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Scene al microscopio: Django Unchained - L’ira di Calvin Candie

Una scena in particolare, analizzata nel dettaglio da Mattia Corselli

Django Unchained esce nelle sale americane nel dicembre 2012, con un botto senza precedenti per la carriera di Quentin Tarantino risultando, almeno fino ad oggi, il suo più grande successo al botteghino con un incasso mondiale di circa 425 milioni di dollari.

 

Questo risultato non dovrebbe sorprendere considerando che, oltre alla presenza nel cast di un certo Leonardo DiCaprio, qui alla sua prima collaborazione con Quentin Tarantino, questo film è forse l’unico nella carriera del regista americano in cui si può scorgere, seppur lievemente, una qualche vena “commerciale” o, quanto meno, è il film dove Tarantino ha più volutamente strizzato l’occhio al grande pubblico.

 

Tutto ciò non va comunque a intaccare il risultato finale di Django Unchained che, ancora una volta, è quello di un film di assoluto livello seppure, almeno a parere di chi scrive, non al livello della maggior parte delle altre opere tarantiniane, il che dovrebbe far rendere bene conto del valore complessivo dell’intera carriera del Maestro. 

 

 

 

Django Unchained, che prende il nome dal Django di Sergio Corbucci interpretato da Franco Nero - qui presente in un piccolo cameo - è il primo western ufficiale di Tarantino, seppur, come abbiamo visto negli articoli precedenti, il nostro avesse già lambito non poco il genere in Kill Bill e in Bastardi senza Gloria.

 

Va chiarito che il film, nelle sue intenzioni e ancor di più nella sua effettiva messa in scena, si ispira più ai Corbucci e agli altri registi di spaghetti western che non a Sergio Leone, regista preferito di Quentin Tarantino ma il cui stile e la cui epica hanno influenzato maggiormente proprio la pellicola precedente e il doppio film con la Thurman.

 

Ciò lo si vede nell’intero film e in particolare nel suo protagonista interpretato da Jamie Foxx, caratterizzato per uno stile più scanzonato che epico, proprio come negli spaghetti western che non portano la firma del regista della Trilogia del Dollaro.

Se dovessi indicare l’elemento di maggior pregio di questa pellicola non avrei alcuna esitazione a individuarlo nella sceneggiatura, non a caso meritatamente premiata con il secondo Oscar per il regista americano.

 

 



In Django Unchained non assistiamo alla consueta suddivisione in capitoli né tantomeno a sbalzi temporali avanti e indietro.

 

Questa volta Tarantino racconta la storia in modo del tutto lineare in rigoroso ordine cronologico e la scelta, oltre a dimostrare quanto il regista non si fossilizzi in schemi sicuri, è legata alla natura del racconto messo in scena.

 

Django Unchained, sotto un certo punto di vista, è perfettamente assimilabile a un romanzo di formazione, il cui motore propulsivo è rappresentato non tanto dalla vendetta, come per esempio in Kill Bill o in Bastardi senza Gloria, quanto dall’amore del protagonista per la moglie Broomhilda Von Shaft, interpretata dalla bella Kerry Whashington, da salvare e con cui ricongiungersi.

 

In quest’ottica ha allora più senso che l’intera storia venga narrata in ordine cronologico mostrandoci come, dopo essere stato liberato dal Dott. King Schultz - dentista tedesco riciclatosi in cacciatore di taglie e superbamente impersonificato da Christoph Waltz - uno schiavo possa diventare prima un abile pistolero e cacciatore di taglie (oltre che imparare a leggere, particolare che nella versione finale del film è solamente accennato) e poi in grado di andare a mettere a ferro e fuoco Candyland assieme al nuovo compare per salvare la sua amata.

 

La sceneggiatura, personalmente, la trovo perfetta. 

 

 



Suddivisa nei canonici tre atti, nella prima parte Django viene liberato - letteralmente “scatenato”, e quindi reso Unchained - da un cacciatore di taglie sui generis, tanto bravo con la pistola quanto, se non più, con le parole.

