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Geometrie dello sguardo: la Masterclass di Bong Joon-ho al FKFF 2023

Un resoconto della Masterclass con ospite Bong Joon-ho al Florence Korea Film Fest 2023

Bong Joon-ho è stato ospite di un’interessante Masterclass al Florence Korea Film Fest 2023: 12 anni fa il FKFF fu in qualche modo lungimirante, ospitando il regista e dedicandogli una retrospettiva incentrata sulle sue allora quattro opere: Barking Dogs Never Bite, Memorie di un assassino, The Host e Madre.

 

All’epoca Bong Joon-ho non aveva ancora vinto alcun Oscar, ma il festival riuscì in qualche modo a fare da apripista per il suo Cinema in Europa, comprendendo immediatamente il potenziale di quel talento destinato a esplodere anche da noi. 

 

 

[Bong Joon-ho al Florence Korea Film Fest 2023]

 

 

Il Cinema di Bong Joon-ho si è oggi finalmente rivelato nella sua interezza, diventando uno dei simboli della cosiddetta new wave sudcoreana insieme, tra gli altri, a Park Chan-wook e Hong Sang-soo, favorendo in Occidente una certa apertura verso il Cinema asiatico più in generale. 

 

Di questo non possiamo che essere riconoscenti, soprattutto se consideriamo che nella maggior parti dei casi quel Cinema riesce, certamente più del nostro, a rappresentare in modo eccellente le questioni politiche e sociali, sperimentando con la satira e con il genere; perché il Cinema italiano non riesca più a raccontare quei temi come accadeva negli anni ‘70 è un quesito irrisolto emerso anche all'interno di questa Masterclass. 

 

Bong Joon-ho ha desiderato immediatamente esprimere profonda ammirazione per Alice Rohrwacher e il suo lavoro in Lazzaro Felice e per i meravigliosi film politici di Elio Petri e Marco Bellocchio, lanciandosi in un simpatico aneddoto:   

“Una volta a Lione ho avuto l’onore di mangiare insieme a Bellocchio... ero nervosissimo. 

 

Volevo dire qualcosa, ma lui era molto silenzioso, quindi mangiavo la mia minestra e mi limitavo a guardarlo negli occhi; è stato un momento davvero emozionante per me”.
  

 

[Bong Joon-ho ai Premi Oscar 2020 dove è stato premiato come Miglior Regista: Parasite si portò a casa anche l’ambita statuetta per il Miglior Film oltre a quelle per il Miglior Film Internazionale e per la Migliore Sceneggiatura Originale]

 

 

L’incontro con Bong Joon-ho si è svolto al Cinema La Compagnia a Firenze ed è stato moderato dalla curatrice della sezione Caterina Liverani, dal critico cinematografico e giornalista del Corriere Fiorentino Marco Luceri e dal Prof. Luigi Nepi, docente dell’Università degli Studi di Firenze: la Masterclass ha offerto un percorso nella carriera del regista affrontando gli snodi principali della sua idea di Cinema. 

 

In particolare l’evento ha dato modo di sviscerare ampiamente il tema comune proprio alle opere di Bong Joon-ho che, in un modo o nell’altro, riescono tutte a fornire un ritratto delle fratture che attraversano la società coreana: i singoli, le classi sociali (Barking Dogs Never Bite, Memorie di un assassino, Madre, Parasite) e l’imminente disastro ambientale (Okja, Snowpiercer).

 

Il successo e l’avvicinamento del suo Cinema in Occidente è spiegato anche dal fatto che queste opere, così radicate nella loro identità nazionale, sono poi in grado di raccontare le sorti del mondo intero, senza per forza dichiararsi apertamente politiche o di carattere propagandistico.

 

Il regista ha infatti spiegato, rispondendo a una domanda dal pubblico: 

“Non mi ritengo una persona che deve per forza fare film politici e di propaganda; io tendo a focalizzarmi sulla situazione dei singoli. 

Solo dopo aver guardato al microscopio emerge il contesto e quindi il tema delle differenze di classe. 

 

Parasite infatti è un film che non ho iniziato pensando: ‘Ok, questo sarà un film sociale e politico’; andando avanti è emerso questo in modo molto naturale. [...] Se si decide di trattare il tema delle disuguaglianze sociali, si rischia di realizzare un film che può recare disagio. 

Tuttavia, più reca disagio più sembra necessario fare un attacco frontale: il mio approccio al tema è stato perciò totalmente frontale”

 

Dagli esordi con Barking Dogs Never Bite, che utilizza l’ossessione di un uomo come metafora sociale, fino alle produzioni più recenti, nel Cinema di Bong Joon-ho il punto cruciale dei risvolti comico-drammatici è il fallimento. 

