, dove diceva che stavano cercando ragazzi di seconda generazione per una serie Netflix.
Al momento lavoravo in fabbrica e mi sono detto "Ci provo, non ho nulla da perdere".
Rimasi sorpreso perché avevo poca speranza, ero più vecchio di un anno rispetto all'età richiesta.
Sono andato a fare i vari casting e quando mi hanno confermato il ruolo ero felicissimo. Io faccio musica da sempre, ma il Cinema è sempre stata una mia passione.
E ho sempre voluto farlo per potermi esprimere davanti alla telecamera.
Questa opportunità è stata davvero importante e lo è tutt'ora.
Spero che al pubblico arrivi la forza del gruppo perché è presente anche al fuori del set.
Madior Fall:
Io sono arrivato tramite un'amica che mi aveva mandato l'annuncio del casting.
A me è sembrato qualcosa di talmente diverso da quello che si vede in TV in Italia. Ho pensato quindi che sarebbe stata un' occasione unica.
Io parto da modello e ho sempre voluto passare al Cinema. Quindi ero gasatissimo e ho provato a dare tutto me stesso.
Con i ragazzi ai provini si è creato subito un legame, quasi come se fossimo una famiglia.
Daniela Scattolin:
Io ho visto il video ed ero incredula che la mia agenzia non mi avesse proposta. Ero disperata.
Ho scritto subito ad Antonio tre o quattro messaggi.
Anche io avevo superato un anno di età. Ho cercato di entrare nel mood più possibile delle ragazzine di oggi, ho studiato davvero tanto.
Questo è uno dei progetti che ho desiderato di più e alla fine ho fatto bene a desiderarlo così tanto, perché mi ha cambiato la vita.
Haroun Fall:
Io stavo facendo uno spettacolo teatrale e quando ho capito cosa voleva fare Antonio mi sono detto: "Questa persona vuole andare nella stessa direzione in cui voglio andare io".
E per me era molto di più del Cinema. Il gruppo è stato più che fondamentale.
Noi abbiamo affrontato la pandemia mondiale insieme.
Virginia Diop:
Facevo già parte di un'agenzia, prima di questo avevo fatto un film, ma non avevo molta esperienza.
Vedere un progetto del genere mi ha fatto capire che fin dall'inizio avrei voluto ottenere il ruolo di Awa. Non dovevo fare il ruolo dell'immigrata per una volta.
Quando lo ottenni mi misi a piangere.
Ancora prima Antonio mi mandò un messaggio dicendomi che si fidava di me e mi emozionai tantissimo.
Mi sono detta "Qui si può cambiare il Cinema italiano."
Volevo sapere dagli autori come mai questo legame dei personaggi con le periferie: solitamente vogliono scappare, invece qui vogliono aiutare...
Volevamo dire qualcosa di originale che non fosse già uscito più volte nelle tante storie di immigrazione, barconi etc.
Volevamo far scontrare gli stereotipi con altri stereotipi e volevamo trovre qualcosa di orginale.
La storia di Zero nasce da quello che ci hanno raccontato i ragazzi quando siamo andati a conoscerli nel loro quartiere.
Loro non volevano andare via, volevano restare e parlavano della loro città e del desiderio di essere riconosciuti come italiani.
Noi abbiamo voluta inserire nella storia perché loro rivendicavano il fatto di voler essere visti come italiani.
Il personaggio di Zero è costruito anche come esempio di mascolinità non tossica?
Non abbiamo pensato al personaggio in questi termini, ma sicuramente esce anche quello dall'osservazione attenta di Antonio e da quello che ci hanno fatto conoscere.
Natasha Nussenblatt:
Come avete creato il superpotere dell'invisibilità a livello tecnico?
Con che software e se vi siete ispirati a qualcosa che avevate già visto prima.
Stefano Voltaggio, Creative Executive Producer:
Il software non lo ricordo.
Ma era invisibile davvero! (ride)
No, non ricordo il software, ma abbiamo fatto tante prove per trovare qualcosa che non facesse stonare il tentativo di raccontare una realtà quotidiana credibile con all'interno questo elemento fantastico.
C'è stata una ricerca molto lunga, perché bisogna fare attenzione a non riprodurre cose già viste e a staccarsi troppo dal tono della serie.
Il mondo di Antonio è un mondo molto legato ai manga, quindi c'era anche una ricerca in quella direzione.
Poi c'erano dei motivi narrativi per cui abbiamo diversificato il mondo invisibile di Zero da quello di ciò che accade intorno a lui.
Abbiamo affrontato questo tema dall'inizio perché era molto complesso.
Nicola De Angelis, Produttore esecutivo di Fabula Pictures:
Sono stati messe in gioco due solidissime realtà per i VFX di Zero.
C'è stato un lavoro molto nuovo per quanto riguarda quello a cui siamo abituati noi in Italia: cercare dei Visual Effects in ambito soprannaturale è una cosa che è stata fatta poche volte in precedenza, quindi è stato uno sforzo molto ampio e la collaborazione di più società mi ha fatto capire anche che ci sono delle aziende che stanno crescendo, con una cultura del lavoro molto particolare ed è stato stimolante lavorare a tutto ciò.
Quei software sono alla base del 90% dell'effettistica che abbiamo relizzato.
Alcuni sono stati realizzati ad hoc, anche mescolando più software insieme e abbiamo anche cercato i plugin giusti per discostarci da quello che c'era in precedenza.
Come sono stati scelti i brani e gli autori della colonna sonora?
Questa volta abbimo avuto la possibilità di far entrare i talent a lavorare alla costruzione della colonna sonora.
Abiamo lavorato parecchio con loro affinché non stonasse con la costruzione musicale che era stata definita insieme a Netflix.
Ci sono state tantissime collaborazioni con Marracash, Mahmood e molti altri.
Si cerca sempre di portare lo spettatore per mano attraverso un percorso musicale emotivo. La ricerca è stata veramente ampia e un applauso va a tutto il team e a tutti gli artisti italiani.
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Zero è disponibile sul catalogo Netflix a partire dal 21 aprile.
Ho visto i primi quattro episodi in anteprima e devo dire che sono rimasta particolarmente stupita da questa storia così originale e dall'interpretazione dei ragazzi che si sono ritrovati in un progetto così grande.
Zero vuole raccontare normalità e quotidianità dando voce ai ragazzi afro-italiani di seconda generazione.
Facendolo utilizza un tipo di genere che in italia ancora non è stato esplorato abbastanza, quello supereroistico.
Quello che più traspare da Zero è il fatto che anche se porta al centro della narrazione la storia di un ragazzo nero, questo passa assolutamente in secondo piano perché quello che Zero in realtà trasmette è la sincerità e la normalità di come vengano raccontate cose al limite del fantastico.
Un racconto leggero a cui non siamo abituati, che spero vivamente venga riconosciuto per quello che è: un'innovazione in questo campo in Italia.
Un'innovazione che dà voce a chi si sente di solito invisibile.
I primi episodi visti in anteprima mi hanno intrattenuta e sono curiosa di poter vedere presto il resto della serie, sperando che continui su questo piano perché se così fosse - a parte qualche piccola sbavatura in sceneggiatura che a mio avviso sarebbe stata da migliorare - Zero sarebbe una delle poche serie TV italiane su Netflix che mi sentirei di promuovere.
Qui da noi non hai mai visto fake news, ne siamo certi. Anzi, spesso siamo noi che ci troviamo a sbufalare gli altri!