close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Cinque sogni animati di Hayao Miyazaki tornano al cinema!

Lucky Red riporta nelle sale cinque film di Studio Ghibli 

Correva l’anno 2013 e Hayao Miyazaki annunciò che Si alza il vento sarebbe stato il suo ultimo film, concludendo così la sua carriera da cineasta.

 

Fortunatamente per tutti gli amanti dell’animazione giapponese e dello Studio Ghibli qualche anno dopo affermò di star lavorando a un nuovo - e ultimo? - film: Kimi-tachi wa dō ikiru ka (lett. E voi, come vivrete?), la cui uscita è prevista in Giappone il 14 luglio 2023.  

 

Per addolcirne l’attesa anche quest’anno Lucky Red ha deciso di riportare in sala, con la rassegna Un mondo di sogni animati, cinque grandi film diretti dal Maestro Hayao Miyazaki: Il castello nel cielo, Il mio vicino Totoro, Kiki - Consegne a domicilioPonyo sulla scogliera e Si alza il vento

 

 

[Una foto di Hayao Miyazaki]

 

Il castello nel cielo è il primo film di Studio Ghibli e la terza opera di Hayao Miyazaki, nel quale viene racchiusa la filosofia e le tematiche care non solo al regista, ma all’intero studio di animazione. 

 

Liberamente ed esplicitamente (con tanto di riferimento nella pellicola stessa!) ispirato a I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift - ma anche al resto della letteratura di avventura e di fantasia - Il castello nel cielo trasporta lo spettatore in un immaginario fantastico dalle venature steampunk, ove i paesaggi naturali si fondono con le creazioni dell’uomo.

 

La protagonista è Sheeta, una bambina protetta da una gemma misteriosa che chiunque sembra voler arraffare a tutti i costi.

È così che Sheeta si ritrova a scappare con l’aiuto del giovane Pazu dai Pirati dell’Aria, dall’esercito e addirittura dai servizi segreti, mentre il mistero della pietra si infittisce fino a svelare la verità sull’origine familiare della protagonista e di Laputa, la leggendaria città sospesa nel cielo.  

Tra macchine a vapore, dirigibili e casette a schiera in stile gallese, Hayao Miyazaki critica apertamente i danni e le condizioni tragiche subite dai lavoratori durante la rivoluzione industriale, che ha avuto modo di osservare da vicino durante un suo viaggio in Galles assistendo proprio allo sciopero dei minatori nel 1984. 

 

Durante gli inseguimenti da parte dei “cattivi”, infatti, Pazu e Sheeta non si limitano ad attraversare gli ambienti urbani, ma creano un legame immateriale e immediato coi cittadini stessi, che non ci pensano due volte a schierarsi contro le autorità per difendere i due giovani pur non sapendo il motivo della loro fuga. 

Questo progresso della tecnologia terrena è direttamente contrapposto alla sospesa Laputa che, rappresentata come una Torre di Babele, rammenta il desiderio di un passato glorioso infettato da un futuro fatiscente. 

 

L’evoluzione, dunque, non rappresenta una svolta bensì una condanna guidata dall’uomo stesso: è proprio attraverso la tecnologia che egli dimentica la natura, indebolendola in nome di una ricchezza materiale che lo riempirà solo momentaneamente. 

L’importanza della Natura è uno dei temi fondamentali per comprendere la poetica di Hayao Miyazaki, che ci tiene a sottolineare come essa vada rispettata, in questo caso proprio attraverso Laputa, le cui macerie di città umane (simil-elleniche e futuristiche allo stesso tempo) sono abbracciate da tappeti erbosi, fiorellini di campo e rampicanti rigogliosi, armonizzate dal suono di insetti e uccelli. 

 

La pellicola è costantemente divisa tra cielo e terra, tra sottosuolo ed etere: i sognatori - nel bene e nel male - non restano ancorati ma si librano in un moto a volte costante e a volte frenetico, affinché le loro speranze vengano colmate attraverso il volo, un atto liberatorio e ribelle.

