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Wish - Recensione: nuova speranza per l'animazione Disney

Wish, l'ultimo film dei Walt Disney Animation Studios, non è ciò che ci si aspettava ma non merita di finire del dimenticatoio

Wish è il 62º Classico animato dai Walt Disney Animation Studios, che hanno compiuto un secolo quest'anno

 

La protagonista di Wish è Asha (Ariana DeBose), un’abitante di Rosas che vuole diventare apprendista del mago Magnifico (Chris Pine), fondatore e re della città.

Magnifico è custode dei desideri (intesi come sogni da realizzare) più intimi e profondi degli abitanti di Rosas ed è compito dell’apprendista aiutarlo a custodirli per avverarli in futuro; il mago ritiene che alcuni desideri possano essere potenzialmente dannosi e quindi sceglie accuratamente di avverare solo quelli che non mettono in pericolo lui e il suo regno. 

 

Asha presto si rende conto che questi desideri sono in realtà una parte fondamentale dell’essere umano e che, invece di cederli a Magnifico rimuovendoli dalla memoria, ognuno dovrebbe custodirli per avere la possibilità di avverarli, a prescindere dal fatto che si realizzino o meno. 

 

È così che comincia l’avventura di Asha, che farà di tutto per restituire i desideri agli abitanti e fargliene capire l’importanza, scatenando una vera e propria rivolta.

 


[Il trailer di Wish]

 

 

Wish si apre come il più classico dei Classici Disney: un libro con dipinta la scritta “Wish” e una voce narrante che comincia utilizzando le fatidiche parole fiabesche: “Cera una volta...”

 

Sin dai primi istanti è chiaro che la pellicola voglia omaggiare i 100 anni della Casa del Topo, facendo riferimenti più o meno espliciti ai 61 film dei WDAS per tutta la durata. 

 

Asha, come tutti gli eroi Disney, è una protagonista solitaria, fedele alla sua famiglia e sempre accompagnata da una spalla comica, in questo caso la capretta Valentino, e che si lascia guidare da validi aiutanti, qui esplicitamente ispirati caratterialmente ai sette nani di Biancaneve e i sette nani.

 

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Tutto ciò che fa è governato da quel senso di giustizia che la porta a fare “la scelta giusta”, qualunque essa sia, anche a costo di non rispettare le regole.

Ribellarsi, pensare fuori dagli schemi, vuol dire per Asha mettere in discussione una verità imposta al fine di trovarne una che dia giustizia sociale, che superi le convinzioni del singolo.

 

Al contrario, Magnifico riprende un filone di cattivi precedente a Ralph Spaccatutto: non ci sono retroscena che rendono il cattivo tale, ma più convinzioni e credenze personali che evidenziano tratti narcisisti votati alla sete di potere e al nutrimento del proprio ego, a discapito di chiunque altro.

 

 

[Star è la quintessenza del sogno Disney in Wish]

 

La sceneggiatura di Jennifer Lee, Allison Moore e Chris Buck è lineare, lascia spazio di manovra ai personaggi e permette di inserire nel modo giusto tutte le canzoni, valorizzando quello che è sempre stato un punto fondamentale per la filosofia di Walt Disney in persona.

 

Non si può parlare di Wish senza fare due appunti sull’animazione, che abbandona l’ormai ridondante stile totalmente tridimensionale e si approccia a un effetto bidimensionale che ricorda la tecnica tradizionale.

La prima volta che questo set di strumenti per animazione detto Meander è stato utilizzato era nel cortometraggio sperimentale Paperman che, nonostante la buona uscita e l’ottimo successo, non ha più avuto poi lo stesso impatto fino a Wish.

 

Le linee marcate, gli sfondi “bidimensionali” in lontananza, le pennellate di acquerello e altre piccole ma particolari caratteristiche rendono Wish una perla animata, indiscutibilmente memorabile dal punto di vista tecnico.