 

Memorabile, in tal senso, la prima scena in cui lo vediamo al lavoro.

Dopo essersi servito da solo una birra alla spina - in una scena che grazie alla dovizia di dettagli è in grado di rendere affascinante anche una spillatura - il Dott. King Schultz ubriaca con la sua eloquenza il Marshall interpretato dal Tom Wopat di Hazzard, arrivato sul luogo perché il Dottore ha ucciso il proprio bersaglio: un ex furfante che era riuscito a farsi eleggere sceriffo in quella cittadina.

 

Un copione che riproporrà successivamente anche dopo aver ucciso i Brittle Brothers, e riuscirà a trasformare una situazione pericolosa in cui un’intera cittadina assiepata davanti a lui è pronta a farlo fuori in una in cui, come il cacciatore di taglie tedesco candidamente chiarisce,

"In altre parole, Marshall, mi dovete 200 dollari”.

 

Ma oltre a essere un eccellente oratore e cacciatore di taglie, l’ex dentista è anche un uomo dall’animo nobile che disprezza la schiavitù e prende a cuore, dopo avergli restituito la libertà, le sorti di Django e la sua missione per ricongiungersi con Broomhilda.

 

“Francamente, non avevo mai dato la libertà a nessuno finora e ora che l’ho fatto mi sento vagamente responsabile per te.

In più un tedesco che incontra un Sigfried in carne e ossa è un avvenimento; come tedesco sono obbligato ad aiutarti nella tua ricerca di liberare la tua amata Broomhilda”, dirà a Django, prima che i due con una stretta di mano sigillino l’accordo di lavorare in coppia per l’inverno, per poi recarsi insieme in primavera a scoprire dove sia finita la moglie del protagonista.

 

 

 

 

Nel primo atto, tra le tante cose, non si può ovviamente non citare lo spassossimo momento con il Ku Klux Klan dove, prima di essere sconfitta dal nostro eroe e da Schultz, l'organizzazione razzista che ha terrorizzato i neri del sud degli USA viene dissacrata e sbeffeggiata nella scena dei cappucci dove i suoi membri vengono declassati né più né meno che a litigiosi e incompetenti membri di una riunione condominiale.

 

Il secondo atto, come da tradizione il più lungo, coincide con la presenza sullo schermo di Monsieur Calvin Candie, magistralmente interpretato da Leonardo DiCaprio inopinatamente neppure candidato all’Oscar come Migliore Attore non Protagonista, nonostante una performance che definire mostruosa è un eufemismo e dove, tra l’altro, impersonifica un cattivo per la prima, e fino ad oggi ancora unica, volta.

 

La seconda parte comincia con Django e Schultz che si accordano sul piano da mettere in azione per provare a salvare Broomhilda: fingere di essere interessati ad acquistare uno schiavo da utilizzare per la lotta fra Mandingo per poi, dopo essersi ingraziati Candie, proporre in realtà l’acquisto della moglie del protagonista.

 

Piano che sarebbe anche riuscito, se non fosse per l’arguzia del perfido Stephen, il nigga di casa Candie interpretato dall’attore tarantiniano per eccellenza, Samuel L. Jackson, vera nemesi di Django. 

 

 



In questo secondo atto i momenti più memorabili sono sicuramente la morte dello schiavo D’Artagnan, brutalmente divorato dai cani, e soprattutto la lunga cena a casa Candie, dove si attraversano davvero diverse fasi e dove le dinamiche tra gli astanti mutano drasticamente nel corso della sera, e di cui in parte mi occuperò.