 

Accompagnato dalla magistrale colonna sonora di Joe Hisaishi e da un’animazione invidiabile, Il castello del cielo fu un successo incredibile e segnò un punto fondamentale per lo Studio Ghibli.

 

 

[Una scena da Il castello nel cielo]

 

 

È con queste premesse che Hayao Miyazaki passò subito alla lavorazione del film successivo: Il mio vicino Totoro.

 

Il mio vicino Totoro racconta la storia di due sorelline, Mei e Satsuki, che si trasferiscono col padre in una piccola villetta di campagna, situata in una zona vicina a quella ospedaliera della città, dove si trova ricoverata la madre. 

Un giorno Mei si inoltra nella boscaglia: è qui che si ritrova di fronte a un’enorme e curiosa creatura - un misto gigante tra una talpa, un procione e un orso - ribattezzata poi Totoro

 

In tantissimi hanno provato a capire cosa fosse effettivamente Totoro - o meglio: i Totoro considerando anche quelli più piccoli; qualcuno li ha chiamati spiriti della foresta o custodi della Natura, altri li hanno interpretati addirittura come shinigami, le divinità della morte nella mitologia giapponese.

 

Hayao Miyazaki, invece, si è limitato a questa descrizione: “La mia idea è che Totoro dovesse essere in ogni caso una creatura gigantesca. […]

Inoltre, è un semplice animale, non uno spirito della foresta. Io lo considero una creatura che si nutre di ghiande. 

 

Si dice in giro che sia il signore della foresta, ma questa è solo una supposizione infondata.

Visto che non ho altro da dire, penso che sarebbe meglio considerarlo una creatura che i giapponesi moderni hanno creato per necessità”.

 

È proprio nella parola “necessità” che forse è rinchiusa l’essenza di questo personaggio mistico con il quale è spontaneo simpatizzare, un po’ perché sembra un enorme peluche, un po’ perché sembra essere di buon auspicio. 

 

Mei e Satsuki, attraverso Totoro, liberano la propria essenza, ciò che le distingue, mostrando la propria creatività attraverso la creazione di una zona salvifica che le allontana da una realtà triste e incombente, quale è la paura per la malattia della madre. È qui che Totoro diviene “necessario”, proteggendo le due bambine da un luogo di solitudine. 

Nonostante la coscienza della possibilità di una perdita, Hayao Miyazaki si pone di fronte al dolore senza svalutarlo, considerandolo invece una parte innegabile della condizione umana e della vita stessa, necessaria esperienza dell'essere umano.  

 

Per questo motivo l’elogio all’infanzia da parte del Maestro Hayao Miyazaki è sia un grido sereno, mentre si è catapultati in fantasie dai colori pastello, sia un pensiero malinconico alla vita quando arriva la notte che tutto copre col suo oscuro manto. 

 

Come Cenerentola per Walt DisneyIl mio vicino Totoro rappresenta pienamente il sogno, il desiderio di dare una vita longeva all’animazione: non è un caso, infatti, che Totoro sia poi diventato l’icona dello Studio Ghibli

 

La creatura è diventata nel tempo un vero e proprio simbolo mondiale, a rappresentare valori tradizionali e ambientali, oltre ad avere un merchandising stellare confermandosi tra i film preferiti di intere generazioni di bambini e ragazzi.

 

 

[Una scena da Il mio vicino Totoro]

 

 

Se Il mio vicino Totoro affronta centralmente la tematica della giovinezza, Kiki - Consegne a domicilio si rende portavoce del passaggio dalla giovinezza all’età adulta, con tutto ciò che ne consegue.  

 

La pellicola introduce Kiki, una giovane strega che arrivata all’età di tredici anni deve lasciare la propria casa e trovare una nuova dimora, così come vuole la tradizione stregonesca. Quello che Kiki si ritrova ad affrontare sono, come anticipato, tutte le problematiche che un giovane adolescente affronta quando viene introdotto alla vita adulta, iniziando dunque un percorso che la porti a cavarsela da sola.  

Proprio grazie alle consegne a domicilio Kiki mostra il suo eccezionale talento da strega e la sua abilità nel volare velocemente e accuratamente, divenendo indispensabile per i cittadini del paese.

