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Il terzo omicidio di Hirokazu Kore’eda è stato presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia 2017 ma non ha mai avuto una distribuzione in Italia fino al 2020, quando grazie alla preziosa Double Line il film è stato rilasciato nelle nostre sale.
Sandome no satsujin (titolo originale) ruota attorno all’avvocato Shigemori (Masaharu Fukuyama) che deve occuparsi di un caso di omicidio abbastanza particolare.
L’uomo che deve difendere, ovvero l’operaio Misumi (Kōji Yakusho), è accusato di aver brutalmente ucciso e derubato il suo datore di lavoro, ma contro ogni logica Misumi ha già confessato la sua colpevolezza.
Il presunto assassino era già stato accusato di omicidio 30 anni fa, ma in quel caso il giudice, padre dell’avvocato Shigemori, lo dichiarò innocente.
[Trailer con sottotitoli de Il terzo omicidio]
“A questo mondo ci sono persone che non sarebbero mai dovute nascere.”
Questa frase viene pronunciata durante una riunione fra la squadra degli avvocati difensori di Misumi e Kore’eda la pone come interrogativo a noi spettatori de Il terzo omicidio.
Chi decide chi deve morire e chi no? In Giappone, dove ancora vige la pena di morte, in molti casi è il giudice stesso a sentenziare se una persona deve affrontare "il miglio verde" o meno.
Ma con quali criteri lo fa?
E se qualcuno che ha commesso in apparenza un reato grave come l’omicidio non confessa per orgoglio personale o viene condannato per una tattica di difesa sbagliata del proprio avvocato?
[Le prove attoriali di tutto il cast de Il terzo omicidio sono assolutamente da lodare]
Il regista Palma d’oro per Un affare di famiglia durante tutta la durata del film ci tartassa con queste domande, fornendoci in parte una risposta e in parte lasciando intelligentemente spazio a una riflessione, che ci accompagnerà ben oltre i titoli di coda.
Il terzo omicidio inizia come un legal-drama classico, ma pian piano mutua prendendo varie tangenti, come il suo protagonista.
Shigemori è un avvocato rispettato e che crede nel lavoro che fa, ma che non è interessato alla vita che ruota attorno ai suoi clienti perché ritenuta inutile ai fini del proprio lavoro.
Ma Misumi continuerà a cambiare versione dei fatti, tutte plausibili, portando lo stesso Shigemori a ricredere nell’etica del proprio lavoro e al concetto stesso di verità.
Le verità è l’ultimo film di Kore’eda presentato anch’esso alla Mostra del Cinema di Venezia e aveva come topoi principale lo smascheramento delle menzogne di una famiglia e la ricerca del significato di verità; in un certo senso Il terzo omicidio aveva già affrontato questo argomento, ma con una maggiore eleganza grazie a una regia perfettamente calibrata tra il dramma e il thriller e alla stupenda e avvolgente colonna sonora di Ludovico Enaudi.
Una verità che pian piano assottiglierà il vetro tra Shigemori e Misumi fino a raggiungere una sovrapposizione fra le due persone dichiarata in una scena tanto urlata quanto stupenda.
Una fusione che avviene anche all’interno delle sfere personali dei protagonisti.
La famiglia è sempre stata al centro della poetica del Cinema di Hirokazu Kore’eda e anche ne Il terzo omicidio riveste una componente fondamentale.
[Suzu Hirose aveva già collaborato con Kore'eda per Little Sister]
In questo caso le figlie riflettono ciò che avviene tra i loro padri.
La figlia di Shigemori è costretta a commettere dei reati per attirare l'attenzione del proprio padre, quella di Misumi è scomparsa da 30 anni e Sakie (Suzu Hirose), rimasta orfana del proprio papà, è costretta a tenere nascosti più segreti per non infangare la propria famiglia.
Un trittico che non ha un gran minutaggio durante il film, ma che è sempre presente e influenza ogni scelta di Shigemori e Misumi.
“I dolori leggeri concedono di parlare: i grandi dolori rendono muti.”
Una frase, presa dal filosofo Lucio Seneca, che può rispondere alle domande che Kore’eda ci fa durante tutto il film: forse, di fronte a certi quesiti, come suggerito dai protagonisti e le loro figlie de Il terzo omicidio è il silenzio l’unica risposta che si può dare.
Un silenzio dovuto all’orgoglio o a un dolore che può allo stesso tempo uccidere, ma salvare una vita.
1 commento
Emanuele Antolini
4 anni fa
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