 

Infine la chiusura del secondo atto, a cominciare dall’uccisione di Candie da parte del Dott. King Schultz (“Non ho saputo resistere!”), non prima che quest’ultimo abbia però umiliato l’ignoranza del perfido ma altrettanto ignorante Calvin, francofilo per moda che si fa chiamare Monsieur invece di Mister ma poi non parla francese (“Non sa parlare francese, non parlate francese con lui, lo imbarazzate”) e che chiama un suo schiavo D’Artagnan senza neanche sapere chi sia Alexandre Dumas né tantomeno che questi fosse di colore.

 

E ancora la pirotecnica sparatoria, che tanto avrà fatto felice chi ama la parte splatter di Tarantino e di cui mi piace sottolineare, dal punto di vista tecnico, i suoni utilizzati per accompagnare la gittata delle pallottole: suoni di veri e propri cannoni che, accompagnate al ralenti, producono un risultato davvero interessante e innovativo. 

 

 



E così, infine, si arriva al terzo e ultimo atto nel quale il nostro eroe, anche grazie all’astuzia e non solo alle abilità con le armi, riesce prima a liberarsi da quelli che dovevano portarlo alla “LeQuint Dickey Mining Company”, una sorta di campo di lavoro precedentemente descritto dal malvagio Stephen con caratteristiche analoghe a quelle di un campo di concentramento nazista (“...e quando arrivi lì, quelli ti tolgono il nome, ti danno un numero, ti danno una mazza e ti dicono "al lavoro"”), e poi finalmente a liberare la propria amata Broomhilda.

 

Qui sono due i momenti che ho apprezzato maggiormente.

Il primo è quando i due si ricongiungono, dove il loro incontro è accompagnato da una stupenda fotografia e dalla bellissima “Un monumento” di Ennio Morricone, tratta dal film I Crudeli. 

 

Il secondo è ovviamente la resa dei contri tra Django e Stephen, vero e proprio cattivo del film molto più del bianco Candie.

 

Degno di un film di Sergio Leone è il seguente scambio di battute:

 

Stephen: “Io conto sei colpi, negro”

Django: “Io conto due pistole, negro”.

 

Dopo averlo gambizzato sparandogli a entrambe le gambe Django lo lascia dentro la casa, mentre Stephen gli urla improperi urlandogli, proprio mentre tutto sta per esplodere,

“Sei un presuntuoso figlio di...”, in un evidente rimando all’urlo di Tuco verso Il Biondo che chiude quello che è il film preferito di Tarantino: Il Buono, il Brutto, il Cattivo.

 

Subito dopo Django esce dalla villa, dove lo aspetta l’amata Broomhilda.

Prima di raggiungerla, però, c’è il grande botto che spazzerà in una volta sola sia il cuore di Candyland sia quello che questa rappresenta: la schiavitù. 

 

 



Almeno in questo film lo schiavo nero è riuscito ad avere la meglio su una delle grandi piaghe della Storia degli Stati Uniti e del mondo tutto, ponendo questo film come secondo di quella che lo stesso Tarantino ha definito una sorta di Trilogia della Rivisitazione Storica dove, almeno al cinema, grandi tragedie della Storia umana possono essere sovvertite grazie al potere del Cinema stesso.

 

Trilogia composta, oltre che da questo film, dal precedente Bastardi senza Gloria e dall’ultimo C'era una volta a... Hollywood.

 

Anche la scena conclusiva di Django Unchained è girata con un tono di spavalda scanzonatezza. 

Invece di allontanarsi di spalle come qualunque eroe di film d’azione mentre dietro di lui divampano le fiamme, Django rimane lì, piazzato frontalmente alla grande casa a godersi in pieno lo spettacolo della grande esplosione, per poi girarsi con un sorriso beffardo e compiaciuto verso la compagna, il tutto sotto le note di Annibale e i cantori moderni, sigla, per così dire, di Lo chiamavano Trinità con Bud Spencer e Terence Hill, western scanzonato e spassoso.

 

Ma, pur con la prevalenza di questo tono leggero che rende il film scorrevolissimo nei suoi 165 minuti, Tarantino con poche scene riesce comunque a rendere perfettamente il dramma della schiavitù e delle sue atrocità.

