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Joker: Folie à Deux mi ha delusa.
Nonostante sapessi perfettamente che realizzare un sequel di Joker non sarebbe stato facile, la speranza che Todd Phillips avesse tutto sotto controllo non ha mai vacillato.
Tuttavia, questa speranza si è spenta nel momento in cui ho assistito alla proiezione di Joker: Folie à Deux, film che è stato in grado di farmi empatizzare come mai prima d'ora con una frase pronunciata all'interno del film stesso:
"Ho questo vago sospetto che non stiamo dando alla gente ciò che vuole".
[Il trailer di Joker: Folie à Deux]
In questo sequel Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) si trova ormai rinchiuso da tempo nel manicomio di Arkham, in attesa di affrontare il processo per i terribili crimini commessi nel primo capitolo.
La maggior parte della storia si sviluppa tra le mura dell’ospedale psichiatrico e l'aula di tribunale, con solo una breve finestra sul mondo esterno verso la conclusione.
Durante la sua permanenza Arthur cade in una profonda apatia e diventa privo di motivazione e scopo, fino a quando non entra in scena Lee Quinzel (Lady Gaga): la versione di Harley Quinn immaginata da Phillips.
[Joaquin Phoenix è Joker in Joker: Folie à Deux]
Quello che credo sia il più grosso problema del film è la gestione delle scene musicali.
Quando è stato annunciato che Joker: Folie à Deux sarebbe stato un musical il pubblico si è convinto che sarebbe stato un film tanto buono quanto il suo predecessore, con l'aggiunta di qualche canzone.
Tuttavia, una volta che il pubblico si è trovato in sala, si è trovato di fronte a una serie apparentemente infinita di canzoni intervallate da qualche scena del film.
Di per sé questa scelta narrativa ha un enorme potenziale che però a mio avviso in Joker: Folie à Deux è stato completamente sprecato, o comunque non è stato valorizzato come avrebbe potuto.
Il problema delle canzoni risiede principalmente nel fatto che siano quasi sempre risposte di Arthur a qualcosa che gli viene detto, oppure un modo per raccontare al pubblico le sensazioni che sta provando.
A parte alcune piacevoli eccezioni purtroppo la maggior parte delle scene canore secondo me non si adattano davvero al contesto e ciò rende difficile la comprensione di ciò che i personaggi stanno cercando di comunicare.
Sono indubbiamente belle da vedere, ma non hanno alcun ruolo nel processo di progressione della trama: al contrario spezzano costantemente l'immersione dello spettatore nella psicologia complessa e torbida di Joker.
[Lady Gaga in Joker: Folie à Deux]
Non c'è assolutamente nulla da dire riguardo l'interpretazione di Joaquin Phoenix che, come previsto, offre una performance straordinaria nei panni di Arthur Fleck/Joker.
Il problema principale del personaggio risiede a mio avviso nella sceneggiatura: dopo aver visto il sequel, di fatto, ci ritroviamo con le stesse informazioni su Fleck che avevamo appreso dal primo film.
Il secondo capitolo non aggiunge nulla di significativo né di interessante alla sua storia e il personaggio non si evolve davvero: Arthur appare tratteggiato in modo piatto e poco approfondito, con uno sviluppo narrativo che risulta debole e poco incisivo.
Così come per Joker, anche il personaggio di Lee Quinzel interpretato da Lady Gaga soffre di una caratterizzazione superficiale e poco approfondita.
Una nota positiva di questo è però il fatto che, da spettatori, abbiamo modo di rimanere affascinati e desiderosi di comprendere di più su ciò che accade nella sua mente, e questa è senza dubbio la prova che si è di fronte a un'attrice di talento.
[Lady Gaga e Joaquin Phoenix in Joker: Folie à Deux]
Ciò che veramente manca a Joker: Folie à Deux per funzionare come sequel è il legame narrativo con il suo predecessore.
Nonostante il carattere divisivo del primo Joker, durante la visione del primo film lo spettatore aveva molte cose da comprendere circa la storia cupa e intricata di un uomo respinto dalla società in ogni momento, fino a sprofondare nella follia che lo porta a compiere atti di violenza irreversibile.
Con il primo Joker abbiamo avuto modo di osservare da vicino la metamorfosi di un individuo apparentemente normale, spezzato da una malattia mentale, che si trasforma in uno psicopatico consapevole di aver superato il punto di non ritorno, con poche o nessuna possibilità di recuperare la sua sanità.
La crescita della storia si manifestava attraverso la narrazione, i temi trattati e un’efficace fusione tra la durezza della realtà e la visione idealizzata della vita che abitava la mente di Arthur.
Oltre a questo il regista Todd Phillips non ha mai guidato il pubblico verso conclusioni ovvie: al contrario, ha lasciato aperta la possibilità che l'intera vicenda potesse essere frutto dell'immaginazione di Arthur, invitando gli spettatori a discernere ciò che era reale da ciò che era puramente fantasioso.
Proprio questo è l'aspetto che manca completamente in Joker: Folie à Deux, film grazie al quale oggi sappiamo che quello che avviene nella mente di Arthur si traduce unicamente in numeri musicali.
L'ambiguità del personaggio è completamente sparita e la trama emotiva che aveva reso la performance di Phoenix così straordinaria e premiata con l'Oscar non è più presente.
[Arthur Fleck e la sua trasformazione in Joker: Folie à Deux]
C'è però una grande nota di merito da riconoscere a Joker: Folie à Deux: la sua fotografia è straordinaria.
Il direttore della fotografia Lawrence Sher ha infatti saputo utilizzare i colori in maniera magistrale ed è stato in grado di sfruttare il calore delle luci per creare una vera e propria separazione tra realtà e fantasia, segnalandoci quando necessario l'imminente apparizione del Joker: il risultato è quindi una serie di scene visivamente affascinanti, anche quando rappresentano momenti inquietanti.
Il primo Joker era un film dark e thriller che scavava nella psicologia del protagonista, Joker: Folie à Deux è invece un'opera che manca di quel coraggio e di quell'audacia che avevano saputo affascinarci; un film che non ha approfondito nessuno dei temi o degli archi narrativi che aveva brillantemente stabilito nel primo capitolo della storia.
Joker: Folie à Deux è dunque secondo me un autentico spettacolo visivo che, per quanto riesca a mantenere alta l'attenzione dello spettatore grazie a una regia sapiente e una grande fotografia, non riesce mai a giustificare pienamente il suo esistere.
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