Le sue sono spesso storie di umili antieroi, goffi individui che non hanno niente da perdere e che cercano disperatamente di raggiungere un obiettivo, ma sono storie anche di ricchi vanitosi, ridicoli nel loro tentativo di ergersi a padroni del mondo e, al tempo stesso, schiavi della propria libertà di giudicare. 

 

“Potremmo parlare di forti contro deboli: i forti si atteggiano a forti e sono ridicoli, i deboli non hanno niente da perdere e, nel tentativo di raggiungere un obiettivo, sono comici nella loro triste disperazione”. 

 

In questo senso colonne portanti dei suoi racconti sono i volti chiamati a interpretare questi adorabili e scoordinati personaggi: è fondamentale la collaborazione con Song Kang-ho, ormai attore feticcio del regista apparso in Memorie di un assassino, The Host, Snowpiercer e Parasite.  

 

Durante la Masterclass Bong Joon-ho ha spiegato come l’attore sia stato per lui fonte di ispirazione e coraggio, in particolar modo in Parasite:

“Per Parasite abbiamo scritto la sceneggiatura dopo aver fatto i casting, quindi nella scrittura abbiamo inserito elementi legati agli attori che avrebbero interpretato i personaggi. 

Nella scena del climax di Parasite c’è un’azione precisa che fa Song e che può suscitare nel pubblico problematiche o discussioni, quell’azione poteva farla solo Song… Ho pensato: ‘Se è lui a farla allora il pubblico si convincerà’.  

 

Per questo motivo credo che avere avuto lui come supporto durante la realizzazione del film sia stato molto importante”.  

 

 

[Song Kang-ho in Parasite, il film più noto e premiato di Bong Joon-ho]

 

 

Oltre a Parasite con Song, con il quale il regista ha ammesso di non parlare molto sul set limitandosi allo scambio di certi versi di approvazione o disapprovazione, pensiamo anche a un film come Madre che ridicolizza le forze dell’ordine mettendo al centro delle vicende le indagini di una madre disperata. 

 

Qui Kim Hye-ja calza un ruolo scomodo in modo magistrale e concentra nei movimenti del suo corpo minuto tutta l’energia vibrante e sincopata del film. 

E ancora Memorie di un assassino, opera caratterizzata da una struttura narrativa complessa e stratificata nella quale il fallimento è sempre dietro l’angolo. 

 

In questo caso Park Hae-il, proveniente da un Cinema diverso e spesso nei panni dell’eroe romantico, viene trasformato da Bong Joon-ho in un sospettato straordinario che inganna lo spettatore e lo trascina sempre più a fondo nell’abisso del mistero.

 

"Park Hae-il è stupendo, sembra un cerbiatto. 

Ha quell’aria da ‘psicopatico che sa di sapone’! Credo che questa dualità sia una benedizione per un attore [...] 

Mentre giravamo Memorie di un assassino Park Hae-il mi chiamò all’una di notte ubriaco fradicio.

No, ok, forse non fradicio, ma comunque ubriaco. 

Mi chiese: ‘Ma quindi… sono io il colpevole o no? Va bene che il pubblico non deve saperlo, ma non credi che potrebbe essere utile per me conoscere la verità?’ 

 

Mi convinse in un certo senso e allora gli dissi di recitare pensando di essere innocente… anche se, in questo modo, non avrebbe fatto altro che instillare ancora di più il dubbio nello spettatore.  

Preso da un conflitto interiore mise immediatamente giù il telefono!”. 

 

 

[Kim Hye-ja in Madre, film di Bong Joon-ho del 2009]

 

 

Bong Joon-ho parla del suo Cinema con profonda umiltà e tende a far apparire le sue intuizioni come banali rappresentazioni della fervida immaginazione di un uomo che sogna molto.

 

Un uomo che sogna di recarsi “a una piccola montagna dietro casa, scavare e trovare una cassa di legno con dentro 7 sceneggiature già pronte” pur di non vivere la frustrazione da sceneggiatore; un uomo che sceglie di far guardare in macchina il detective di Memorie di un assassino, con la speranza (e il timore) che il vero assassino possa vedere il film in sala e creare un contatto visivo con il personaggio di finzione. 

 

“Chi è che scrive sceneggiature qui? Eh, è un lavoro molto difficile... tutte queste vite disperate, sfortunate... sì: riesco a sentire la vostra fatica. 

Ci sono delle volte in cui si è già stremati prima di iniziare a scrivere, magari qualcun altro scrivesse al posto nostro!”  

 

Bong Joon-ho non solo non sembra riconoscere a se stesso lo status di Maestro, ma racconta i suoi processi mentali con ironia, abbattendo una serie di cliché legati all’immaginario di regista-divo.

