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Jeanne du Barry - Recensione: meno male che c'è Johnny - Cannes 2023

Maïwenn va All In e scrive, dirige e interpreta la protagonista di un film che si ferma pochi centimetri dopo essere partito

Jeanne du Barry è il film che ha aperto ufficialmente il 76° Festival del Cinema di Cannes e che ha riportato Johnny Depp davanti ai flash dei fotografi per il Cinema e non per la vita privata.  

 

Potrei quasi riassumere il mio pensiero sul film dicendo che forse è proprio questo il suo più grande merito: aver ricordato a tutti che Depp non è solo Jack Sparrow, non è solo quello "strano" dei film con Tim Burton e non è un uomo sotto processo che una volta recitava, ma è un interprete che conosce molto bene il proprio mestiere e sa dosare se stesso e il suo innegabile carisma. 

 

[Trailer internazionale di Jeanne du Barry]

 

 

Jeanne du Barry si prefigge di raccontarci la storia vera della contessa du Barry Marie-Jeanne Bécu, la donna che partendo da origini non particolarmente nobili divenne la favorita di Re Luigi XV di Francia

 

Siamo nella seconda metà del XVIII secolo e il Terrore della rivoluzione popolare è dietro l'angolo, la monarchia ha ormai perso di vista i bisogni del popolo e prima del 1800 saranno in tanti a venire letteralmente decapitati dal furore dei cittadini esausti e sfiniti; di tutto ciò però il film non si cura. 

Non esistono accenni a quanto accade fuori dall'immenso giardino di Versailles, come se non esistesse che il re e la sua corte, come se il punto di vista dello spettatore dovesse coincidere con quello dei regnanti. 

 

La sceneggiatrice, regista e protagonista Maïwenn sceglie di confezionare un film totalmente incentrato su se stessa, ma a mio avviso dopo due ore di tracotante protagonismo si ha l'impressione di non aver minimamente conosciuto la Jeanne du Barry del titolo. 

 

[Una clip da Jeanne du Barry]

 

 

I 22 milioni di euro di budget si notano nelle scenografie e nel meraviglioso lavoro di truccatori e costumisti, in grado di riportarci in quelle stanze e farci respirare lo sfarzo effimero di quella nobiltà, ma la bellissima scatola contiene poco: la parabola di Jeanne è qualcosa di già visto e nell'opera di Maïwenn non c'è nulla che si possa differenziare da altri film che ci hanno raccontato i re di Francia, Maria Antonietta e accoliti. 

 

Jeanne du Barry arriva a un certo punto quasi a ripetere se stesso, con lo schema che racconta di un re innamorato della sua amante che ha una forte influenza su di lui mentre è osteggiata dalla famiglia reale, che farà di tutto per farla sentire fuori posto e non amata, con le figlie del re che vengono tratteggiate e interpretate come le sorelle malvage di Cenerentola. 

Tutto il film mi è parso una grande occasione sprecata, qualcosa di pensato per far brillare di una luce fortissima la sua protagonista - e autrice - dimenticandosi di qualunque altra cosa; la relazione tra Jeanne e il re risulta poco credibile e poco sentita, lo scandalo che la cortigiana dovrebbe portare a corte si riduce in qualche vestito maschile e in una bizzarra - per le donne del tempo - passione per la lettura: tutto è vacuo, superficiale, banale e le cose interessanti che ogni tanto appaiono vengono inesorabilmente sorpassate e dimenticate. 

 

Ma c'è Johnny Depp

L'attore è uno di quei volti che solitamente riempiono lo schermo e che tolgono luce a chiunque altro. 

Non qui. 

 

La produzione di Jeanne du Barry aveva ben presente che il film sarebbe stato chiacchierato per via della sua presenza e Maïwenn sceglie di farlo entrare in scena regalandogli un ingresso a tutti gli effetti regale, che quasi diventa metacinema: la prima volta che sullo schermo vediamo apparire Re Luigi XV è come se fosse un omaggio al ritorno sulle scene di Johnny Depp

Due nutrite ali di corte si aprono al suo passaggio e Luigi cammina con una solennità che ben si addice al suo ruolo, salvo poi strapparci un sorriso quando inizia la complicità con Jeanne e attraverso uno specchio magico lui manifesta di sopportare molto poco i rituali a cui è costretto ogni giorno e ogni mattina. 

 

Depp non diventa mai protagonista del film e grazie a una recitazione in sottrazione - in un fluente e affascinante francese - si nasconde dietro il suo personaggio, riuscendo incredibilmente a dar corpo a un re che risulta essere più interessante e al contempo meno noioso della cortigiana pazzerella che dà il titolo al film. 

 

[L'accoglienza dei presenti alla première di Jeanne du Barry]

 

 

Jeanne du Barry è uno di quei film che si compiace di se stesso e che mi trasmette la sensazione che l'autore - in questo caso autrice - si convinca che raccontare una storia semplice senza andare al di là di quanto si vede sia la strada giusta per ottenere un'opera solida e durevole. 

 

Purtroppo, per quanto mi riguarda, oltre alla confezione e a Depp ho trovato poco da sottolineare e ho visto un film che prende le parti della monarchia e che anzi sembra quasi che si dispiaccia che di lì a poco sarebbe crollato tutto e, infatti, fa finta di niente.  

Ma dopo due ore di autocompiacimento avrei visto volentieri una ghigliottina. 

 

La statua di Re Luigi XV a Parigi a un certo punto venne bendata, perché secondo il popolo il re non vedeva più i loro bisogni; Maïwenn aveva forse sugli occhi quella stessa benda quando ha diretto il film, e non si è accorta del bisogno degli spettatori e del Cinema: si ridacchia, si guardano i costumi... e niente di più. 

 

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