 

Stupendo, struggente e indimenticabile è uno dei pochissimi flashback: Django e Broomhilda, ancora insieme nella stessa piantagione, tentano la fuga inseguiti dagli scagnozzi e dai cani, il tutto sotto la splendida Freedom di Anthony Hamilton & Elayna Boynton.

 

Tentata fuga che sarà la causa della loro separazione a causa del vecchio Carrucan, portato in scena dall’immenso Bruce Dern, che ordina di venderli separatamente per punizione, non prima di averli fatti marchiare in viso con il simbolo dei fuggitivi, segno che renderà in particolare Broomhilda inadeguata per lavorare dentro casa e quindi riciclata come ragazza di comodo per soddisfare gli appetiti sessuali di ospiti e mandingo.

 

Impressa rimane poi certamente, tra le scene con cui Quentin Tarantino ci mostra gli orrori della schiavitù, quella in cui il povero Mandingo D’Artagnan che aveva provato a fuggire verrà sbranato dai cani davanti agli occhi di tutti, compresi quelli del Dott. King Schultz che ne rimarrà irrimediabilmente traumatizzato.

 

Scena che colpisce, oltre che per la sua carica di brutale e reale violenza, seppur non mostrata (un po' come la scena dell’orecchio de Le Iene), anche per come tutti i presenti, eccetto Schultz, umilino il povero schiavo, ridendo come sporchi bifolchi di lui (“Lo sai cosa significa rimborsare?”)

 

Prima di concludere, una menzione d’onore, oltre che per le interpretazioni di DiCaprio, Waltz e Jackson, per la colonna sonora che ancora una volta è di assoluto livello, oltre che piuttosto variegata come registro, passando dagli ormai consueti recuperi da film precedenti a brani hip-hop e tanto altro.

 

Terminata questa panoramica generale, è ora di passare alla scena scelta per questo film, che potremmo chiamare L’ira di Calvin Candie, ossia quella che si svolge a cena dopo che Stephen ha svelato a Calvin la presa in giro perpetrata a suo danno dai due ospiti

“Quei figli di puttana non sono qui per comprare un Mandingo... Vogliono la ragazza!”

 

 



La scena (minuto 1:55:03)

 

Dopo la rivelazione di Stephen che gli ha aperto gli occhi, Calvin Candie ritorna nella sala da pranzo dove, nel frattempo, il Dott. King Schultz sta intrattenendo la sorella del padrone di casa, Miss Lara, con aneddoti inventati sui circhi itineranti

“...Vanto una certa pratica di circhi itineranti europei”, aveva detto in precedenza, alla presenza di Django e di Mr. Moguy, l’avvocato di Candie.

 

Il personaggio interpretato da DiCaprio fa il suo ingresso silenzioso nella stanza con in mano una borsa in pelle.

 

“Eccoti qua. Cominciavo a pensare che tu e quel corvo fosse scappati insieme”, esclama Miss Lara.

“Pensa che notizia!” replica ridendo il fratello, “Lara Lee, stavo guardando fuori dalla finestra. Billy Crash tratta con dei negrieri loschi che vogliono piazzare puledre”, continua, portatosi alle sue spalle,

“Andresti a dare un’occhiata a quelle ragazze?”, conclude, dandole un bacio sulla guancia.

“Certo, fratello”, risponde lei.

 

Miss Lara lascia la stanza.

 

Ora Candie può dare via al suo personalissimo show di rivincita.

Dopo essersi abbottonato la giacca, si adagia al suo posto.

 

“Gli affari non dormono mai”, esordisce Schultz, ignaro di quanto stia per accadere.

 

Candie dà un segno di approvazione alle parole del tedesco mentre è intento a preparare la scena per la sua imminente esibizione.

 

 



“Prima che usciste” prosegue l’ex dentista, “Stavamo parlando della possibilità del mio acquisto di Broomhilda”.

