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Non era una partita facile da giocare: quando ci si confronta con un gigante del mondo manga Made in Japan come Eiichirō Oda - il mangaka più venduto in assoluto - bisogna armarsi di coraggio, soprattutto se il termine di paragone è la sua opera più famosa, l'universalmente, unanimamente amato e acclamato in tutto il mondo One Piece.
Alle avventure e disavventure della ciurma di Cappello di Paglia e alla ricerca del tesoro di Gold Roger, il mitico One Piece, ci siamo affezionati sin da bambini quando in televisione Italia 1 trasmetteva i primi episodi della versione animata del manga di Eiichirō Oda, ma forse all'epoca non sapevamo che la storia di Luffy, Usap, Nami e Zoro ci avrebbe accompagnato in seguito per tanti anni, dall'adolescenza all'età adulta (e chissà per quanto altro tempo ancora!).
Nell'era dei live action per eccellenza è facile storcere il naso di fronte all'ennesima trasposizione Netflix, specialmente dopo un flop come quello di Cowboy Bebop che ha lasciato delusi e perplessi fan e nuovi spettatori.
Lo stesso sentimento di diffidenza non è tardato ad arrivare quando è stato annunciato che sarebbe uscita su Netflix la serie TV live action di One Piece.
A cominciare dal casting, molto criticato perché ritenuto vittima del circolo tossico del white washing, per finire con i dubbi su quanto davvero fosse necessario al momento affidare a una produzione come quella del colosso dello streaming Netflix un'opera così fine e importante per le ultime generazioni.
[Il trailer internazionale di One Piece]
Una sceneggiatura solida e fedele alle origini fanno di One Piece il live action dell'anno
Gli 8 episodi della durata di circa un'ora ciascuno del live action di One Piece invece non solo convincono, ma dimostrano di essere molto più un top che un flop.
Stavolta, insomma, Netflix a mio avviso ha trovato il suo tesoro.
Quando si porta sullo schermo un soggetto non originale, così come quando ci si cimenta con la regia di un film tratto da un romanzo, la sceneggiatura è in primo piano perché inevitabilmente la trasposizione di un'opera su un registro diverso fa sì che alcuni dettagli di cui era impregnata possano essere trascurati, omessi, perduti - con conseguente agonia dei più affezionati.
Negli oltre mille capitoli di One Piece i fan hanno imparato a conoscere i personaggi - a partire dal carismatico protagonista Luffy - in ogni loro sfumatura: d'altronde, One Piece è anche un capolavoro non solo per essere immediatamente riconoscibile sotto la cifra stilistica degli autori - con la sua estetica inconfondibile, stravagante e peculiare - ma anche per la dimostrazione di essere una storia in cui ogni macrotema dell'esistenza umana viene affrontato.
La ciurma di Cappello di Paglia ne ha passate tante, i pirati guidati da Luffy imparano insieme nel corso della storia a scoprire tutta la gamma delle emozioni umane, a capire cosa significhi, in pratica, vivere, alla ricerca di una libertà che poeticamente si condensa nel tesoro di Gold Roger e in quelle onde del mare che ogni giorno cullano i loro sogni.
Il live action di Netflix non è da meno: la regia di Marc Jobst, Emma Sullivan, Tim Southam e Josef Wladyka fa di One Piece quel prodotto che stavamo aspettando.
Anzi, nemmeno lo credevamo e vederlo così ben riuscito, invece, è oltre ogni aspettativa.
[Il trailer italiano di One Piece]
Il cast, a partire dal protagonista, ci regala un'interpretazione fedele dei personaggi, caricandoli ciascuno della stessa forza espressiva di cui godono nell'anime e mostrandosi talentuoso e sinceramente partecipativo.
Un montaggio dinamico, inquadrature spesso identiche alla versione animata e la volontà di restare strettamente legati all'estetica dell'anime, rendono One Piece una soddisfazione per quei fan che temevano di vedere fin troppe variazioni: non ci sono grandi licenze, anzi, l'amore per l'opera originale e il desiderio di omaggiarla nel migliore dei modi traspare sotto ogni punto di vista, anche - e soprattutto - per quanto riguarda il comparto tecnico.
Costumi e scenografie non sono da meno, così come i VFX che hanno reso Inaki Godoy l'elastico Luffy: la sua interpretazione è una delle più riuscite della serie, insieme a quella di Mackenyu Maeda nei panni di Roronoa Zoro.
Dinanzi a una vastità di titoli che ormai le piattaforme streaming quasi vomitano mese dopo mese, One Piece di Matt Owens e Steven Maeda non può e non merita di essere ritenuto un flop: la posta in gioco era molto alta, la sfida era difficile, ma Netflix stavolta ha giocato bene e bisogna riconoscerglielo.
A volte bisogna saper dare fiducia al prossimo, anche nei momenti più improbabili.
Proprio come ci insegna il nostro amato e inimitabile Luffy.
Vi rispettiamo: crediamo che amare il Cinema significhi anche amare la giusta diffusione del Cinema.