 

Anche la colonna sonora è tra le più belle degli ultimi tempi (stando nella sfera dei WDAS ed escludendo i live action) e Julia Michaels e Benjamin Rice hanno composto forse una delle canzoni più belle degli ultimi anni: At All Costs, il duetto che vede protagonisti Asha e Magnifico.

 


[Consiglio l'ascolto se ancora siete dubbiosi di guardare Wish]

 

 

Se questo citatissimo “ritorno al passato” è profondamente desiderato grazie al lavoro degli animatori, alcune scelte spiacevoli della casa di produzione non tardano a mancare, stonando nel contesto.

 

Tra i problemi principali c’è a mio avviso quello di una forzata ironia, non solo per la sua presenza nei momenti peggiori, ma anche e soprattutto per i modi beceri e superficiali.

Sia chiaro: l’ironia è sempre ben accetta e ci sono personaggi che hanno retto parecchi film grazie al loro spiccato carisma (vedi ad esempio il Genio e Iago in Aladdin o Filottete in Hercules), ma qui si va ben oltre una comicità semplicistica come poteva essere quella di Heihei in Oceania: Valentino la capra, che dovrebbe essere la parte comica principale, ha quasi tutte battute basate su peti e sederi.

No: non è uno scherzo.

 

Questo rende Wish poco divertente sia per adulti che per bambini, avvicinandosi a un’ironia da Illumination Entertainment (come, ad esempio, Minions) che non funziona relazionata alla storia che si pone dinanzi.

 

Altro problema è proprio Magnifico che, sebbene parta con tutte le premesse per essere il cattivo perfetto, sembra non essere un reale pericolo indebolendo la drammatizzazione; più diventa la parte antagonista più diventa debole questo suo processo di “maleficizzazione” (riferito a Malefica de La bella addormentata nel bosco, i cui riferimenti sono marcatissimi).

 

 

[Wish: Magnifico in tutta la sua magnificenza]

 

Sottolineo infine il problema del tutto italiano che ormai si presenta a ogni ultimo film Disney, ovvero il doppiaggio che continua a essere affidato ai talent, che a mio parere non possiedono le capacità per doppiare come i professionisti.

 

Nonostante gli sforzi seguire il film risulta difficile e costringe lo spettatore a cercare in seguito clip e canzoni in lingua originale per capirne a tutti gli effetti parole e significati.

Dolorosa da ascoltare in questo senso in Wish è proprio Asha, doppiata dalla cantante Gaia, che sicuramente ha un ottimo timbro ma difficilmente si adatta alla parte; la stessa cosa vale per il conduttore televisivo Amadeus, che si è detto “divertito” dal doppiare Valentino, al contrario di chi ha dovuto ascoltarlo con la sua voce monotona e piatta per tutta la durata della pellicola.

Quello che a mio parere allontana dall’apprezzare totalmente Wish non è il suo modo di voler ripescare il meglio da un’epoca gloriosa dell’animazione, ma il non voler andare oltre prendendo anche il peggio della Disney degli ultimi tempi, escludendo dunque possibilità di freschezza.

 

Sia chiaro che Wish resta completo e si regge benissimo, seppure possa in alcuni momenti calare sapendo di qualcosa di già visto e analizzato: è una storia di coraggio e di passione, che invita a pensare con la propria testa e a battersi per ciò che è importante.

 

Personalmente credo sia drammatico che lo si stia buttando giù non osservandolo, evitando di vederlo al cinema per “sabotare” Disney, condannandolo a floppare solo perché ormai vige un pregiudizio lampante nei confronti di qualsiasi novità targata Disney; pregiudizio di cui purtroppo subiscono le conseguenze principalmente gli animatori che, ancora una volta, ce l’hanno messa tutta, così com’è accaduto nel cortometraggio Once Upon a Studio.

 

Wish dimostra che la voglia di fare c’è, resiste, e a mio avviso è un buon punto di partenza per i progetti futuri dei Walt Disney Animation Studios.

 

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