 

L’uomo vuole arrivare a concludere l’unico vero affare per cui è giunto fino a Candyland orchestrando, insieme a Django, tutta la messinscena dell’acquisto di lottatori mandingo. 

 

“Sì, è vero” gli risponde Calvin, “Ne riparleremo, tra un momento”.

Candie estrae dalla sua borsa un base ricoperta di velluto bordeaux, colore dominante dell’intera scena della cena, e la adagia con calma sul tavolo.

Poi, sempre dalla borsa, preleva un teschio umano, posandolo sulla base sistemata un attimo prima.

 

Il teschio colpisce la curiosità del cacciatore di taglie:

“Chi è il vostro amichetto?", domanda divertito.

 

Monsieur Candie si adagia sulla sua sedia, mentre la sua mano si poggia sul teschio umano.

Si schiarisce la voce.

 

“Questo è Ben. È un vecchio che ha vissuto qui per molto tempo. Davvero moltissimo tempo”, risponde l’uomo, mentre si accende una sigaretta,

“Il vecchio Ben ha accudito mio padre e il padre di mio padre” continua con un sorrisetto malefico,

“Finché non ha tirato le cuoia, Old Ben ha accudito me” 

 

“Crescere da figlio del proprietario di una piantagione in Mississippi pone un uomo bianco in contatto con una gran quantità di facce nere”, spiega Candie, mentre Django lo osserva con attenzione, intuendo forse che qualcosa non va

“Ho passato tutta la vita qui. Proprio a Candyland, circondato da facce nere”

“Vendendole tutti i giorni, un giorno dopo l’altro mi chiedevo sempre una cosa: perché non ci uccidono?”.

 

Lo stupido Mr. Moguy scoppia a ridere, ma il suo padrone lo fulmina con uno sguardo.

Non sta scherzando!

 

L’avvocato, servile come sempre, china la testa.

 

 



“Su quella veranda là fuori, tre volte alla settimana per 50 anni, Old Ben, qui, radeva mio padre con un rasoio a mano libera” prosegue, “Fossi stato io Old Ben, avrei tagliato quella maledetta gola a mio padre e non ci avrei messo 50 anni a decidere” esclama sorridendo, mentre i suoi due ospiti lo ascoltano un po' spiazzati.

 

“Ma non l’ha mai fatto” chiosa Candie. 

“Perché?” domanda retoricamente, mentre il povero Moguy si gratta perplesso il pizzetto come chi, soltanto per la prima volta, si trova davanti a questa non irrilevante riflessione.

 

Il monologo di Calvin Candie però non è affatto terminato e anzi, al contrario, sta entrando nel suo vivo.

 

“Vedete, la scienza della frenologia è cruciale per la comprensione della separazione tra le nostre due specie”, spiega l’uomo guardando verso Django, mentre nel frattempo estrae un seghetto dalla sua borsa.

Django lo guarda con disprezzo malcelato.

 

“Nel cranio dell’africano, qui...” continua il padrone di casa dando un colpo col seghetto sul cranio di Old Ben, “L’area associata con la sottomissione è larga più che in qualunque specie umana o subumana sul pianeta Terra”.

 

L’uomo comincia a segare il cranio, mentre i nostri due eroi si guardano perplessi.

Il tono della conversazione è cambiato drasticamente, ma i due non hanno idea del perché, trovandosi spiazzati senza sapere bene come reagire al discorso di Candie, che vira sempre più esplicitamente verso toni razzisti.

 

Calvin prende una pinza e armeggiando con questa stacca un pezzo del cranio.

 

“Se esaminate questo pezzo di cranio, qui...” afferma l’uomo, atteggiandosi come un vero scienziato, “...noterete tre distinte fossette. Qui, qui e qui.” indica al suo auditorium con un punteruolo.

