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''Finché ti resta anche un solo respiro, combatti''.
Credo che ognuno di noi nella vita si sia trovato in una situazione dalla quale uscire era difficile, complicato, quasi impossibile.
Ma che poi grazie alla nostra forza d'animo e alla voglia di sopravvivenza abbiamo superato.
Il film di Alejandro G. Iñárritu è imperniato proprio su quella voglia, insita in ogni essere vivente che sia umano, animale o vegetale: nel momento in cui veniamo al mondo dovremo sopravvivere.
Non l'ho vissuto come storia di vendetta, né come la rappresentazione della dualità uomo/natura o un affresco sulle minoranze etniche degli Stati Uniti di inizio '800: Revenant - Redivivo è secondo me un film che parla di sopravvivenza e di che cosa siamo disposti a fare o a sacrificare per sopravvivere.
Cercano di sopravvivere tutti: dal cattivo e sleale Fitzgerald di un - meraviglioso - Tom Hardy al pellerossa derubato di tutto, dall'orso all'albero, dalla natura soffocata dalla neve e dal gelo fino al silenzioso protagonista della storia Hugh Glass, interpretato da un mai così fisico Leonardo DiCaprio.
I lunghi piani sequenza sono tecnicamente da pelle d'oca, e spesso quasi impossibili da decifrare sotto l'aspetto puramente del "dietro le quinte" - ancora mi chiedo come abbiano girato parecchie cose.
La fotografia di Emmanuel Lubezki è qualcosa di ormai illegale e per la quale dovrebbero istituire un premio a parte nella categoria "Lubezki", scene e costumi ti portano lì dove sono i personaggi - nonostante un clamoroso spostamento della produzione dal Canada all'Argentina per problemi di scioglimento neve prima del previsto.
Il film, si sa, è stato tra i più complicati da girare, e questa difficoltà, questa fatica, si vede tutta nelle splendide immagini che tanto ricordano alcuni lavori di Terrence Malick e Werner Herzog e tutto quel cinema "contemplativo" che sicuramente non fa parte del filone 'blockbuster' né si prende 12 nomination ai Premi Oscar.
Quelle splendide immagini degli alberi che si proiettano in cielo, quasi una preghiera con lo sguardo verso l'alto, si mischiano all'impatto crudo, violento, diretto di molte scene del film.
Che forse è sì eccessivo, pomposo, autoreferenziale ma è coraggioso, tanto.
Si dovrebbe tributare un applauso al regista solo per la sua scelta di raccontare una storia simile in un modo simile nella Hollywood di questo periodo, quella Hollywood ormai satura di sequel/remake/reboot/prequel/film dai fumetti/film dalle serie TV, ecc.
Una messa in scena potente ed evocativa, piena zeppa di idee visive che sopperiscono a una sceneggiatura sviluppata estremamente in orizzontale, dove non sono le parole a essere importanti, ma i respiri, gli sguardi, i pensieri.
Dove la macchina da presa sta talmente addosso agli attori da farsi appannare la lente dal respiro, dove non c'è mai un quadro fisso ma sempre un lieve movimento perché è la vita stessa a essere in continuo movimento, anche lento, e si muove per cercare la salvezza, la speranza, la scintilla che ci dica nell'orecchio che è giusto combattere per sopravvivere ed è giusto qualunque cosa ti faccia combattere per questo scopo.
La vendetta, l'onore, i soldi o la prosecuzione della specie.
La sopravvivenza e il ciclo nascita/morte sono al centro di Revenant - Redivivo, con quei sogni del protagonista dove continua a rivedere la moglie - una madre - che lo chiama a sé e con quella scena in cui Glass dorme nel ventre di un cavallo per poi uscirne, che è quanto di più palese si possa pensare in termini di rinascita e di inizio alla vita.
E dato che la fonte primaria per l'esistenza della vita è l'acqua non è casuale che il film si apra con l'acqua che scorre e si chiuda con la stessa immagine.
Acqua come metafora della vita, ma anche come metafora dello specchio in quel bellissimo finale dove Hugh Glass - ormai privato di ogni spinta alla sopravvivenza - si lascia morire nel fiume e vede ancora una volta il suo amore, e ci sorprende guardandoci negli occhi.
Ma si lascia davvero morire?
Glass (in inglese "vetro", "specchio"): lo specchio, lo sguardo, l'acqua, la vita, lui e noi mescolati insieme.
E Lo Specchio è anche il titolo di un'opera di Andrej Tarkovskij, un film dove un uomo vicino alla morte ricorda la sua esistenza ormai privata della moglie e del figlio, un film in cui i piani sequenza sono fondamentali e dove l'acqua ha un'importanza particolare.
Coincidenze, forse.
In Revenant noi spettatori accompagnamo Glass nel viaggio più duro della sua esistenza e lui ci ripaga nel finale guardandoci, rompendo l'incanto della quarta parete, prima di abbandonarsi al nulla, alla fine, ai titoli di coda.
Il riflesso della nostra immagine in uno specchio d'acqua diventa riflessione e lo specchio d'acqua diventano gli occhi di chi ci guarda, nei quali se facciamo abbastanza attenzione possiamo rivedere noi stessi.
E se sapremo "sentire", se sapremo cogliere quella scintilla, quella meteora che cade dal cielo esattamente come in Birdman, saremo finalmente noi: consci che il primo comandamento della vita è vivere, e sopravvivere.
Quello sguardo finale di DiCaprio ci penetra l'anima, ma in realtà non sta davvero guardando noi.
In quel momento noi siamo la moglie, che lo ha invitato a seguirla.
Ma dopo la dissolvenza a nero sentiamo distintamente il suo respiro, che viene interrotto dalla fine del film ma che, molto probabilmente, non è destinato a finire lì.
Se così fosse, lo stesso Glass non starebbe tenendo fede all'insegnamento che ha impartito al figlio.
E ormai sappiamo bene che non è un uomo di quel tipo: il suo respiro indica che ha intenzione di continuare, nonostante non abbia più niente per cui valga la pena farlo.
È un combattente, un sopravvissuto, non importa se sia soddisfatto da ciò che è riuscito infine a realizzare, se sia fisicamente e mentalmente spossato, se sia disilluso e mortificato perché conscio di non avere più nulla.
Ciò che importa è che "Finché ti resta anche un solo respiro, combatti".
1 commento
Benito Sgarlato
5 anni fa
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