 

Torna, dunque, il tema del volo, sempre sinonimo di libertà e di capacità di superare i propri limiti.

 

Non a caso, infatti, Hayao Miyazaki è particolarmente affezionato a Kiki - comparendo persino in una scena della pellicola - e la osserva pieno di ammirazione, proprio come un bambino guarda con occhi sognanti il proprio eroe. 

Kiki sembra dunque avere tutte le carte in regola per essere invincibile, pronta a fare passi da gigante (come spostarsi dalla campagna intrisa dell’amore dei genitori a una città sconosciuta e remota ma allo stesso tempo intrigante). Essere strega, però, non vuol dire che tutto può essere risolto attraverso la magia, soprattutto nel momento in cui l’ottimismo si trasforma in una visione più concreta della realtà.

La crescita è sinonimo di un cambiamento interiore al quale nessuno è realmente pronto, che porta anche alla perdita di alcune certezze, a mutamenti a volte drastici verso quelle cose che venivano date per scontato e che, inevitabilmente, porteranno poi a qualcosa di profondamente diverso da ciò che si conosce. 

 

Proprio quando in Kiki la spensieratezza diviene man mano più flebile, lasciando posto a irrequietezza e solitudine, appaiono le prime riflessioni identitarie, di appartenenza, del vissuto con gli altri, attraverso l’indagine con personaggi che, in un certo senso, si potrebbero identificare come specchi dell’eroina stessa, giungendo alla conclusione che è proprio entrando nelle vite degli altri e osservando il prossimo che si possono acquisire nuove consapevolezze.

 

Kiki - Consegne a domicilio si distingue nettamente dalle storie precedenti perché affronta universi emotivi in modo più intimo e sincero, con un continuo dialogo con sé stessi e tenendo in considerazione che ciò è l’unico e solo modo per capire chi si è e di cosa si è fatti: il talento non è qualcosa che prescinde da noi ma che è in noi, convive con noi. 

 

Il tutto è accompagnato da scenografie dall’immensa bellezza e dalla difficile descrizione dove, come sempre, la Natura impera attraverso uno scenario balneare (di ispirazione europea), convivendo di quando in quando con la tecnologia che qui il regista sembra ancor in modo più evidente voler rigettare, nonostante ne rimanga pur sempre affascinato. 

 

 

[Una scena da Kiki - Consegne a domicilio]

 

Dopo questa pellicola seguono anni e anni di successo per Hayao Miyazaki, che lo consacrano definitivamente all’estero con film come La città incantata Il castello errante di Howl, rispettivamente nel 2001 e nel 2004. 

 

Nel 2008 il regista decide di tornare con una pellicola diversa dalle ultime, tornando alle proprie origini: si tratta di Ponyo sulla scogliera, basato sul racconto Iya Iya En della scrittrice Nakagawa Reiko e illustrato da Yamawaki Yuriko

 

Brunilde, una creatura simile a un pesciolino rosso con volto umano(ide), vive nell’oceano assieme alle sue piccole sorelle e al padre, Fujimoto.

Stanca di essere prigioniera del padre decide di scappare ma, durante la fuga, finisce in un barattolo di vetro e ne resta intrappolata: a trovarla è Sōsuke, un bambino di cinque anni che la rinomina “Ponyo” e la prende con sé.

Attraverso le onde Fujimoto riesce a recuperarla, ma Ponyo scappa nuovamente e cerca di tornare a tutti i costi da Sōsuke, scatenando uno tsunami che metterà tutto il mondo in serio pericolo.  

 

Proprio come Mei e Satsuki ne Il mio vicino Totoro, Ponyo e Sōsuke si fanno nuova voce del tema dell’infanzia, affrontato però in modo più sereno grazie alla congiunzione con un altro grande tema importante per Hayao Miyazaki: l’amore, visto da diverse prospettive. 