 

“Se avessi in mano il cranio di un Isaac Newton o di Galileo queste tre fossette sarebbero nell’area del cranio associata con la creatività.
Ma questo è il cranio di Old Ben. E nel suo cranio, non gravato dal genio, queste tre fossette si trovano nell’area del cranio associata con il servilismo.”

 

“Fenomeno...”, esclama, rivolgendosi direttamente a Django, “...ammetto che sei piuttosto intelligente.

Ma se prendessi questo martello e lo usassi per sfondarti il cranio... tu avresti le stesse tre fossette nello stesso posto di Old Ben”, conclude, picchettando con il punteruolo sul cranio del povero Old Ben.

 

D’improvviso, le porte si spalancano e ne esce Mr. Pooch, la guardia del corpo di Candie, con un fucile puntato.

 

 



Django e Schultz d’istinto scattano in piedi, ma Candie, urlando, intima loro:

 

“Tenete i palmi sul ripiano del tavolo! Se li alzate da quel piano di tartaruga Mr Pooch vi scarica addosso quelle due canne mozze!
Si sono dette tante bugie a questo tavolo stasera ma a questo potere credere”
, conclude.

 

In questa esplosione di rabbia, il personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio sbatte con forza la mano sul tavolo e, nella realtà, il grande attore si è ferito la mano con tanto di fuoriuscita di sangue ma, da grande professionista, non ha interrotto la recitazione, portando a termine la scena al punto che, per come bene era venuta, alla fine l’incidente è stato lasciato nel montaggio finale.

 

Su richiesta di Monsieur Candie, Mr. Moguy spoglia delle loro armi i due ospiti mentre il suo padrone, non curante del sangue sulla sua mano, si accende un’altra sigaretta.

 

Django e Schultz sono ora con i palmi poggiati sul tavolo, sotto il tiro di Mr. Pooch.

Anche se non sanno come, qualcosa è andato storto.

Sono però ancora ignari della reale entità della situazione.

 

“Sì”, riprende Candie, rivolgendosi al Dott. Schultz “Mi pare che voleste propormi di comprare Broomhilda. Dico bene?”.

Il tedesco sospira, poi risponde: “Sì”.

“Portate Hildi”, ordina Calvin, mentre Django lo guarda colmo di rabbia.

 

Stephen arriva dalla cucina, spingendo nella stanza la povera Broomhilda. 

 

 



“Metti il culo sulla sedia”, grida Candie alla ragazza, afferrandola brutalmente per il collo.

 

“E le mani sul tavolo”, aggiunge Stephen, mentre Hildi piange.

“Sta' zitta!”, le intima il suo padrone.

 

Django la guarda preoccupato.

“Dottor Schultz” riprende Candie, “A Greenville voi avete detto che per il negro giusto sareste stato disposto a pagare quella che si può considerare una somma ridicola”, riprendendo le parole dello stesso tedesco.

“Al che io ho detto "Cosa definite ridicolo?" e voi avete risposto "12.000 dollari”."

 

Il perfido proprietario della piantagione afferra Hildi per la testa, mentre i suoi due ospiti osservano la scena impotenti.

 

“Considerando che avete percorso un sacco di miglia, avuto un sacco di disturbo e raccontato un sacco di stronzate per acquistare questa adorabile signorina qui... Broomhilda sembra di fatto il negro giusto.” afferma l’uomo, arrivando al punto.

“E se volete lasciare Candyland con Broomhilda il prezzo è 12.000 dollari” aggiunge tronfio.

 

“Immagino che preferiate "prendere o lasciare" come stile di trattativa”, risponde prontamente il Dott. Schultz.

“Sì, dottore” risponde Candie, “Perché secondo le leggi di Chickasaw County Broomhilda, qui, è di mia proprietà” chiarisce, alzando progressivamente il tono della voce, fattasi sempre più malvagia,

“E io posso scegliere di fare, con la mia proprietà, qualunque cosa desidero”.

“E se voi pensate...” aggiunge, imbrattando del sangue della propria mano ferita il viso dell’atterrita Broomhilda “Che il mio prezzo per questa negra sia troppo alto, quello che desidero farci è...”