“Non ho nessuna filosofia: mi limito a lavorare ogni giorno della mia vita”. 

 

Dietro a questa apparente semplicità si nasconde un lavoro di produzione incredibile che parte dalla sceneggiatura, passa per gli storyboard e arriva infine alla realizzazione. 

“Quando inizio a preparare un film a volte l’ispirazione arriva tramite parole, altre volte tramite immagini. 

Per esempio con Okja sono partito proprio dall’immagine di questo maialino rosa enorme e introverso. 

 

Per Parasite invece ho pensato alla parola ‘infiltrazione’, ma prima ancora volevo chiamare il film Decalcomania, in riferimento a quel disegno che si fa durante l’infanzia stendendo la tempera su un foglio, chiudendolo, aprendolo e ottenendo due pitture speculari”. 

 

Dall’idea, Bong Joon-ho passa alla realizzazione degli storyboard, processo creativo fondamentale e curato nei minimi dettagli, nei confronti del quale egli cerca sempre di attenersi lasciando esclusivamente libertà agli attori. 

“Da piccolo disegnavo cartoni, mi piaceva molto. 

Quindi gli storyboard li disegno io personalmente e mi illudo di essere un disegnatore di cartoni animati [...]

 

Lo faccio perché mi sento insicuro: se non realizzo e finisco lo storyboard non mi sento a mio agio prima delle riprese". 

 

Questo soprattutto all’interno delle produzioni coreane che prevedono sul set un montatore che si occupa di editare le inquadrature di ciascuna scena sul momento; la scena viene inoltre già accompagnata da un brano temporaneo che serve a testare quale tipo di musica inserire successivamente nel film. 

“'In ginocchio da te' di Gianni Morandi, per esempio, andava così bene che l’abbiamo lasciata… un brano così romantico in una scena così violenta!  

 

Mi piace raffigurare i contrasti, gli elementi che stonano”. 

 

 

[Gli storyboard ufficiali di Parasite presenti nel libro Parasite: A Graphic Novel in Storyboards uscito nel 2020]

 

 

Ecco come il Cinema di Bong Joon-ho riesce ogni volta a proporre un lavoro sullo spazio così raffinato. 

 

Tutti i film del regista, oltre a sfruttare location particolari spesso ai margini della società (come in Madre, a causa del quale la troupe di Bong Joon-ho si è trovata costretta a scannerizzare l’intera penisola per trovare il luogo perfetto), raccontano attraverso il panorama, l’architettura e gli spazi che circondano i personaggi. 

 

Snowpiercer e Parasite, seppur estremamente differenti da un punto di vista formale, hanno in comune la gestione dello spazio: in particolare lo sviluppo del tema delle disuguaglianze sociali sull’asse dell’orizzontalità e della verticalità. 

 

Bong Joon-ho ha infatti commentato: 

“Mi ritengo un regista che si diverte a pensare a come organizzare e gestire gli spazi cinematograficamente. 

Preparando Parasite, sin dalla scrittura della sceneggiatura, ho discusso molto con il mio staff cercando di capire come rendere al meglio l’idea della verticalità. 

 

Era infatti impossibile pensare di non inserire le scale; ci sono davvero tante scale nel film e infatti con lo staff chiamavamo Parasite ‘il film delle scale’! [...]

Anche se Parasite non è il primo film che cerca di rappresentare questa verticalità attraverso le scale per raffigurare le classi sociali, credo che sia riuscito ad espandere in maniera drastica questa dimensione”.  

 

E ha continuato parlando di Parasite: 

“Il 90% delle scene avviene all’interno di una casa. 

Ci siamo impegnati molto a rendere le case vive [...] La casa della famiglia ricca, il seminterrato, i dintorni, il quartiere è tutto un set e parte di una piscina. 

 

Il mio staff ha davvero faticato tanto, ma è grazie a questo che è stato possibile realizzare la scena dove entra l’acqua sporca nel seminterrato”. 

 

 

[Il design dello spazio in una scena di Parasite]

 

 

Il racconto dei singoli, le falle governative, la bramosia dell’essere umano, la disperazione tragicomica del miserabile, lo spazio come metafora sociale: questi i pezzi di quel meraviglioso puzzle che è il Cinema di Bong Joon-ho

 

Caratteristiche di uno stile ormai inconfondibile che il regista si augura di essere riuscito a riproporre in Mickey 17, il suo prossimo film in uscita negli Stati Uniti a marzo 2024.  

“Mickey 17 è un film sicuramente di scala maggiore, uno sci-fi, ma quando lo guarderete credo che vedrete immediatamente il mio stile, i miei personaggi buffi. 

 

Non ci sono supereroi: solo persone goffe e un po’ stupide!” 

 

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