 

Prima di tutto c’è l’amore infantile tra Ponyo e Sōsuke, un amore candido e innocente di due bambini attratti reciprocamente dalle loro differenze, in cui queste stesse diversità sono motivo di orgoglio; l’amore genitoriale, da parte sia dei genitori Ponyo che di quelli di Sōsuke, che smuoverebbero colline e mari - letteralmente! - pur di tenere al sicuro i propri figli; l’amore caritatevole come quello di Risa, madre di Sōsuke, verso la gente della sua minuscola città, per cui si muove in un salvataggio apparentemente folle. 

 

Ponyo, proprio come Mei, Satsuki e Kiki, affronta la crescita con tutte le conseguenze, rischiando anche di perdere la vita. Irrequieta e pronta ad affrontare l’ignoto, con la sua esuberanza dà una spinta in più a Sōsuke, bambino già di per sé coraggiosissimo e forte per la sua età, che accanto all’amica teme poco e nulla. Per questo nessuna impresa sembra essere più grande di loro: finché sono vicini e si sostengono niente li può fermare. 

Il superamento dell’infanzia e i primi passi verso un mondo adulto però, in questo caso risultano anche prospetticamente diversi rispetto ai film precedentemente citati e per un motivo ben specifico: la presenza preponderante degli adulti che, a loro modo, sono i primi a convincere i bambini di essere autonomi e di prendere delle decisioni a discapito di possibili timori, presenti e futuri.

 

Ancora una volta Hayao Miyazaki non manca di mettere sotto analisi critica - anche se in modo più sottile - l’operato umano che lentamente distrugge l’ecosistema marino generando crisi e inquinamento, mettendo in serio pericolo l’esistenza di alcune specie. Il “ritorno alle origini” di Hayao Miyazaki non riguarda solo questo tema, ma anche la scelta di ricorrere nuovamente alla tecnica d’animazione tradizionale, considerando che i suoi due film precedenti, seppur solo in minima parte, facevano uso di CGI. 

 

Questo fa sì che ci sia una voglia ancora più sfrenata per la sperimentazione visiva, raggiungendo il record di almeno 170.000 singoli disegni realizzati (in parole povere, una follia!) rendendo il tutto, dai paesaggi ai personaggi, di una fluidità e di una precisione mai vista prima. 

 

 

[Una scena da Ponyo sulla scogliera]

 

 

Dal 2009 in poi Hayao Miyazaki si occupa della scrittura di un manga, Kaze tachinu, serializzato sulla rivista Model Graphix Hobby (e ispirato al romanzo omonimo di Tatsuo Hori, a sua volta ispirato al poema Le vent se lève di Paul Valéry), che tratta la vita di Jirō Horikoshi, un ingegnere aeronautico giapponese che ha contribuito alla creazione di diversi aerei caccia giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, tra i quali spicca il famoso Mitsubishi A6M Zero. 

 

Nel 2013 Hayao Miyazaki decide di rendere Si alza il vento un film, dichiarando che sarà il suo ultimo film (anche se poi cambierà idea). 

 

Fino a quel momento, salvo qualche eccezione, gli eroi miyazakiani erano state principalmente giovani donne; per questo motivo Jirō Horikoshi, oltre a incarnarne in un certo senso la crescita di tutte le sue protagoniste sognatrici, riflette in modo completo tutte le prospettive di queste ultime nel mondo adulto. 

 

Jirō Horikoshi da ragazzino vorrebbe diventare un aviatore per la sua immensa passione per gli aerei e per il volo, ma la miopia lo costringe a rinunciare.

Studiando (e sognando) l’ingegnere italiano Giovanni Battista Caproni, decide di non arrendersi e diventare un ingegnere aeronautico: ci riuscirà, diventando anche molto famoso per le sue creazioni, nonostante questo desiderio di rivalsa richiederà tanti sforzi e tante rinunce. 

 

“Le vent se lève! Il faut tenter de vivre!” ripete più volte Jirō per darsi forza, come un mantra, che tiene stretto al petto per ricordarsi sempre qual è il suo scopo nella vita: si alza il vento, si deve provare a vivere.