 

L’uomo si interrompe un attimo, poi afferra un martello e urlando con gli occhi quasi di fuori conclude

“Prendere questo martello e pestarla finché muore! Davanti a voi due!”.

 

In questa scena DiCaprio dimostra tutta la sua immensa bravura, riuscendo perfettamente a rendere la rabbia dell’uomo per essere stato preso in giro da quel tedesco dall’apparenza così innocua e da un nero borioso e arrogante; rabbia che fa uscire fuori tutta la malvagità di cui Calvin Candie può essere capace, splendidamente portata in scena dall’attore premio Oscar.

 

Django ha uno scatto, alzandosi dalla sedia, ma Mr. Pooch lo ferma immediatamente:

“Calma, bellezza”, gli intima con il fucile puntato dritto sulla sua nuca.

 

Ma la folle e rabbiosa esplosione di Calvin Candie non è ancora terminata:

“Poi potremo esaminare le tre fossette nel cranio di Boomhilda!” aggiunge, brandendo minacciosamente il martello.

“Allora!” urla rivolto a Schultz, “Che vogliamo fare, Doc? Che vogliamo fare?”.

 

“Posso alzare le mani per rimuovere il portafogli?”, chiede atterrito il cacciatore di taglie tedesco.

 

Con l’assenso di Candie, il tedesco estrae dalla giacca il suo portafoglio lanciandolo in direzione dell’uomo che tiene sotto il tiro del suo martello Broomhilda, con la faccia premuta sul tavolo.

Stephen prende 12.000 dollari dal portafoglio di Schultz; poi glielo rilancia.

Calvin Candie batte improvvisamente il martello sul tavolo, a pochi centimetri dalla testa di Hildi:

“Aggiudicata!” urla trionfante, “All’uomo con la barba eccezionale e al suo non eccezionale negro”, lanciando il martello verso i due.

 

Poi si rivolge verso Mr. Moguy, che ha assistito a tutta la scena seduto in disparte su una poltrona:

“Mr. Moguy, potete fare a questi signori una ricevuta per 12.000, per favore?”.

“12.000 dollari”, risponde con soddisfazione il pavido avvocato, quasi come se il successo del suo capo fosse anche suo.

“È stato un piacere fare affari con voi”, dice Candie con tono sbeffeggiante a Django e Schultz.

“Ora signori, se volere raggiungermi in salotto, serviamo la torta bianca”, conclude, aspirando il fumo dalla sua sigaretta.

 

Termina così questa scena di Django Unchained, nella quale abbiamo avuto modo di ammirare fin dove possa arrivare il talento di DiCaprio al servizio di uno dei più grandi direttori di attori quale è Tarantino, e per la prima volta nei panni di un cattivo, per di più davvero spregevole come Monsieur Calvin Candie.

 

A seguire questa scena vi è poi quella in cui, non contento del successo ottenuto – scoprire il bluff dei due e vendergli una schiava che non vale più di 300 dollari alla “ridicola cifra” di 12.000 – Calvin vorrà necessariamente averla vinta su tutti i fronti, insistendo affinché il Dott. King Schultz, prima di andarsene – e dopo averlo deriso con la storia di Dumas - gli stringa la mano.

 

Qui, il buon cacciatore di taglie tedesco, letteralmente schifato da quello spregevole, ignorante, razzista che è Candie, non riuscirà a resistere e, pur consapevole di andare incontro alla morte, lo ucciderà con un colpo dritto al cuore, in una citazione del film Il mercenario di Sergio Corbucci, anch’esso con Franco Nero.

 

Uccisione che darà il via all’esplosiva sparatoria e al terzo e ultimo atto del film. 

 

[Mattia Corselli]

 

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1 commento

Antonio Petta

4 anni fa

Però poverino spesso e volentieri alla fine gli va male… 😭😭😭

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