 

Per assurdo è proprio attraverso il vento, il volo e gli aerei che Hayao Miyazaki tiene lo spettatore ancorato a terra, mantenendo da un lato un’aura onirica e dall’altro l’incombenza del reale, rendendo quel volo che nella sua poetica è sempre stato liberatorio un qualcosa di ancora più complesso e sfaccettato. Anche il tema del sogno è diverso dai precedenti, assumendo un aspetto torvo: non c’è solo la gioia della realizzazione, ma anche e soprattutto la certezza matematica di dover abbandonare ciò che è più caro per arrivare ai propri obiettivi.

 

Questo Jirō lo sa, sommessamente, quando lascia indietro la famiglia, quando viaggia in solitudine, quando incontra Naoko, la sua amata, e sceglie di non sacrificarsi nonostante la malattia di lei.

E questo lo sa anche Hayao Miyazaki, affrontando la sua esistenza e mettendo un sogno davanti a ogni cosa, che conseguentemente comporta l’abbandono di alcune parti di sé, scegliendo la solitudine e la lontananza dagli affetti.

 

Questa passione che spinge Jirō (e il regista stesso) in Si alza il vento si materializza concretamente, facendo seguire passo per passo la processuale realizzazione, dando ampio minutaggio a momenti che riguardano lo studio degli aerei, la concretizzazione di progetti, la scrittura di schemi pieni di calcoli e prove su prove di volo: è la prima volta che nasce il bisogno di ricostruire meticolosamente il reale, più precisamente il Giappone a cavallo tra le due guerre mondiali, dando il via a una serie di studi storici per riprodurre nel modo più dettagliato possibile qualsiasi elemento necessario.  

 

Se all’apparenza può sembrare che il lato magico non ci sia, in realtà è presente e più forte che mai, in una maniera diversa dalla classica narrazione dello Studio Ghibli: un esempio è la figura di Giovanni Battista Caproni, che esiste nella realtà ma non è reale, vive nei sogni del protagonista e, scavando nel suo subconscio, lo guida e lo consiglia.

Non è forse una forma di magia guardarsi dentro e tenere sempre salda quella speranza che dà voce a un fanciullesco desiderio di farcela? 

 

Si alza il vento viene definito il “testamento spirituale” di Hayao Miyazaki perché è una dichiarazione cristallina non solo del suo operato, ma anche delle sue posizioni politiche (se così vogliamo definirle) antimilitariste.

 

Il film, infatti, si schiera apertamente contro la guerra, quel capriccio degli uomini capace di far sviluppare all’uomo stesso cose incredibili e affascinanti, ma contemporaneamente terribili e distruttive se usate per scopi malevoli, proprio come dimostrano i meravigliosi progetti aereonautici di Jirō. 

 

 

[Una scena da Si alza il vento]

 

Checché se ne dica sulla figura del Maestro, ci sono tanti motivi per amare Hayao Miyazaki, il visionario e geniale poeta che è riuscito a elevare il significato di essere umani con l’arte animata, rendendo ogni film unico sia visivamente che spiritualmente. 

Dunque quale modo migliore per celebrarlo se non andando al cinema a vedere - e rivedere - i suoi capolavori? 

 

In seguito, sono riportati gli appuntamenti in sala grazie a Lucky Red, controllate le sale che partecipano alla rassegna, trovate quella più vicina a voi e correte al cinema!

 

Ponyo sulla scogliera: dal 6 al 12 luglio 

Kiki - Consegne a domicilio: dal 13 al 19 luglio

Il castello nel cielo: dal 27 al 2 agosto

Il mio vicino Totoro: dal 10 al 16 agosto

Si alza il vento: dal 24 al 30 agosto

 

Become a Patron! 

 

Ti è piaciuto questo articolo? 

Sappi che hai appena visto il risultato di tanto impegno, profuso nel portarti contenuti verificati e approfonditi come meriti!  

Se anche tu sei stufo di un'informazione che premia chi prende in giro il lettore, vieni tra Gli Amici di CineFacts.it!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



1 commento

Terry Miller

10 mesi fa

A sto giro non me li lascio scappare

Rispondi

Segnala


close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni